Para todes* la luz. Para todes todo

11 / 3 / 2020

Se l’8 e il 9 marzo 2020 in Italia sono caduti nel cuore dell’emergenza Coronavirus, in America Latina invece i cortei, che da quattro anni riempiono le strade per lo sciopero femminista, sono stati oltremodo oceanici.

C’è una nuova colonna sonora che aleggia nel continente andino. Dal Messico alla Colombia, fino al Cile e all’Argentina, le strofe de "El violador eres tu" stanno scandendo passo dopo passo il cammino delle migliaia di donne scese in strada a gridare le loro richieste, a far presente che la lotta femminista quest’anno è più presente e motivata che mai. Nos mueve el deseo, ci spinge il desiderio anyway. Così una marea viola, verde, rosa e arancio ha invaso le strade di diversi paesi, per chiedere una rivoluzione, una rivoluzione che o “sarà femminista o non ci sarà”. E in America Latina la protesta delle donne è sicuramente stata uno dei protagonisti non solo delle lotte dal 2015 in poi, ma anche di cambiamenti importanti che si stanno apportando a società dove il maschilismo, la violenza e il cattolicesimo sono ancora ben radicati.

«Es feminicidio.

Impunidad para el asesino.

Es la desaparición.

Es la violación».

L'8 marzo in Cile è stato un esempio della forza trasformatrice che le femministe cilene hanno già mostrato prima della sollevazione popolare in atto da mesi. La stretta alleanza tra il patriarcato e il sistema neoliberista è sotto i riflettori di un ampio movimento che, con diverse prospettive, richiede giustizia e si prepara ad attraversare il processo costituzionale con un nuovo approccio.

Il contesto cileno ci parla di rivolta, si è visto dal 18 ottobre e si ripete ogni venerdì in Plaza Dignidad. Solo qualche giorno fa, la polizia ha ucciso, sparandogli un lacrimogeno in testa, Cristián Valdebenito, gonfiando così il record di violazioni dei diritti umani.

“Nuova Costituzione o niente” questo è uno dei claim principali della mobilitazione, parliamo infatti di un documento redatto durante la dittatura di Pinochet alla fine degli anni '80 e che, tra le altre cose, istituisce il divieto di aborto, mettendo il feto al di sopra della vita di una donna.

Quasi due milioni di donne e dissidenti hanno marciato a Santiago e altre migliaia nelle 61 città del paese aderendo all'appello della Coordinadora feminista 8 marzo, cercando di abbracciare i femminismi nella loro diversità e identificare le esigenze e le urgenze presenti nel movimento, tra cui spiccano la precarietà della vita, la necessità di rafforzare la memoria storica e frenare immediatamente le violazioni dei diritti umani.

«Y la culpa no era mía, ni dónde estaba , ni cómo vestía.

El violador eras tú».

In Argentina, la campagna nazionale per la depenalizzazione e legalizzazione dell’aborto combatte da tredici anni per questo diritto. 

Fra poco il Parlamento dovrà discutere di un altro progetto di legge sulla legalizzazione dell’aborto, questa volta presentato dal nuovo presidente della Repubblica Alberto Fernandez. 

Un altro step in questa lunga serie di battaglie che hanno da una parte rafforzato sì il movimento ma dall’altra hanno visto esprimersi il peggior conservatorismo, abbiamo visto infatti come nel 2018 - quando il Senato bocciò il progetto di legge - le argomentazioni usate da alcuni senatori contrari alla nuova legge. Una senatrice è arrivata a difendere la penalizzazione comparando le donne in attesa con una cagna e i suoi cuccioli. Indubbiamente, la legalizzazione dell'aborto e la richiesta di separazione tra Chiesa e Stato, è stata una delle rivendicazioni centrali, nella città di Buenos Aires e in tutto il paese.

Non ci sono dubbi però sulla forza del movimento femminista argentino, si tratta di una lotta collettiva che con dedizione e perseveranza vuole fermare un sistema di potere patriarcale che tutti giorni opprime e marginalizza le donne.

“Educazione sessuale per decidere, anticoncezionali per non abortire, aborto legale per non morire”, semplici parole chiave a fronte di un paese dove la violenza sulle donne è estrema. Nell’ultimo caso (ma dall’inizio del 2020 in Argentina c’è stato più di un femminicidio al giorno) un giovane ha soffocato la fidanzata adolescente, ha provato a bruciarla sopra una griglia da carne, poi ha fatto a pezzi il corpo e l’ha gettato in un fiume.

Il progetto di legge sull’aborto porta con sé altri dibattiti sulla possibilità di accesso a un sistema sanitario di qualità e sulla diseguaglianza di genere e di classe. Si stima che il giro d’affari degli aborti clandestini sia di circa 300 mila dollari e che ogni anno 80 mila donne vengano ricoverate in ospedale per interruzioni di gravidanza realizzate in condizioni precarie. Le ricche abortiscono in perfette cliniche private, le povere non possono.

Ma non solo, si parla di costruire un enorme movimento, che mira a spazzare via il capitalismo patriarcale.

Quasi cinque anni dopo il primo grido #NiUnaMenos, le richieste che vengono fatte di misure urgenti, di base ed elementari. "Nel 2020 ci sono più femminicidi che giorni", si legge uno dei tanti cartelli che hanno inondato la piazza.

Un grande movimento femminile, femminista e dissidente sessuale, che intende trasformare questo sistema basato sull'oppressione e lo sfruttamento di milioni di persone, fa parte delle urgenti sfide che si presentano non solo al movimento argentino, ma anche per coloro che rimangono in piedi in vari paesi del mondo.

Un movimento che unisce le sue forze a quelle della classe operaia nel suo insieme, del mondo del lavoro - ricordiamo la crescente inflazione che aleggia sull’Argentina -  in modo che sia reale che non ci sia “Not One Less”; che si fida delle proprie forze, che non subordina le sue richieste al sostegno di nessuno governo, istituzione statale o alleanza clericale.

L'8 e il 9 marzo hanno nuovamente dimostrato che sostenendo la forza delle giovani donne, allora si avrà un potere inarrestabile.

«Son los pacos (policías).

Los jueces.

El estado.

El presidente.

El estado opresor es un macho violador».

Nel 2020 è stata riaperta la discussione sull'aborto, che in Colombia è legale da 14 anni se la gravidanza costituisce un pericolo per la vita o la salute delle donne, c'è una grave malformazione del feto o la gravidanza è il risultato di uno stupro.

Una causa legale ha proposto di penalizzarlo di nuovo, mentre altri settori sono usciti per chiedere che il diritto di decidere fosse legalizzato, ma la magistratura colombiana ha mantenuto le restrizioni al diritto all’aborto.

Nelle strade di Bogotà si è vista la marea dei panuelos verdi per il diritto all'aborto libero, sicuro e libero. 

«El violador eras tú.

El violador eres tú».

Evento storico invece in Messico, in un corteo storico di malcontento e ripudio della violenza patriarcale, dove almeno 150 mila hanno marciato a Città del Messico.

Contro il femminicidio la violenza patriarcale, contro la precarietà nel lavoro e i licenziamenti che l'austerità ha generato, per la difesa del territorio contro l'espropriazione del megaprogetto promosso dalla 4T, si sono incontrate centinaia di organizzazioni femministe.

La composizione ampiamente giovane della mobilitazione, con studenti e giovani di età compresa tra 10 e 25 anni, è stata impressionante. 

Più di mille donne sono state uccise in Messico nell’ultimo anno. Il numero rappresenta un aumento del 2,6% rispetto all'anno precedente, in cui erano stati registrati 912 decessi di questo tipo, secondo i numeri ufficiali. Sebbene i numeri sembrino inquietanti, la verità è che potrebbero essere anche peggio: le organizzazioni femministe ritengono che ci sia una significativa sottostima, perché qualificare una morte come femminicidio dipende dalla volontà dei pubblici ministeri, che in molti casi - già sia per mancanza di formazione che per volontà politica, non agiscono secondo una prospettiva di genere. Parliamo però di uno dei paesi più violenti al mondo, motivo per cui sia l’8 marzo (e anche il 9) il paese latinoamericano è stato teatro di massicce e radicali proteste da parte delle donne. L'assassinio di Ingrid Escamilla, per mano del suo partner, a Città del Messico, nonostante sia uno tra tanti, è stato per il crimine che ha scioccato il paese per la sua brutalità: la vittima non è stata solo scuoiata e i suoi organi buttati via, ma la polizia ha fatto trapelare le immagini insanguinate e, per diversi giorni, sono state circolate nei media e i social network.

Quasi contemporaneamente, una bambina di 7 anni di nome Fatima è scomparsa all’uscita di scuola. Due giorni dopo la sua scomparsa, Fatima è stata trovata in una busta di plastica, smembrata e con segni di violenza sessuale. Il caso ha mostrato che lo Stato agisce in questo tipo di casi in modo poco reattivo e insufficiente.

Alla ribalta le polemiche delle ultime settimane tra Amlo e i collettivi femministi con il tentativo del governo di offuscare la protesta da una parte e dall'altra, come denunciano i collettivi, con l'incapacità del governo di attuare concrete politiche contro i femminicidi e la violenza di genere.

A pochi giorni dopo la Giornata internazionale della donna, il presidente Andrés Manuel López Obrador ha dichiarato che non si considera femminista, ma umanista e ha osservato che, nonostante il rispetto di questo movimento, la sua amministrazione ritiene che la cosa principale sia combattere per l'uguaglianza sociale, dove non esiste una società in cui pochi hanno tutto e la maggior parte manca dell’indispensabile, accusando i collettivi femministi - di fatto - di essere conservatori.

«El violador eres tú.

El violador eres tú».

Nell'ultimo decennio, una ventina di codici penali in America Latina sono stati riformati per incorporare la figura del femminicidio, sia come figura autonoma sia come fattore aggravante dell'omicidio. Mentre la maggior parte dei paesi ha scelto di creare una nuova figura, Argentina, Colombia e Brasile hanno optato per il secondo percorso e hanno definito il femminicidio un fattore aggravante.

Nei casi dei codici penali di Costa Rica, Cile e Perù, il femminicidio è limitato a ciò che accade nella sfera intima o di coppia. In altri, vengono aggiunti elementi particolari, come il caso del Guatemala e della Bolivia, che includono situazioni di femminicidio a seguito di riti di gruppo; o come l'Ecuador, il Messico e il Venezuela, che aggiungono l'esposizione pubblica del corpo; o, come in Colombia, quando il crimine è commesso "per generare terrore o umiliazione a chiunque sia considerato un nemico". In Bolivia, è un fatto aggravante che il crimine sia commesso a causa della gravidanza della vittima e, in Nicaragua, costituisce un crimine di femminicidio se l'aggressore avesse tentato senza successo di stabilire o ristabilire un legame amorevole con la vittima.

Centinaia di migliaia di corpi dissidenti hanno invaso l’America Latina, «Porque libres y vives no queremos».

* todes in America Latina è la desinenza non binaria che viene utilizzata per includere chiunque.

** ph. credit Latinoamerica Piensa