Reparti speciali e Referendum

L'escalation dell'esercito ucraino è stata stoppata, i filorussi puntano sul referendum dell'11 maggio

di Bz
8 / 5 / 2014

L’offensiva dei reparti speciali dell’esercito ucraino si è fermata dopo una settimana di escalation che ha fatto temere il peggio, anche perché si sono visti in azione oltre i miliziani indipendentisti anche segmenti politici organizzati filo russi scontrarsi con i manifestanti locali ed importati degli ultra nazionalisti e fascisti di Pravi Sector.

L’offensiva, anche se nessuno lo ha scritto ufficialmente, aveva e ha lo scopo di rendere impossibile il referendum autogestito a sostegno dell’adesione alla federazione russa o per la formazione di una macroregione del sudest dell’Ucraina super autonoma da Kiev.

L’offensiva dei filogovernativi prosegue ma è stata in larga parte stoppata e i separatisti filorussi sono decisi a tenere la consultazione anche tra barricate nella convinzione che un referendum, per quanto illegittimo e irregolare, possa produrre uno scenario analogo a quello della Crimea. Ci sono tuttavia delle differenze. Nella penisola sul Mar Nero circa il 70% e' di etnia russa e il voto si e' svolto in una situazione di calma, di festa.

La ripresa dei contati diplomatici in atto a Vienna, dove una trentina di ministri degli Esteri, tra cui quello russo Serghiei Lavrov e quello ucraino Andrii Deschizia, si sono ritrovati per una riunione del consiglio d'Europa, mentre a Roma il G7 confermava la "propria determinazione di assicurare diversi tipi di assistenza di cui l'Ucraina ha bisogno per rafforzare la propria sicurezza energetica". Lavrov ha fatto sua la proposta del ministro tedesco Steinmeier per aprire subito una seconda conferenza di Ginevra, pur con un certo scetticismo: a suo avviso, infatti, mantenere lo stesso formato, "senza la partecipazione dell'opposizione al regime di Kiev, probabilmente non aggiungerà nulla". È evidente che la Russia sta mettendo sul tavolo tutta la sua influenza per rallentare l’offensiva dell’esercito ucraino e favorire la realizzazione del referendum che, anche se attuato in forma precaria, darebbe maggior forza contrattuale, nel quadrante interno e internazionale, alla fazione filo russa e alla Russia stessa.

Vi proponiamo, sul tema, un intervento dal NYTS di Noam Chomsky per la traduzione di Chiara Starace.

L’attuale crisi ucraina è così grave e minacciosa  a tal punto che alcuni commentatori la paragonano perfino alla crisi dei missili nel 1962.

L’editorialista Thanassis Cambanis  sintetizza succintamente il problema centrale sul Boston Globe: “ L’annessione [del presidente Vladimir Putin] della Crimea è una crepa nell’ordine sul quale l’America e i suoi alleati sono arrivati a fare affidamento fin dalla fine della Guerra Fredda – cioè un ordine in cui le potenze intervengono militarmente soltanto quando hanno il consenso internazionale dalla loro parte, o, in mancanza di questo, quando non attraversano le linee rosse della potenza rivale.” Il crimine internazionale più grave, cioè l’invasione dell’Iraq da parte di Stati Uniti e del Regno Unito, è stata perciò non una frattura nell’ordine mondiale, perché, dopo non essere riusciti a ottenere supporto internazionale, gli aggressori non hanno superato le linee rosse  russe o cinesi.

Invece la presa di controllo della Crimea da parte di Putin e le sue ambizioni in Ucraina superano le linee rosse americane.

Perciò “Obama si concentra sull’isolare la Russia di Putin recidendo i suoi legami economici e politici con il mondo esterno, limitando le sue ambizioni espansioniste nella sua zona,  e rendendolo  di fatto uno stato pariah,” riferisce Peter Baker sul New York Times.

Le linee rosse americane, insomma, sono collocate saldamente ai confini con la Russia. Perciò le ambizioni russe “nella loro propria  zona” violano l’ordine mondiale e creano le crisi.

Questa è una generalizzazione. Ad alcuni paesi talvolta si permette di avere delle linee rosse ai loro confini (dove sono poste anche le linee rosse degli Stati Uniti). Ma non l’Iraq, per esempio. Oppure l’Iran che gli Stati Uniti continuamente minacciano di attacco (“nessuna opzione viene esclusa”).

Tali minacce violano non soltanto la Carta delle Nazioni Unite, ma anche la risoluzione dell’Assemblea Generale che condanna la Russia e che gli Stati Uniti hanno appena firmato. La Risoluzione si è aperta mettendo in evidenza la proibizione della carta dell’ONU alla “minaccia o all’uso della forza” negli affari internazionali.

La condanna di Putin da parte di tutto l’Occidente comprende la citazione del discorso emotivo “ durante il quale ha protestato violentemente perché che gli Stati Uniti e i loro alleati “ci hanno ingannato ripetutamente, hanno preso decisioni alle nostre spalle, offrendoci il fatto compiuto dell’espansione della NATO a Est, con lo schieramento delle infrastrutture militari sui nostri confini. Ci hanno sempre detto la stessa cosa: “ebbene, questo non vi coinvolge.”

Le proteste di Putin sono accurate riguardo ai fatti. Quando il presidente Gorbaciov ha accettato l’unificazione della Germania come parte della NATO –una concessione straordinaria alla luce della storia – c’è stato un equivoco. Washington era stata d’accordo che la NATO non si sarebbe spostata di “un pollice verso est,” riferendosi alla Germania est.

La promessa è stata immediatamente infranta, e quando Gorbaciov ha protestato, gli è stato spiegato che era una promessa fatta solo a voce, quindi senza forza.

Il presidente Clinton ha proceduto a espandere la NATO molto più a est, ai confini della Russia. Oggi ci sono richieste di estendere la NATO anche all’Ucraina, penetrando nella “zona” storica russa. Ma questo “non coinvolge “ i Russi, perché la sua responsabilità di “tutelare la pace e la stabilità” richiede che le linee rosse americane siano ai confini con la Russia.

L’annessione della Crimea da parte dei Russi è stato un atto illegale, in violazione della legge internazionale e di trattati specifici. Non è facile trovare nulla id poaravaredi paragonabile in anni recenti, dato che l’invasione dell’Iraq è un crimine enormemente maggiore.

Però viene in mente un esempio paragonabile: il controllo statunitense della Baia di Guantanamo nella parte sudorientale di Cuba. Guantanamo è stata sottratta a Cuba sotto la minaccia delle armi, nel 1903, e non è stata abbandonata malgrado le richieste che Cuba ha continuato a fare fini da quando ha ottenuto l’indipendenza, nel 1959.

Certamente la Russia ha prove sufficienti molto più forti. Anche mettendo da parte il forte appoggio interno per l’annessione, la Crimea è storicamente russa, ha l’unico porto della Russia con acque calde, che ospita la flotta della Russia; ha anche enorme importanza strategica. Gli Stati Uniti, invece, non hanno alcun diritto su      Guantanamo, se non il loro monopolio della forza.

Un motivo per cui gli Stati Uniti si rifiutano di restituire Guantanamo a Cuba, presumibilmente, è che questo è un porto importante e che il controllo americano della regione  ostacola seriamente lo sviluppo di Cuba. Questo è stato un obiettivo politico importante degli Stati Uniti per 50 anni, che comprende terrore su vasta scala e guerra economica.

Gli Stati Uniti sostengono che sono sconvolti dalle violazioni dei diritti umani cubani, trascurando il fatto che le violazioni peggiori di quel genere sono a Guantanamo, che le valide accuse contro Cuba non si riescono neanche a paragonare con abitudini regolari tra i clienti latino-americani di Washington e che Cuba ha subito attacchi gravi e   continui da parte degli Stati Uniti fin dalla sua indipendenza.

Nessuno di queste violazioni,  supera, però le linee rosse di nessuno o causa una crisi. Rientra nella categoria delle invasioni dell’Indocina e dell’Iraq, dell’abituale rovesciamento di regimi parlamentari e di installazione di dittature brutali,  e del nostro odioso curriculum di altri nostri compiti di “tutela della pace e della stabilità.”

Noam Chomsky è Institute Professor e Professore Emerito di linguistica all’Istituto di Tecnologia del Massachusetts; è autore di moltissimi libri sulla politica estera degli Stati Uniti. Tiene una rubrica mensile per il New  York Times News Syndicate.

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/the-politics-of-red-lines

Originale: New York Times Syndicate

Traduzione di Maria Chiara Starace