Sabato gli attivisti #occupygezi sono tornati in piazza, cariche violente della polizia, scontri nel cuore della città per tutta la notte

#occupygezi back to the streets

Utente: fuipp
14 / 7 / 2013

La violenza con cui Erdogan, primo ministro turco, attacca il popolo di Gezi Park non ferma gli attivisti. Anche ieri (sabato 14/7) una manifestazione di migliaia di persone è partita da piazza Tunel, nel cuore di Istanbul moderna, per cercare di raggiungere, percorrendo via Isktal, Piazza Tacsim e quindi Gezi Park. La polizia ha immediatamente attaccato e per ore il corteo con una pioggia di gas lacrimogeni, caroselli di autoblindo, cariche, idranti. I manifestanti si sono dispersi lungo le vie laterali e ricomposti in gruppi più piccoli. Barricate sono state alzate per impedire ai blindati della polizia una mattanza. Gli scontri sono durati tutta la notte. Ci sono stati feriti e fermi.

Erdogan ha reagito con una violenza estrema al movimento di Gezi Park (lotta iniziata con l'occupazione a fine maggio del parco nel cuore della città per opporsi al taglio dei suoi alberi secolari per farne un centro commerciale e diventata poi immediatamente connettrice di richieste più generali di democrazia e libertà). Dall'inizio della protesta centinaia sono stati gli arresti, molti ancora nelle prigioni turche, come segnala il sito http://www.bianet.org/english , altrettante centinaia i feriti nel corso delle manifestazioni, diversi i morti, illegale l'uso dei lacrimogeni in dotazione alla polizia. Come documentato anche da immagini http://mobile.corriere.it/m/unamammaimperfetta/corrieretv/dettaglio/0/87167c2e-eafc-11e2-aab6-99ce3905fffc durante le manifestazioni poliziotti in borghese attaccano manifestanti isolati e dispersi dalle cariche. Il governo esercita poi pressioni fortissime contro quelle categorie che si oppongono alla repressione: arrestati, dopo lo sgombero di Gezi park gli avvocati difensori dei manifestanti come gli infermieri che soccorrevano i feriti nelle cliniche autogestite. E' poi notizia di alcuni giorni fa che Erdogan, per sanzionare l'ordine di architetti ed ingegneri che si era espresso contro la costruzione del dentro commerciale al posto del parco, ha in poche ore fatto approvare una legge che non prevede il loro intervento nella progettazione del piano edilizio della città.

Di fronte l'arroganza di Erdogan la comunità internazionale reagisce alla violenza contro il popolo turco nel silenzio o in prese di posizione utili a interessi particolari. Per gli Stati Uniti la priorità è un sostanziale disimpegno dalla regione quindi la politica di persuasione volte a moderare le spinte islamiste di Erdogan (magari in favore di un candidato premier meno ambizioso e con il contributo del potente predicatore e mecenate islamico Gulen da tempo trasferitosi negli Usa), non sono mai troppo decise per non guastare il rapporto con il governo di Ankara (a cui affidare insieme ad Israele la gestione diretta dei propri interessi diplomatici della regione). L'Europa invece è troppo impegnata a gestire l'implosione economica per accorgersi di cosa succede (ad eccezione della Germania il cui interesse principale è evitare l'ingresso di un concorrente come la Turchia nella comunità Europea).

Ciononostante il popolo di piazza Tacsim continua a lottare, a crescere di numero, ad ampliare le soggettività che partecipano e con loro l'ordine e la qualità del dibattito politico prodotto.

Dallo sgombero di Gezi Park i manifestanti non solo continuano con caparbietà a scendere in piazza, ma sulla scia di occupygezi, hanno dato vita ad assemblee di quartiere che si incontrano con costanza e per ore durante la settimana. Uno dei punti di forza di questo movimento è la capacità di tenere dentro e far dialogare realtà così diverse tra loro come il mondo glbtq (dallo stesso posto in cui oggi è partita la manifestazione, è terminata ieri una protesta contro l'uccisione, alcuni giorni fa, di Dora, una trans uccisa in casa da un suo cliente) ed i musulmani anticapitalisti.

Uno dei perni su cui Erdogan sta insistendo con più veemenza è il processo di islamizzazione della società e della politica turca producendo prima di tutto un moltiplicarsi di dispositivi normativi sui corpi (lotta all'aborto, alla vendita di alcolici, prescrizioni sul numero di figli da fare, arrivando addirittura alla prescrizione morale sulle effusioni in pubblico..); attivisti come i musulmani anticapitalisti non solo spezzano l'ordine del discorso, ma producono una modalità differente di assumere il rapporto con la religione ed utilizzano ribaltando la relazione tra la loro azione politica e lo spazio pubblico (tema fondamentale nell'Islam): per esempio il primo giorno di Ramadan, mentre il governo gestiva l'Iftar (la rottura del digiuno) ufficiale in piazza Tacsim, i musulmani anticapitalisti promuovevano una fine del digiuno occupando via Isktal e dando poi vita ad una manifestazione culminata a Gezi Park.

Guardando infine da piazza Taksim quello che succede in Egitto si nota come un intervento interessato delle esercito (i cui vertici sono stati decapitati, imprigionati e messi all'angolo della vita politica da parte Erdogan) con il pretesto della protezione del popolo, (vecchio refrein kemalista) è rifiutato da una piazza che vuole provare a non avere né padroni né padrini.

Come andrà a finire è impossibile dirlo ed ammesso che per movimenti di questo tipo si possa parlare di un inizio e di una fine. Certamente un'esigenza di questo movimento è il bisogno di tenere dentro ampiezza, complessità ed efficacia della lotta. Presto, dicono, scenderanno di nuovo in piazza.

Heryer Taksim, heryer direnis!

Filippo Nuzzi c.s. Tpo

toma runs against activist occupygezi shooting rubber bullets head height