Ondata di scioperi negli Stati Uniti. I tempi stanno cambiando?

13 / 5 / 2022

"Sembra sempre impossibile, fino a quando qualcuno lo fa"

Nelson Mandela

Jeff Bezos, il ricchissimo fondatore e presidente di Amazon, un'azienda nata solamente 28 anni fa che oggi ha 1.600.000 dipendenti nel mondo (di cui 950.000 negli Stati Uniti), potrebbe fare della vicenda con cui si apre questo scritto la sceneggiatura di un film prodotto da lui stesso, ora che, con otto miliardi e mezzo di dollari, si è comprato gli studi cinematografici della Metro Goldwin Mayer.

La vicenda si svolge a Staten Island, a New York (un distretto ed una città notevolmente più sindacalizzate della media nazionale statunitense, che ristagna, ai minimi storici, sul 10% della forza lavoro): i lavoratori dello stabilimento JFK8 di Amazon, che serve il mercato cruciale di New York, hanno votato per avere un Sindacato e, per la prima volta in quell'azienda, hanno vinto (2.654 contro 2.131).

La storia del Sindacato da loro fondato dal basso, l'Amazon Labor Union (ALU), senza l'appoggio di una Union strutturata (seppur con l'aiuto della local 100 di UNITE HERE e di un buon avvocato del lavoro), ma forse anche sulla scia delle iniziative del Comitato spontaneo Amazonians United di Chicagoland, ha fatto tornare in mente le vittorie operaie degli anni '30 dello scorso secolo. Un'epoca d'oro del sindacalismo statunitense, costruita, nel contesto della legalizzazione della contrattazione collettiva del New Deal rooseveltiano, sugli scioperi con sit down (le occupazioni delle fabbriche, e non solo di quelle).

Ed ha aperto, da Staten Island, una breccia nel "mondo degli algoritmi" amazoniano, in un'azienda nota negli USA per le sue politiche contro il Sindacato e in cui i lavoratori, come si evince anche dal rapporto del raggruppamento europeo di Sindacati dei servizi UNI Global Europa, sono costantemente monitorati nella produttività ed anche nelle loro opinioni i.

Questione che è stata affrontata in Italia nell'accordo sindacale con Amazon del novembre scorso, procurato dallo sciopero nazionale del marzo 2021. Pur nella logica, ribadita nelle dichiarazioni sindacali, di prevenire il conflitto ii, è importante che nel testo firmato dalle Parti "sono venute meno le richieste datoriali di utilizzo, ai fini disciplinari, dei dati prodotti dagli strumenti di lavoro (art. 4 della legge 300/1970) e di individuazione della app come strumento di lavoro".

A Staten Island tutto è cominciato quando, nel 2020, agli inizi della pandemia, Amazon ha licenziato Christian Smalls, che aveva cercato di organizzare uno sciopero per la sicurezza sul lavoro. A lui, che ha fatto i turni di notte di 12 ore e ben conosce dall'interno i problemi della gente, si sono aggiunti, per costruire un Sindacato di base, lavoratrici e lavoratori in servizio, come Angelika Maldonado (che ha ripercorso le orme della madre, iscritta al SEIU, un Sindacato progressista dei servizi). Hanno voluto un Sindacato per mettere all'ordine del giorno gli arbitrii dei licenziamenti ed avere una degna copertura sanitaria dei lavoratori (che negli USA occorre acquisire in azienda), superando la paura nei confronti di un padrone che fa di tutto per mantenere individuale il rapporto di lavoro iii. I promotori sindacali di quel magazzino hanno puntato tutto sul rapporto con le persone: durante le pause, al telefono la sera, incombendo nelle riunioni obbligatorie indette da Amazon per dissuadere dal votare per il Sindacato, distribuendosi nei turni di 24 ore su sette giorni, girando per i reparti con la maglietta col logo sindacale; evitando comunque di farsi beccare fuori dalla propria postazione, se non nelle pause.

Senz'altro una maggiore presenza "interna" allo stabilimento di quella praticata durante la vertenza dello stabilimento Amazon BHM1 di Bessemer in Alabama, che aveva goduto di una vasta risonanza l'anno scorso ma non aveva fruttato in prima istanza un risultato positivo. A Bessemer, nel marzo 2021, il Sindacato, il Retail, Wholesale and Department Store Union, RWDSU (affiliato all'AFL-CIO, una delle Federazioni più grandi del mondo coi suoi 12 milioni di iscritti), aveva ottenuto solo 738 voti contro 1.798 contrari iv.

L'esito del voto, contestato dal Sindacato per alcune modalità imposte dall'azienda, è stato poi cassato dal National Labor Relations Board (NLRB), l'Ente federale che certifica il farraginoso meccanismo elettorale ed il suo risultato. Il voto si è ripetuto nel marzo di quest'anno, seppur ancora dislocata la controversa cassetta postale del servizio postale degli Stati Uniti interna allo stabilimento, dove imbucare la scheda "sotto gli occhi dei capi", che è stata la chiave principale nella decisione del NLRB d'invalidare il voto dello scorso anno v. Ed ancora in presenza di atteggiamenti antisindacali dell'azienda (licenziamento, sospensioni, discriminazioni di militanti sindacali), denunciati nuovamente dal RWDSU.

Il nuovo voto ha riguardato a Bessemer 6.000 addetti ("accuditi" da 200 consulenti antisindacali pagati da Amazon) e risulta che si sia potuto praticare anche con un messaggio di posta elettronica vi. A metà aprile, i no al Sindacato avrebbero nuovamente vinto per 993 a 875 ma si attende il conteggio di ulteriori 400 schede contestate.

Un contesto sociale di certo diverso quello di New York da quello dell'Alabama: quest'ultimo è uno Stato right-to-work (diritto al lavoro) che paradossalmente significa tra l'altro diritto, e incentivazione, a non sindacalizzarsi e proibizione di firmare contratti che prevedano il prelievo delle quote sindacali dalle buste paga. Nello specifico, i dipendenti Amazon a tempo pieno di Bessemer guadagnano un minimo di salario di soli 15,80 dollari l'ora vii ed hanno, come in generale in quell'azienda, un turnover molto alto. Inoltre, il tasso di infortuni gravi nel centro logistico Bessemer di Amazon è aumentato del 43% dal 2020 al 2021.

Uno studio dell'Ente sindacale Strategic Organizing Center (SOC) afferma che nel 2021 il tasso complessivo di lesioni gravi nei magazzini Amazon degli USA è di 7,9 per 100 lavoratori (+ 20% rispetto al 2020), mentre quello dell'intero settore della logistica è di 5,5. Posto però che Amazon impiega un terzo dei magazzinieri degli Stati Uniti, se ne ricava che il tasso di lesioni gravi in Amazon è più del doppio di quello dei suoi concorrenti. Dati che l'azienda contesta, rifiutando di rallentare i ritmi di lavoro viii.

Malgrado il voto contrario dell'altro (più piccolo) stabilimento Amazon di Staten Island, avvenuto pochi giorni dopo il precedente, ora il problema del Sindacato ALU, vincente in Amazon JFK8, è di fare un contratto con un azienda che ha nel suo DNA l'antisindacalismo militante, che investe metodicamente, in caso di tentativi di organizzazione collettiva, un dose abbondante di dollari per convincere della perniciosità del Sindacato, con l'utilizzo di cartelli su tutti i muri aziendali, di un sito web apposito, di riunioni a presenza obbligatoria con l'impiego di esperti di Union Busting (repressione antisindacale): nel 2021, Amazon ha dichiarato di aver speso 4,3 milioni di dollari per opporsi agli sforzi di sindacalizzazione a livello nazionale, pagando fino a 3.200 dollari al giorno alcuni dei discreditatori del Sindacato professionali da usare contro i tentativi di delle maestranze di ottenere diritti collettivi ix. Alcune di queste pratiche, che in Italia non sono teoricamente ammesse (dall'articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori che reprime il comportamento antisindacale), negli Stati Uniti non sono legalmente vietate ed attendono una normativa federale più attenta agli interessi dei lavoratori. Che impedisca anche la prassi consueta del padronato statunitense di rifiutarsi di negoziare il contratto con la rappresentanza dei lavoratori alfine ottenuta; ciò che succede ancora a distanza di tre anni in un terzo delle vertenze.

En passant, l'attività per "convincere" i dipendenti di Staten Island ad aborrire il Sindacato era appaltata alla ditta Global Strategy Group, che si vanta sul suo sito di aver lavorato anche ai sondaggi elettorali per Biden. Il fatto ha sollevato una vigorosa campagna per la risoluzione dei contratti che la stessa azienda aveva avuto o ha per attività di propaganda elettorale a favore del Partito Democratico ed anche di alcuni Sindacati (l'imparzialità dell'affarismo, si potrebbe commentare). La vicenda ha procurato un "pentimento pubblico" della stessa GSG x e una discussione nel Partito Democratico sul futuro inserimento di una clausola che escluda dai propri contratti di consulenza aziende impegnate in attività antisindacali o che sostengano iniziative di legge anti-Union xi.

Comunque, le richieste del vittorioso Sindacato Amazon Labor Union a Staten Island saranno: un salario iniziale di 30 dollari (oggi la retribuzione media di stabilimento è di 18 dollari), due pause pagate di 30 minuti, una sosta pranzo pagata di un'ora, congedi pagati in caso di infortunio sul lavoro. Ma invece di aprire una trattativa, Amazon ha contestato legalmente il risultato, opponendovi 25 obiezioni, "palesemente assurde" ha dichiarato un avvocato dell'ALU, tra cui quelle che gli organizzatori hanno intimidito i lavoratori, e distribuito loro anche della cannabis (!).

Per Amazon questa è la battaglia della vita: se dovesse passare la sindacalizzazione di uno dei suoi stabilimenti, cadrebbe una delle principali costruzioni ideologiche del suo mondo aziendale. Per questo si è messa in conflitto col NLRB (cioè nei fatti con l'amministrazione Biden), accusandolo di aver avuto "un'influenza inappropriata e indebita" sul risultato per aver intentato una causa contro l'azienda a marzo per una pratica di lavoro illegale xii.

Biden, che aveva promesso in campagna elettorale di voler essere the must pro-Union President ("il Presidente più vicino al Sindacato") aveva sostenuto il diritto alla sindacalizzazione in Amazon; cautamente nella vicenda di Bessemer, maggiormente in quella di Staten Island, dichiarando il 6 aprile Amazon, Here We Come ("Stiamo arrivando"). Dichiarazione poi ridimensionata dalla sua portavoce.

Inoltre l'Amministrazione Federale, condizionata dalla risicata maggioranza parlamentare del Partito Democratico (occorrerebbe al Senato il voto favorevole di tutti i democratici e di almeno dieci repubblicani), non è riuscita a far passare la legge Protecting the Right to Organize (PRO Act), sostenuta da oltre 100 importanti Sindacati, Associazioni, Chiese, Partiti. Questa legge federale amplierebbe, rispetto alla normativa residua del New Deal azzoppata in gran parte dallo smantellamento reazionario degli anni '50, il diritto all'organizzazione e alla contrattazione sindacale aziendale (negli Stati Uniti nei fatti non esistono contratti nazionali di categoria e spesso nemmeno contratti generali per singole aziende, costringendo, un solo Sindacato per ogni luogo di lavoro, a rincorrere il 30% di firme per il diritto a votare e il 50% poi del consenso elettorale per la sindacalizzazione e l'eventuale successivo contratto di stabilimento). Il PRO Act vieterebbe invece il licenziamento di dipendenti che cercano di costituire un Sindacato, indebolirebbe la normativa antisindacale right-to-work, vigente in ben27 Stati (garantendo la normativa di tradizione anglosassone del closed shop, l'obbligo di iscrizione in un'azienda sindacalizzata), considererebbe lavoratori dipendenti molti casi di attuali fittizi "appaltatori indipendenti"ed aumenterebbe il ruolo di garanzia dei diritti del lavoro da parte del NLRB.

Il ruolo in materia del lavoro della presidenza Biden resta purtroppo ambiguo: alle dichiarazioni di principio non corrispondono le indispensabili iniziative forti, sacrificate alla speranza di improbabili accordi su varie materie con eventuali repubblicani non trumpiani, di cui ormai in Parlamento si è praticamente persa traccia. Biden, ad esempio, ha finora evitato di utilizzare i suoi poteri esecutivi per ripristinare la persuader rule, lanorma della presidenza Obama, annullata da Trump, che imporrebbe alle aziende come Amazon di pubblicizzare tutte le loro spese, comprese quelle degli studi legali, per contrastare il Sindacato.

Ciò potrebbe, ad esempio, rendere trasparenti, e dunque contrastabili, le azioni antisindacali di potentissimi studi legali, come DLA Piper, dove lavorava Doug Emhoff, il marito della vicepresidente Kamala Harris; studio legale che sul suo sito web si vanta di difendere le aziende contro "le campagne sindacali strategiche", anche "usando le leggi locali e il contenzioso per combattere l'attività di disturbo". Un articolo sulla newsletter di DLA Piper del 2017, che annunciava l'assunzione di Emhoff nello studio legale, precisava che lui aveva "una vasta esperienza" nel difendere le aziende in relazione a "violazioni di salario e orario". Un altro studio legale, Venable, dove Emhoff ha lavorato dal 2006 al 2017, aveva pubblicizzato che lui "consiglierà e formerà regolarmente i clienti su come evitare i sindacati".

Kamala Harris, la vicepresidente USA, è anche responsabile della costituita task force della Casa Bianca per assicurare "che la scelta di unirsi a un Sindacato appartenga solo ai lavoratori" ma i blandi suggerimenti della commissione sono rimasti finora lettera morta..
Nemmeno sono stati bloccati i contratti federali con Amazon, che la scorsa estate se ne è aggiudicato uno da 10 miliardi di dollari, dopo che il Presidente USA aveva promesso in campagna elettorale di "garantire che i contratti federali vadano solo ai datori di lavoro che firmano accordi di neutralità, impegnandosi a non condurre campagne antisindacali" xiii.

Si potrebbe notare che il Partito Democratico mantiene i piedi ben saldi nelle due staffe, in entrambe le classi sociali, da cui peraltro riceve appoggi politici ed economici: tipico il caso di Hillary Clinton, moglie dell'ex Presidente e candidata del Partito Democratico sconfitta da Trump, che era stata nel Consiglio di Amministrazione di Walmart Stores, la più grande azienda del mondo, con 2,3 milioni di dipendenti nel settore del commercio, che fa dell'antisindacalismo (e dei bassi salari) una vera e propria fede, dove il 70% dei dipendenti se ne va entro un anno e fioccano le cause legali di lavoratori, concorrenti e fornitori. Per inciso, le condizioni e gli orari di lavoro hanno portato nel 2016 ad uno sciopero dei dipendenti persino in alcuni negozi Walmart in Cina, sciopero che contestava anche il Sindacato locale, asservito all'azienda xiv.

Il consigliere di Amazon David Zapolsky, che aveva definito nel 2020 il Presidente del Sindacato Amazon, Chris Smalls, "non intelligente né eloquente", ha finanziato con 300.000 dollari il Biden Victory Fund. Ed anche altri alti dirigenti di Amazon, alcuni dei quali passati agilmente da incarichi governativi di prestigio a ruoli di dirigenza nel gigante economico di Bezos, hanno donato centinaia di migliaia di dollari al Partito Democratico xv.

Intanto anche alcuni lavoratori conquistano posizioni, ben più a fatica dei manager sopracitati: per la prima volta la grande catena di caffetterie Starbucks (350.000 dipendenti, 17.000 sedi in tutto il mondo) avrà un proprio Sindacato: i dipendenti di 233 sedi hanno presentato la domanda per le elezioni sindacali. Workers United, l'affiliato del SEIU (Service Employees International Union), ha già vinto in 31 elezioni tenute finora (la prima a Buffalo (NY), l'anno scorso), malgrado le contromosse aziendali, anche del suo fondatore Howard Schultz. Il quale (che nell'occasione, oltre a mettere in campo i consulenti antisindacali, è tornato a dirigere direttamente l'azienda) si è rivolto a un gruppo di suoi dipendenti non condiscendenti dicendo che "la coperta deve essere divisa tra tutti".

Nei fatti però è lui che sta ben coperto; Schultz, infatti, secondo Forbes, detiene un patrimonio netto di quattro miliardi di dollari. E può (poteva?) permettersi anche una fama d'imprenditore progressista: la sua azienda pare risolvere due problemi centrali dei lavoratori dipendenti USA che il Governo federale non vuole / non intende affrontare e il Partito Repubblicano (ma anche una parte del Partito Democratico) avversa, assieme alle lobby del "individuale è bello e americano": la copertura sanitaria (che in Starbucks è alta, anche se riguarda solamente chi l'azienda certifica che lavora più di 20 ore settimanali) e le tasse universitarie dei figli dei dipendenti (che lì sono pagate). Un cotanto progressista fece sì che Hillary Clinton pensò a lui come Segretario al Lavoro, se avesse vinto le presidenziali nel 2016 xvi e lui stesso ha pensato per tre volte a candidarsi come Presidente degli USA (come indipendente o nel Democratic Party).

Comunque Schultz la pensi politicamente, vede come un affronto personale il fatto che i suoi dipendenti (definiti partners) vogliano un Sindacato. E dunque, adesso, per fermare la spinta collettiva montante, sta procedendo a licenziamenti di organizzatori sindacali, tutti contestati dal Sindacato al NLRB per essere chiare ritorsioni di attività sindacali legalmente protette: i primi sette a Memphis, Tennessee, a febbraio; poi alcuni a Buffalo, tre a Overland Park (Kansas), dove i lavoratori rimasti sono ora in sciopero. Ed ora una barista di Phoenix (Arizona), caso limite perché le sue precedenti accuse a Starbucks di ritorsione erano state confermate dal NLRB poche settimane fa xvii. Inoltre Schultz ha deciso che aumenterà i salari e i benefici, ma solo ai baristi dei negozi dove nessun Sindacato è stato certificato e nessuna trattativa contrattuale è in corso xviii, fregandosene della (remota) possibilità di essere (blandamente) sanzionato per azioni evidentemente in stretta relazione alla sindacalizzazione che sta avvenendo nella sua azienda.

Christian Smalls, Presidente del Sindacato Amazon di Staten Island, ha dichiarato, durante la vertenza: "So we, as workers, the working class, we got to realize our value. If we don't go to work, these CEOs don't make their money" (Così noi, come lavoratori, la classe operaia, dobbiamo rendersi conto del nostro valore. Se non andiamo a lavorare, questi amministratori delegati non fanno i loro soldi) xix.

Una dichiarazione che sembra riecheggiare, certamente aldilà delle sue intenzioni, il grande movimento, sorretto e narrato anche dai social, di quitagion, di dimissioni dal lavoro salariato, soprattutto nei settori di servizi a bassa retribuzione e diritti: 4,5 milioni di persone negli Stati Uniti hanno lasciato il lavoro sotto padrone volontariamente nel solo mese di novembre del 2021. Non solamente per andare a fare un lavoro autonomo o perché erano addetti alla sanità distrutti dal fronteggiare l'emergenza covid.

Un fenomeno sociale, quello dell' "andarsene pubblicamente", non organizzato ma diffuso, che ha messo in crisi sia le aziende, private di parecchio del marxiano "esercito di riserva", sia l'attrattività dei non pochi accordi aziendali che prevedono condizioni salariali e normative minori per i neo-assunti. Una scelta con significati che possono essere opposti: spesso pubblicizzata su appositi siti web dandole così una valenza collettiva, può anche rappresentare un segno del pessimismo a cambiare collettivamente le cose nel mondo del lavoro xx.

A contrario, è da notare che è proprio in quest'area di working poor (lavoratori in povertà) supersfruttati, sottopagati, spesso con retribuzioni sotto i livelli ufficiali che definiscono negli USA la povertà, che è nata nel 2012 l'iniziativa per elevare il salario minimo federale dagli attuali 7,25 dollari all'ora a 15 dollari. Costruita con manifestazioni, scioperi e con l'appoggio del Service Employees International Union, essa ha già raggiunto l'obiettivo in 25 Stati e in 56 singole città xxi.

Negli ultimi tre anni un'ondata di scioperi e vertenze, anomala rispetto al periodo precedente, ha coinvolto migliaia di lavoratrici e lavoratori statunitensi di decine di grandi aziende xxii: Amazon, Starbucks, alimentari Kellogg, Nabisco e King Soopers, trattori John Deere, acciaierie Special Metals West Virginia, miniere Warrior Met Coal in Alabama e inoltre insegnanti, sceneggiatori cine-televisivi, infermiere Kaiser Permanente, personale di pulizia degli uffici ...xxiii

Scioperi, manifestazioni, appoggio delle comunità locali, interventi sui media, hanno fanno nascere o hanno rafforzato Organizzazioni Sindacali in importanti aziende, alcune delle quali avevano fatto della trattativa diretta coi dipendenti e del controllo assoluto delle condizioni di lavoro il loro credo, oppure avevano receduto dai contratti stipulati per diminuire il costo del lavoro, mentre i loro dirigenti introitavano milioni di dollari.

Questi scioperi non sembrano ancora essere riusciti ad accrescere il ruolo generale nella società dei Sindacati statunitensi, aprendo anche l'establishment sindacale alle istanze e alla democrazia di base. Né hanno indotto a migliorare una legislazione sul lavoro che rappresenta una corsa ad ostacoli per l'affermazione dei diritti di costituzione di rappresentanze sindacali e di contrattazione collettiva, e soprattutto non tutela sufficientemente le lavoratrici e i lavoratori che si battono per i loro diritti.

Ma quest'ondata di scioperi può comunque essere il segno che negli Stati Uniti "i tempi stanno cambiando".

Ezio Boero*

i Uni Global Union, https://uniglobalunion.org/report/the-amazon-panopticon/

ii Davide Colella, Una firma storica con Amazon, Collettiva, 6.10.2021

iii Eric Blanc, Here’s How We Beat Amazon, An interview with Angelika Maldonado, Jacobin, 4.4.2022

iv Ezio Boero, Una lunga storia di lotte di classe a stelle e strisce. Considerazioni dopo la sconfitta sindacale dell'aprile 2021 contro Amazon a Bessemer Alabama, Collegamenti per l'organizzazione diretta di classe, numero 2, ottobre 2021

v Labor groups close in on Amazon in 2 tight union elections, NPR The Associated Press, 1.4.2022

vi Davide Orecchio, Amazon, una nuova occasione per Bessemer, Collettiva, 11.3.2022

vii NPR, art. cit.

viiiWilliam Thornton, Serious injury rate at Bessemer Amazon center increased 43 percent last year, study says, Al.com, 13.4.2022 e Alex N. Press, Working at Amazon Is Hazardous to Your Health, Jacobin, 19.4.2022 - lo studio citato è "The Injury Machine: How Amazon's Production System Hurts Workers"

ix Noah Lanard, Amazon Labor Union Wins Historic Election at New York City Warehouse, Mother Jones, 1.4.2022

x Annie Palmer, Biden pollster GSG is ‘deeply sorry’ for Amazon anti-union work as labor groups abandon it, CNBC, 14.4.2022

xi Noah Y. Kim, Democratic Party to Ban Consultants From Union-Busting, Mother Jones, 19.4.2022

xii Abigail Weinberg, Amazon Wants to Redo Historic Union Election They Lost, Mother Jones, 11.4.2022

xiiiWalker Bragman, Matthew Cunningham-Cook, On Support for Unionizing Amazon, Joe Biden’s Bark Has So Far Been Bigger Than His Bite, Jacobin,8.4.2022

xiv https://en.wikipedia.org/wiki/Criticism_of_Walmart

xvBragman e Cunnungham-Cook, art. cit.

xvi Noah Lanard, Amid Union Drive, Howard Schultz Is Back in Charge of Starbucks, Mother Jones, 16.3.2022

xvii Alex N. Press, Starbucks Is Desperate to Stop Unionization, So It’s Firing Worker Leaders, Jacobin, 6.4.2022

xviiiNelson Lichtenstein, Starbucks Workers Are Demanding Management Stop Acting Like Petty Dictators, Jacobins, 29.04.2022

xixChris Smalls in Alina Selyukh, Chris Smalls started Amazon's 1st union. He's now heard from workers at 50 warehouses, NPR The Associated Press, 6.4.2022

xx Alex N. Press, Why Are US Workers Quitting Their Jobs in Droves?, Jacobin, 25.1.2022 e US Workers Are Still Quitting Their Jobs in Record Numbers, Jacobin, 1.5.2022

xxi https://fightfor15.org/

xxii Hamilton Nolan, The Strike Wave Is a Big Flashing Sign That We Need More New Union Organizing, In These Times, 14.10.2021

xxiiiBernie Sanders, Our new year’s resolution for 2022: to rise up and fight back, The Guardian, 4.1.2022

* Ezio Boero (Torino 1954) ha fatto attività politica, sindacale e ambientalista. Ha pubblicato i seguenti testi: La Spina 3 di Torino. Trasformazioni e partecipazione: il Comitato Dora Spina Tre Visual Grafika 2011; Da Cittadella industriale a Spina 3: una riconversione incompiuta in Postfordismo e trasformazione urbana IRES Piemonte 2016; Racconti torinesi. Da leggere in tram, StreetLib 2017; Granata. Una storia di resistenza, StreeLib 2019; Racconti inopinatamente decontestualizzati, StreetLib  2019; Storia sociale e del lavoro degli Stati Uniti, StreeLib del 2019.