New York City lights

La vittoria del candidato democratico radicale e indipendente Bill de Blasio segna un passaggio nuovo sulle potenzialità delle istanze di lotta nelle metropoli

6 / 11 / 2013


La NewYork del 99% ha vinto scegliendo con un plebiscito il suo rappresentate più emblematico, l’ex difensore civico Bill de Blasio; il prodotto del melting pot, della stratificazione culturale, della contraddizione viva, ma anche dei conflitti nella metropoli, della protesta contro quell’1% che detiene potere e ricchezza.

NewYork, la grande mela, l’archetipo dell’agglomerato urbano moderno dove tutto è confuso, stratificato ma anche violentemente netto e separato ha scelto un radicale, fiero di esserlo e con un idea radicale di trasformazione della sociètà: e a questa potenza tutti gli interessi della politica e dell'economia, per ora, si sono solo potuti adeguare.

E’ proprio il NYTimes in queste ore a scandire i termini e la portata del fenomeno Bill de Blasio: “è il plebiscito di una generazione, di una città che ha si è rivoltata contro venticinque anni, una altra generazione, di governo del giustizialismo, del mito dell’ordine e la sicurezza, della Shock Economy, di Wall Street, della finanziarizzazione dei diritti e dei servizi e contro coloro che hanno prodotto la crisi imponendo un modello di sviluppo al mondo anche trasformando il centro città nel loro scintillante giardino di casa”.

Ma nonostante New York fosse “una città ferita e dileggiata da attentati e uragani, depredata e abbandonata da chi la doveva amministrare e che ha delegato il controllo urbano ad una polizia che ogni giorno che passa sembra essere più simile ad una forza di occupazione militare”, e anzi forse proprio per questo, NewYork ha prodotto forme di lotta e resistenza diffuse, forse non sempre congruenti, ma tali da divenire il programma di questo nuovo sindaco. Bill de Blasio è anche e sopratutto il portato preciso di queste esperienze, un corpo vivo, attivo, la risultante di un straordinario accumulo.

Non solo, ma anche, #OccupyWallStreet, con la sua idea di contrapposizione dei molti contro l’oligarchia finanziaria, manifestata con una presenza di fronte alla “Borsa” come riappropriazione anche fisica degli spazi urbani del centro. In centinaia, a volte in migliaia e pronti, loro con altri, a tornare verso le periferie per creare forme comunitarie, auto organizzate e di sostegno laddove

amministrazione e stato federale arretravano. Insieme e con gli alluvionati dell’uragano Sandy, come con i senza tetto cacciati da alloggi pubblici fatiscenti e rasi al suolo, gli espulsi da luoghi del lavoro a causa della crisi.

E ancora, le lotte dei dipendenti pubblici comunali che difendevano il proprio posto di lavoro dai tagli previsti dall’amministrazione difendendo nel contempo le scuole, gli ambulatori pubblici, i centri servizi per la comunità e le mense, anche grazie a quelle reti solidali e attive che nei cinque borough hanno ritessuto la nuova geografia sociale e politica della metropoli NewYork.

Ma soprattutto le battaglie e le lotte di studenti, lavoratori precari e cittadini per il lavoro, i diritti, le libertà, il reddito che sono diventate il fulcro e la novità della campagna elettorale:

- la lotta contro il fermo e la perquisizione arbitraria delle forze di polizia verso qualsiasi cittadino. In realtà uno strumento di repressione che ha portato migliaia di giovani a finire vittima del sistema giudiziario per reati di resistenza, oltraggio e/o possesso minimo di sostanze stupefacenti. Una vera e propria emergenza sociale che oltre a causare forti momenti di tensione e rivolte, soprattutto razziali, ha compromesso il futuro di una generazione nel pieno utilizzo dei propri diritti e delle libertà individuali.

- la necessità di innalzare il salario minimo orario per i lavoratori, in particolari precari, strettamente collegato ad una maggiore accessibilità ai trasporti pubblici e ad un diritto alla mobilità garantito. Negli ultimi cinque anni la città è stata teatro di impressionati mobilitazioni del sindacalismo di base per la difesa e l'estensione dei diritti dei lavoratori e dei loro livelli salariali nei confronti di catene legate a multinazionali del settore del commercio, della ristorazione e dei servizi. Scioperi e azioni che hanno imposto serrate a catene come Walmart, McDonald, BurgerKing, Dhl, Tnt con livelli di conflittualità e partecipazione sempre più elevati.

- la volontà di far pagare più tasse ai residenti che guadagnano più di 500 mila dollari l'anno per finanziare le nuove politiche sul diritto all’abitare (un’emergenza sociale legata alla crisi dei mutui e ad una politica abitativa pubblica disastrosa), l’istruzione pubblica, e tutte quelle spese che non costringano ad operare ulteriori tagli ai servizi pubblici e ai bilanci dell’amministrazione comunale.

- costringere il sistema scolastico e universitario privato ad aumentare le possibilità di accesso al suo sistema formativo, attraverso le borse di studio; ma anche liberare gli studenti con un piano di annullamento dei prestiti contratti e non saldati da studenti, che dovranno però accettare di lavorare al servizio della città per cinque anni, dando dunque il loro contributo in termini di idee e lavori socialmente utili.

Un programma radicale che ha trovato voce e rappresentazione anche nella figura che dal 2010 ha incarnato, in qualità di difensore civico cittadino, un ruolo molto simile a quello del tribuno della plebe ai tempi della repubblica romana; l’unico tramite fra le istanze dei cittadini e l’amministrazione della città. Una palestra di conflitti che de Blasio ha sempre rivendicato come la causa e la necessità del suo candidarsi. Una candidatura spesa tra quelle reti sociali e di movimento anche contro lo stesso partito democratico che non lo amava prima delle primarie, e che predicava moderazione dopo la sua affermazione per conquistare il consenso più largo possibile.

Insultato, chiamato da idealista a comunista o peggio, ha avuto sempre la capacità di ritornare ai bisogni di quelle persone e a quegli interessi comuni che aveva sempre difeso, e di cui si è sempre sentito parte e portavoce.

Non un giovane idealista, lasciando l'agiografia ufficiale delle origini italo-tedesche e del matrimonio multietnico con una attivista nera dichiaratasi lesbica, ma un attivista che sa essere di parte. Talmente di parte che non ha mai nascosto, cosa per cui è stato attaccato dalla molti, che mentre futuri presidenti, da studenti, trasgredivano all’ordine costituito fumando erba, la sua scelta è stata, nel tempo dell' America reaganiana, il Nicaragua, per sostenere le basi d’appoggio Sandiniste, e poi, nonostante l’embargo, Cuba.

Ma a parte questo, la realtà è che il countdown dell’ultimo dell’anno a Time Square batterà sicuramente la fine di un’era; poi l'alba del primo giorno dell'anno vedrà accendersi nuove luci sopra NewYork, la metropoli che nell'anno della fine del mondo, della storia che non finisce, nel tempo mutevole della crisi ha scelto di camminare il suo lato selvaggio con l'idea che nessuno rimanga indietro, per le sue strade come in tutto il mondo, ma comunque sempre in movimento.