Non un passo indietro

La "tolleranza zero" di Netanyahu, la legittimazione istituzionale dei coloni, il servilismo italiano e la cecità dei media.

8 / 10 / 2015

Da quando Bibi Nethanyau è stato rieletto, la sua politica ha assunto connotazioni che stanno ancora più a destra rispetto alla linea precedente: si pensi soltanto alla scelta della ultranazionalista Ayelet Shaked come ministro della giustizia, la stessa che l'anno scorso, durante uno degli attacchi più feroci degli ultimi anni a Gaza, si era dichiarata favorevole al genocidio palestinese, la stessa che parla del movimento BSD come una realtà antisemita e che ha fatto approvare un disegno di legge secondo cui anche  sventolare la bandiera palestinese rappresenterebbe un atto terroristico.

Ecco quindi che non ci ha stupito la nomina della colona Fiamma Nirenstein, ex Pdl ed ex inviata de Il Giornale, come ambasciatrice israeliana in Italia, o quella di Dani Dayah, ex presidente del  Yesha Council  (movimento dei coloni ebrei in Cisgiordania) in Brasile. 

Da sottolineare, tra l'altro che la Nirenstein, con un figlio nei servizi segreti italiani, ha ricoperto ruoli istituzionali in Italia, soprattutto  in politica estera, motivo per cui ora riuscirà perfettamente a fare gli interessi economici e politici del governo israeliano.

Non ci stupisce neanche che il Brasile di Dilma Rousseff abbia rifiutato la nomina di Dayah proprio perchè colono, a differenza di un Renzi che ha accettato senza alcun problema la scelta dell'amico a capo della Knesset.  D'altra parte, e va ricordato, mentre l'attivista italiano Vittorio Fera veniva arrestato dall'esercito israeliano perchè  rischiava, con la sua telecamera, di screditare la brillante democrazia israeliana, Renzi e Nethanyau parlavano a Firenze di  "cooperazione fra Italia e Israele che non è soltanto a livello di governo e diplomatico ma anche di amicizia tra i due paesi". 

La nomina di questi coloni che risiedono in insediamenti illegali mira a un chiaro obiettivo: legittimare agli occhi del mondo la politica di colonizzazione israeliana, arma vincente, e forse la più pericolosa, dello stato ebraico, nonostante le continue e inutili sollecitazioni da parte dell'Onu.

Veniamo quindi ai fatti di questi giorni.

Benjamin Netanyahu, la cui parola d'ordine è "tolleranza zero" verso chi lancia sassi ai soldati, ha blindato la Città Vecchia e si è appellato alla coesione nazionale per superare questo momento. Evidentemente il suo appello è stato ascoltato da molti, tanto che solo nella giornata di mercoledì, come riporta Il Manifesto, sono stati feriti 129 palestinesi durante gli scontri con l'esercito e la polizia israeliana. E mentre tutti parlano delle quattro vittime israeliane della settimana scorsa e dei soldati feriti, la repressione a Gerusalemme Est e nei Territori Occupati continua a mietere sempre più vittime palestinesi. 

Huthayfa Suleiman aveva solo diciotto anni ed è stato ammazzato a Tulkarem, Abd El Rahman Obeidallah ne aveva dodici ed è stato ucciso "per errore" durante alcuni scontri ad Aida Camp. Effettivamente un soldato che spara dritto dritto al petto di un bambino lo fa perchè è poco attento (sembra che le super potenze mondiali  stiano giocando la carta del "per errore" un po' troppo facilmente, considerato il bombardamento Nato sull'ospedale di Kunduz di qualche giorno fa..)!  

I media occidentali continuano a parlare di terrorismo palestinese e di vittime israeliane, e nel frattempo Hana Muhammad, giornalista di Al Mayadeen Tv, viene pesantemente ferita mentre è in diretta, ma poco importa: i morti e i feriti palestinesi hanno sempre un peso diverso.

Ed è proprio questo silenzio e questa ipocrisia a fare ancora più male: da una parte legittima la durissima linea israeliana, rafforzando così le malate e feroci convizioni di Netanyahu,  dall'altra fa scattare ancora di più la rabbia giustificata dei palestinesi, i quali rispondono con quella che per molti potrebbe essere una Terza Intifada. 

Intifada o meno, la verità è che non si riesce più a sopportare questo costante stato d'assedio e le conseguenze di una colonizzazione volta ad annullare completamente  l'identità palestinese, calpestando il loro diritto di esistere.

 Va ricordato, per esempio, che ad El Khalil (meglio conosciuta con il nome ebraico di "Hebron", proprio perchè in Palestina la pulizia etnica passa anche per la toponomastica) c'è una strada totalmente interdetta agli arabi che, quotidianamente, subiscono duri attacchi da parte dei coloni. 

Mentre l'Onu finge di chiedere chiarezza, i soldati israeliani "mascherati" si infiltrano tra i manifestanti palestinesi, ed eseguono gli ordini di Netanyahu che intanto cerca in tutti i modi di annettere la zona C. Ed è proprio in questa ottica che qualsiasi reazione palestinese verrà strumentalizzata per giungere a questo obiettivo.

E se un Abu Mazen totalmente inascoltato e isolato chiede la fine delle proteste, il popolo palestinese non fa un passo indietro.

E si continua a resistere.