Messico - Le lotte contro il gasdotto a Juanacatlán e lo spirito del “20 de noviembre”

3 / 12 / 2019

Per l'intera città di Juanacatlán ogni anno, dal 1910, il 20 di novembre viene commemorato l’inizio di uno straordinario periodo che vide i cuori e le coscienze delle comunità messicane unite per l’autonomia e la lotta della propria terra. È il giorno della rivoluzione messicana.

Se vogliamo cercare il significato di questo periodo, nel senso dell’andatura e dei gesti di una comunità proprio come stessimo parlando di una rinascita, bisogna necessariamente partire dalla liberazione delle catene dei caciques, dalle compagne e i compagni impegnati nelle lotte a difesa della terra, dell'acqua, della milpa, della propria cultura e, successivamente, dal movimento di rivolta che sul finire del millennio si è nuovamente imposto all’attenzione del mondo, riprendendo vita dal lontano e dimenticato Chiapas. A volte ci sembra che quei giorni siano rimasti nel passato, quando gli stranieri saccheggiavano la ricchezza della terra e distruggevano le comunità, imponendo un modo di vivere estraneo alle culture locali.

Considerando che la guerra narco-paramilitare capitalista contro i popoli e le comunità del Congresso Nazionale Indigeno, attivamente sostenuta dai governi corrotti e da organizzazioni criminali, si sta espandendo in molte aree geografiche del paese messicano, diffondendo un clima di terrore imposto dallo sterminio di vite umane e dalla realizzazione di violenti progetti neoliberali. Ricordiamo inoltre il proseguimento dell’impunità del vile assassinio del compagno Samir Flores Soberanes della comunità indigena Nahua di Amilcingo, Morelos, così l’impunità dei vari tentativi da parte degli azionisti di costruire la criminale centrale termoelettrica di Huexca, Morelos.

In questo clima di confusione e terrore, i partiti politici rimangono attratti dalla problematica ambientale, offrendo false alternative alle istituzioni con lo scopo di proiettare i loro programmi politici. Per tale motivo e molti altri ancora, in Messico, le scuole accademiche, luoghi di ricerca e crescita comunitaria, continuano a presentare problemi di politicizzazione.

Si è già perso troppo tempo illudendosi di possedere veri e adeguati strumenti di partecipazione per opporsi agli assassini che stanno al potere. Il governo federale ha dettato una politica energetica che obbedisce ai progetti degli Stati Uniti per produrre energia in più, di cui in realtà non c’è bisogno, attraverso la complicità di società svizzere, francesi, spagnole e americane.

L’esistenza umana che ha superato i limiti, un fallimento della relazione di altezza e larghezza in senso antropologico, dove l’attuazione e la presentazione di progetti energetici ad alto rischio, con alti costi ambientali e sociali, diventano il problema. Gli altri partner (francesi, spagnoli, italiani, americani, etc..), ovviamente, si allontanano dall’idea di presentare tali progetti nei propri paesi perché illegali e infattibili. L’obiettivo non è quindi quello di fornire una nuova soluzione al problema ambientale e sociale, ma quello di offrire progetti che spingano a nuove forme di repressione ambientale, alla limitazione della specificità territoriale, alla frammentazione sociale e, più precisamente, alla non indipendenza. Non c'è sovranità, non c'è autonomia, si rimane bloccati tra la sfera del dominio locale e il gioco dei poteri transnazionali. È necessario trascendere i discorsi meramente emotivi, sentimentali, idealistici e persino mistici che sciamano nelle lotte dell'ambientalismo borghese e comprendere consapevolmente e obiettivamente, attraverso lo studio della realtà concreta, cosa le trasforma concretamente.

Oggi, in America Latina, donne, uomini, bambini e bambine anziani ci ricordano con le loro vite che un altro mondo possibile esiste, quando lottiamo assieme e lo costruiamo.

La gente si spinge coraggiosamente verso la difesa non solo della terra, ma anche dell'acqua, dell'aria e della libertà di vivere. Risulta necessario difendere il ricordo di tutti i nostri cari che l'industrializzazione e il progresso ci ha portato via. È importante difendere la vita della foresta, della valle, del mare, del fiume. Si combatte al riparo nella storia di un popolo indigeno e radicato che ha resistito alla conquista, che ha combattuto per le proprie terre contro i proprietari terrieri e che quotidianamente continua a resistere con la semina dei campi di grano, preservando l’economia locale.

Il 20 novembre è stata organizzata una marcia a difesa della vita, contro un progetto di morte che cerca di industrializzare Juanacatlán. Tale progetto consiste nell'installazione di un gasdotto appartenente alla società nazionale Fermaca e la creazione di una centrale termoelettrica gestita dalla società spagnola Fisterra. La proposta d’intervento consiste nel riunire le attenzioni per difendere l'acqua e il proprio territorio. Perché il popolo ha il diritto di decidere e di essere ascoltato.

Già da molto tempo sono stati abituati ad un ambiente invaso da malattie e morte. Non è possibile rimanere a guardare dall'altra parte mentre i nostri compagni e le nostre compagne muoiono a causa di malattie incurabili. Adesso è in gioco la responsabilità di prendersi cura del territorio, di recuperare ciò che è stato preso e riconsegnarlo alle vittime di tale violenza.

“Abbiamo visto con i nostri occhi la magnificenza del fiume Lerma di Santiago, abbiamo fatto il bagno nelle sue acque e abbiamo mangiato i suoi pesci, abbiamo visto come in un film muto lo scoppio del nostro fiume senza essere in grado di urlare, senza essere in grado di fare nulla, accecati dalle promesse di progresso, dagli stipendi della fabbrica che oggi ci rendiamo conto non sono mai stati minimamente vicini a compensare le perdite. Oggi siamo la prima generazione a seppellire i loro figli e non vogliamo che i bambini che ci rimangono seppelliscano i nostri nipoti” dichiarano gli attivisti del luogo nei vari comunicati.

Un luogo che ha sofferto dell'avvelenamento dei fiume da parte delle fabbriche, che non consentiranno di produrre cibo sano per la comunità. Un paese che si avvelena ogni giorno di più a causa degli imprenditori di morti che non lasciano altra scelta di avvelenarsi ancora di più, con l’utilizzo di sostanze chimiche che renderanno produttiva una terra già violentata e danneggiata. . Viene chiesto di non concedere la licenza di costruzione e il cambio d’uso del suolo per la centrale termoelettrica. Oggi più che mai, è fondamentale generare un dialogo aperto e rispettoso con tutti gli abitanti di Junacatlan, garantire la salvaguardia del territorio attraverso una pianificazione territoriale e una pianificazione urbana veramente partecipativa, con un’offerta trasparente, coinvolgendo specialisti e, soprattutto, la popolazione.

Il messaggio è rivolto alle aziende di Fisterra e Fermaca: «questa non è la vostra terra, questa non è la vostra acqua, questa non è la vostra vita!».