Messico. I primi giorni del Terzo Seminario Internazionale "...pianeta terra: movimenti antisistema.."

2 / 1 / 2013

Tantissimi giovani presenti al Seminario “...planeta tierra: movimienti antisistema..” al CIDECI in Chiapas. In questi due giorni di iniziativa si sono susseguiti sul palco alcuni intellettuali critici oltre che ad esperienze varie dal mondo indigeno ed agricolo dell'America Latina, a movimenti urbani come quello per la Giustizia nel Barrio che organizza i migranti nel quartiere di Harlem a New York.

L'attenzione di tutti è rivolta anche all'EZLN che durante il seminario ha fatto conoscere l'ulitmo suo comunicato. L'esperienza zapatista resta uno dei punti di riferimento per coloro che si trovano a incontrarsi in questi giorni ed in generale per tutte le lotte antisistema, che è un modo per nominare le lotte che costruiscono alternative dal basso, senza pensare che un futuro dignitoso possa uscire da un governo di turno o da un partito.

Al centro della discussione la crisi, o meglio le tante crisi, che attraversano il mondo e il capitalismo in questi anni, e la necessità di trovare delle uscite dignitose a partire dal basso, e dai movimenti di uomini e di donne che in tutto il mondo, e con forme diverse, lottano e cominciano a prefigurare delle alternative a partire dalle loro pratiche reali e conflittuali. Tante crisi, come abbiamo discusso in quesi anni in Italia, a cui la prospettiva dei popoli indigeni e dell'America Latina ci indica che siamo di fronte ad una crisi di civiltà, intendendo essa come crisi del modello di vita, di pensiero e di sviluppo occidentale.

Si è rivolto lo sguardo al passato, con la partecipazione di Francois Douglas, artista e membro delle Pantere Nere che ha raccontato del loro movimento tracciando ponti di collegamento con l'esperienza zapatista; dalle prime forme organizzative armate, come necessità delle comunità nere per l'autodifesa dagli attacchi della polizia, alla realizzazione di scuole autonome con programmi scelti dalle stesse comunità.

Mercedes Olivera, intellettuale messicana, ha parlato delle lotte per la difesa del territorio che in questi anni sono fiorite ovunque, perchè è il territorio, con le sue risorse, il nuovo terreno su cui si gioca un'importante disputa tra gli interessi del capitale e la difesa della vita da parte delle comunità locali. C'è chi lotta contro le miniere, chi contro grandi progetti di infrastrutture o dighe, chi invece contro l'espropriazione delle terre per monocoltivazioni o agrocombustibili. Di fronte a questo processo che tanti autori chiamano “territorializzazione delle lotte”, Mercedes Olivera ci mostra un altro aspetto, cioè che la risposte che si stanno dando possiamo definirle come un “regionalizzazione delle lotte”, cioè che decine di questi movimenti in America Latina stanno costruendo reti tematiche che vanno aldilà del contesto nazionale per incontrarsi e costruire strategie di lotta con chi si sta battendo contro gli stessi tipi di progetti.

Infatti, tanti dei moviemnti presenti hanno raccontato la loro battaglia contro l'espropriazione dalle terre, come la comunità indigena Qom in Argentina, o l'esperienza del MOCASE composta da 9000 famiglie contadine dello stesso paese che da fine anni '90 difendono le loro terre affrontando la repressione che ha causato morti e tanti di loro con ordini di cattura.

Jerome Bachet, intellettuale francese, parlava della necessità di creare “spazi liberati”. Con questo termine si riferisce a quello che qua in Messico un autore come Holloway ha chiamato “grietas” (fratture, o strappi) nei suoi ultimi libri; luoghi, non necessariamente fisici, che praticano conflitto all'interno del sistema capitalista e dentro cui si sperimentano nuove forme di relazioni sociali tra persone e nuove forme di vita; processi ed esperienze che non vanno pensate né come nicchie isolate dal sistema né come pure ed incontaminate da esso, ma pratiche reali che mettono in discussione lo stato di cose per immaginare e costruire alternative dignitose. Nel suo intervento descriveva questi “spazi liberati” pensando alle comunità zapatiste o le tante comunità contadine e indigene che difendono la terre e costruiscono forme di produzione e di socialità nuove e libere dal sistema. Se guardiamo al nostro paese, con quetso termine ci vengono già in mente i nostri spazi sociali, ma pensiamo pure alle varie esperienze di “spazi liberati” nella nostra comunicazione indipendente, nello sport e nella cultura, o nelle pratiche di consumo alternativo, solo per citare alcuni esempi.

Il Seminario continua per altri due giorni. Oggi è il turno di alcuni interessanti voci come quella di Gustavo Esteva, e soprattutto di rappresentanti del Congresso Nazionale Indigeno, uno spazio di incontro tra tante comnità indigene messicane che si ispirano all'esperienza zapatista.