Putin’s Games

7 / 2 / 2014

Iniziano oggi i Giochi Olimpici Invernali di Sochi.Tra controllo e potere, corruzione e repressione, tra questioni d’immagine e fattori geopolitici.

Nella località turistica dal clima subtropicale, collocata nell’area settentrionale della regione caucasica, sorge il costosissimo innesto di macroscopiche infrastrutture sportive, pronto ad “accogliere” atleti, ospiti di riguardo, politici e giornalisti da tutto il mondo.

Proprio qui, in quella che è stata definita “città giardino”e “Florida della Russia”, accarezzata, come la natura ha voluto, dalle tiepide acque del Mar Nero e rinfrescata dalle correnti montane, gli impianti avveniristici hanno trasformato completamente l’urbanistica della Sochi -residenza estiva dei presidenti-, e della Sochi -fatta anche di storia- (con il suo ruolo militare nell’Ottocento e nella Prima Guerra Mondiale). Di certo però Sochi non è un piccolo pezzo di paradiso. La mitezza delle temperature non si rende la più appropriata delle metafore per descrivere la situazione russa, sia in rapporto al tempo storico sia in rapporto allo spazio geopolitico.

C’è da dire che per mezzo di Putin e delle sue “magie machiavelliche” molto è possibile: ad esempio, per evitare che durante le Olimpiadi potesse verificarsi una disastrosa mancanza di neve, sono stati predisposti circa 500 cannoni sparaneve e accumuli di neve di scorta dislocati vicino agli impianti. Una delle tante spese che rientra il quella cifra esorbitante che ha reso le Olimpiadi russe tra le più costose finora mai realizzate. Gran parte poi della somma dedicata ai giochi invernali è stata devoluta al sistema di sicurezza che garantirà l’ “ordine” durante l’evento.

Infatti, tornando al clima, quello non meteorologico più che sereno rischia d’essere incandescente. Mentre le divinità greche dell’Olimpo vengono surclassate da una sbavante adorazione verso il dio denaro, consolidiamo la certezza con semplicità e senza stupore che dove vi sono soldi vi sono interessi e potere, e sarà una triste verità, ma ancor più triste l’incapsulamento dello sport dentro la scacchiera selvaggia dell’economia globale. E tutto ciò che ne consegue.

Letta sarà tra i pochi presidenti ad andare a Sochi, come buon auspicio, ironizziamo così, per le future Olimpiadi Roma 2024. Tanti invece non hanno confermato la loro presenza, tra cui Obama, Hollande, Merkel e Cameron. Anzi, l’America sarà rappresentata da due icone sportive omosessuali, due atlete dichiaratamente lesbiche, Billie Jean King e Caitlin Cahow, per mostrare come gli Stati Uniti siano paritari e aperti (su questo non tutti sono poi così d’accordo, vista la denuncia della giocatrice di hockey, Avery Stone, che ha affermato che in ambito sportivo anche gli americani sono responsabili di discriminazioni).

Contestazioni e polemiche in questi mesi hanno avuto ritmo serrato, in riferimento in particolare alle politiche repressive di Putin, che vanno dalla legge contro l’omosessualità alla ipermilitarizzazione del territorio.

Dal mondo dello sport al mondo delle associazioni, a quelli dell’arte/spettacolo e della politica, sono partite campagne, appelli, coming-out, dichiarazioni solidali, per mettere in luce il dissenso contro il governo liberticida di Putin. La tattica di fare l'amnistia, peraltro limitata, che ha portato alla scarcerazione delle Pussy Riot è stata interpretata come un tranello dentro cui giustamente non dover cascare, ed intanto infatti la Russia quotava l’Italia come unico paese degno di adottare i suoi bambini orfani, perché qui da noi le coppie gay non hanno accesso all’adozione.

E in tutto questo, equilibri precari, riassestamenti, tentativi di stabilizzazione: tanti i territori coinvolti, Italia ed Europa (Europa della Troika vs Europa di Putin), Siria e Arabia Saudita, Georgia, Cecenia (e altre aree russe), Stati Uniti, Medio Oriente, Oriente, Occidente... Tante le questioni non digerite e non perdonate, tante le frantumazioni, scarse le concessioni reciproche, grandi gli interessi in gioco e le ricchezze (energia, armi, ecc.) da gestire, da barattare, su cui approdare, da usare per sopravvivere, da mettere in palio o dentro un ricatto. Infatti Letta proprio non se la sente di dire di no a Putin, pensa al prezzo delle sue mosse, memore dei 28 accordi commerciali firmati a novembre con Putin a Trieste, intento a non turbare la preziosa intesa.

Per la Russia, come altrove, lo sport serve a “proseguire la politica con altri mezzi”. Peccato che questa politica non si basi sull’uguaglianza dei diritti e sulla libertà e dignità di ciascuno. Peccato che vigano così persecutoriamente dei criteri rigidi di esclusione. Peccato che lo sport dovrebbe essere l’ambito di relazione per eccellenza antirazzista e antisessista, e tutti dovrebbero aver diritto a partecipare.

Invece in Russia, senza per questo pensare che in altri paesi sia molto meglio, a cominciare dall’Italia stessa, i diritti sono negati, parlare a favore degli omosessuali è reato, contestare l’omofobia è vietato, e il desiderio di vivere serenamente il proprio orientamento sessuale costringe a richiedere asilo politico e a scappare.

Si viene perseguitati, i diritti diventano reati, ed esistono bande organizzate (440 gruppi anti-gay) per far sì che si estinguano questi fenomeni, nel beneplacito del Governo.

A chi compie atti violenza contro gli omosessuali non viene torto un filo di capello, mentre agli amanti “patologici” viene tolta la libertà di esistere con i propri sentimenti, le proprie attrazioni, le proprie relazioni.

La legge attacca il bios e punisce, determina, norma e controlla fino ad incunearsi nell’intimità delle persone, togliendo vita e sopprimendo il conflitto.

Tutto questo non fa parte del mondo che vorremmo. Si dipinge un panorama che è solo coperto da candide nevi artificiali. Ma non bastano mantelli e mantelli di bianco ed enormi sovrastrutture dal bel design per cancellare o nascondere le nefandezze che avvengono intorno al grande evento a cinque cerchi.

Noi non ci stiamo ai giochi di Putin e di tutti quegli altri che muovono le pedine dell’alto. Prendiamo posizione contro ogni tipo di discriminazione e siamo e saremo sempre dalla parte di chi non può vivere la propria libertà.