Sembra la fine, ma può essere l’inizio. Il coronavirus in Catalogna tra stato d’allarme e reti di vicinato

24 / 3 / 2020

What of the neighbours and the prophets in bars?
What are they saying in our public bazaars?
We are tired of the tune, 'you must not relent'
At every stroke of the bell in the tower, there goes
Another boy from another side
The bulletins that steady come in say those
Familiar words at the top of the hour
The jamming city increases its hum, and those
Terrible words continue to come
Through brass music of government, hear those
Guns tattoo a roll on the drums
No one mentions the neighbouring war
No one knows what their fighting is for
We are tired of the tune, 'you must not relent'

(The Clash – Inoculated City)

Sabato 14 marzo, il giorno dopo la chiusura delle scuole a livello statale e mentre il contatore dei contagi toccava i seimila, Pedro Sánchez dichiarava a reti unificate la proclamazione dello stato d’allarme per la durata massima prevista di due settimane, salvo poi dichiarare domenica 22 marzo il suo prolungamento per due ulteriori settimane. Tale misura, prevista dall’articolo 116 della costituzione del 1978, contempla la possibilità per il governo centrale di limitare gli spostamenti di persone fisiche e le attività commerciali, con la possibilità di requisire beni privati per finalità di uso pubblico[1]: la sua applicazione ha portato la vita collettiva nello stato spagnolo a venire organizzata secondo il modello italiano in vigore dal precedente martedì 10, e alla requisizione delle strutture sanitarie private tanto celebrata dalle sinistre italiane[2], che evidentemente non sono coscienti di come il complesso sistema di privatizzazioni e di concessioni in favore delle assicurazioni sanitarie nello stato spagnolo abbia portato cinque gruppi assicurativi a gestire, con sistemi misti di copertura pubblica e privata, il 65% dei servizi ospedalieri nella sola Catalogna[3].

La misura ha inoltre portato, come in Italia, a un dispiegamento di forze notevole per la repressione delle violazioni del divieto di circolazione: al pomeriggio di venerdì 20 marzo, si potevano contare già trentamila multe e 315 detenzioni di persone in giro per la strada senza un motivo di necessità primaria. Lo strumento usato per identificare i comportamenti a rischio è la specie di “attentato contro la salute pubblica” compresa nella famigerata ley mordaza (“legge museruola”) del 2014, che prevede multe dai 100 ai 600.000€ e che in questo momento si sta applicando a discrezione dei singoli poliziotti impegnati nelle operazioni di pattugliamento, senza un protocollo d’attuazione definito[4].

Soprattutto, però, qui in Catalogna il portato più semanticamente pesante della misura è la sospensione de facto delle autonomie. Chi conosce il contesto avrà notato quanto si sia rarefatta, soprattutto dall’autunno 2017 e massimamente dopo la condanna ai leader indipendentisti dello scorso 14 ottobre con l’ondata di proteste che si scatenò in risposta[5], la relazione tra il regime del ’78 e il suo centralismo autoritario, da un lato, e, dall’altro, una parte appena maggioritaria della popolazione catalana che sta facendo di tutto per allontanarsene. Ora, il Decreto della presidenza di governo del 14 marzo scorso conferisce al governo centrale potestà unica in materia di gestione del territorio e delle politiche sanitarie in relazione all’emergenza, e blocca sul nascere qualunque possibile iniziativa autonoma da parte delle amministrazioni sanitarie delle singole regioni.

Si può facilmente immaginare, dunque, come sia stato preso dalla popolazione catalana l’arrivo della UME (Unidad Militar de Emergencias) in Catalogna lo scorso 19 marzo, arrivo con il quale la divisione medico-sanitaria dell’esercito spagnolo ha completato il quadro simbolico del suo schieramento nelle regioni più politicamente conflittuali nei confronti della costruzione nazionale spagnola: oltre a Madrid, è stato schierato in tutte le comunità autonome che compongono i Països Catalans e l’Euskal Herria, e in Galizia e Andalusia. L’unità medica dell’esercito ha esordito in Catalogna con una performance di igienizzazione dell’aeroporto del Prat, passando in mezzo ai passeggeri in fila come da foto.

Catalogna Coronavirus

Ma i ghostbusters dell’esercito spagnolo sono solo l’aspetto più visibile della nuova stretta statale sulla Catalogna. Non è visibile – ad esempio, dato che sono state sequestrate – la requisizione di mascherine e altro materiale sanitario destinato alla Catalogna da parte della Guardia Civil, annunciata dall’assessora regionale alla Sanità Alba Vergés il 18 marzo in conferenza stampa. Mascherine che erano state regolarmente acquistate dalla conselleria de Sanitat, e il cui sequestro in nome della centralizzazione dei materiali sanitari ne mette a rischio le scorte per tutta la Catalogna[6].

Ma soprattutto, il fattore simbolico che peggio ha contribuito alla serenità della popolazione catalana è stato il discorso che Felipe VI ha dovuto a tutti i costi tenere a reti unificate la sera di mercoledì 18 marzo, coperto da una fortissima cassolada in tutta la Catalogna. Le pentole, unico strumento di protesta politica di massa rimastoci in questi giorni, sono state messe in marcia dalle convocazioni di ANC, Ómnium (i due soggetti dell’indipendentismo pacifista di massa in Catalogna) e CDR; i Comités de Defensa de la República, dopo essere tornati sulla scena della mobilitazione politica di massa in Catalogna lo scorso autunno, hanno poi continuato a convocare giornalmente cassolades, ogni sera alle 21, per far sentire la voce della popolazione su diversi aspetti della gestione estrattivista della pandemia che al pubblico italiano risuoneranno, dalla richiesta della chiusura totale delle attività produttive non essenziali a quella di concentrare la spesa pubblica sulla difesa della sanità, fino alla critica del picco di nazionalismo nel discorso pubblico statale[7].

Non di solo negativo puro vivono i movimenti, comunque. E l’alternativa, come sempre qui, si sta costruendo nei quartieri e a partire dai quartieri, e dalla cura. Il poco che si può fare durante il confinamento imposto dallo stato d’allarme può essere molto, per chi ha difficoltà materiali di vario tipo: si portano pasti, si fa la spesa, si consegnano a domicilio beni di primaria necessità, si portano fuori i componenti non umani delle famiglie, si ritira la spazzatura. Chi pensa che si tratti di cazzate senza importanza, si legga Silvia Federici sul lavoro riproduttivo[8] e si faccia due domande sul proprio ruolo nella sua famiglia nucleare, quantomeno quella di provenienza. Il lavoro riproduttivo è vitale per chiunque, e si basa sulla cura di chi si ha intorno.

E per illustrare questa cura di movimento, possiamo prendere ad esempio l’attività ai tempi del coronavirus dei movimenti di Poble Sec, uno dei quartieri di Barcellona con più tessuto di attivismo di vicinato, dove intorno allo spazio cooperativo della Base si articolano esperienze di movimento di ogni tipo, a partire dal Sindicat de Barri, unica vera forma di difesa delle vicine [NdE: in Catalogna da diverso tempo i movimenti sociali adottano il femminile inclusivo come genere di denominazione collettiva]dalla speculazione immobiliare e dai più generali processi di gentrificazione che stanno assediando il quartiere. Attraverso il canale Telegram @COVIDPobleSec, chiunque può rendere note le proprie necessità, così come chiunque può offrirsi per coprirle. Il Sindicat de Barri sta offrendo consulenza per le situazioni di irregolarità lavorativa nel quartiere e – come sempre – per aiutare chi, anche a causa della crisi lavorativa connessa al virus che ha portato a circa 250.000 ERTO (Expedient de Regulació Temporal d’Ocupació, equivalente della cassa integrazione straordinaria) nella sola Catalogna dall’inizio dello stato d’allarme, potrà avere difficoltà a pagare la mensilità dell’affitto, il mutuo o le bollette. E, per delineare programmi di proposte politiche di ampio respiro, anche da Poble Sec si sta supportando il Pla de Xoc Social stilato dal Sindicat de Llogateres, la principale entità di difesa degli inquilini di Barcellona, che chiede – ad esempio – una moratoria di affitti e mutui, la sospensione del pagamento delle bollette per chi perda entrate a causa del virus, la copertura pubblica del 100% dei salari e la copertura economica del lavoro di cura[9].

Le attività dei quartieri, così come il Pla de Xoc Social, possono essere un esempio di orizzonte politico da cui partire per rivendicazioni che abbiano effetto anche una volta superata l’emergenza. Il coronavirus sembra averci portato alla fine; e se invece fosse un impulso per la costruzione di lotte, in nome della cura di chi si ha intorno – delle persone con cui si condividono gli spazi della quotidianità, anche quando questi spazi vengono momentaneamente soppressi – e del primato della vita sul capitale?


[1] Real Decreto 463/2020, https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2020-3692 .

[2] Luca Tancredi Barone, In Spagna Sánchez chiude i confini e requisisce le cliniche private, “Il Manifesto”, 17/03/2020, https://ilmanifesto.it/in-spagna-sanchez-chiude-i-confini-e-requisisce-le-cliniche-private/ .

[3] Autoritat Catalana de la Competència, Hospitales Privados: Análisis de Concentración en Cataluña, 03/2018, p. 4. http://acco.gencat.cat/web/.content/80_acco/documents/arxius/actuacions/20180605.2-estudi-hospitals-DEF-CAST.pdf .

[4] Danilo Albín, La ley Mordaza, herramienta policial para aplicar miles de multas en el estado de alarma, “Público”, 21/03/2020, https://www.publico.es/politica/crisis-coronavirus-ley-mordaza-herramienta-policial-aplicar-miles-multas-alarma.html .

[5] Francesco Mengo, La Rosa de Foc està que crema, “Global Project”, 17/10/2019, https://www.globalproject.info/it/mondi/la-rosa-de-foc-esta-que-crema/22308 .

[6] Oriol March, La requisa del material sanitari centra l’enfrontament Generalitat-Estat pel coronavirus, “Nació Digital”, 18/03/2020, https://www.naciodigital.cat/noticia/198625/requisa/material/sanitari/centra/enfrontament/generalitat-estat/coronavirus ; G.G.G., L.F, L.B., La centralització de mascaretes posa en risc l’estoc dels hospitals, “Ara”, 18/03/2020, https://www.ara.cat/societat/Govern-explicacions-Sanchez-confiscacio-hospitals_0_2418958209.html .

[7] https://twitter.com/cdrcatoficial?lang=ca

[8] Silvia Federici, Il punto zero della rivoluzione. Lavoro domestico, riproduzione e lotta femminista (Verona: Ombre Corte, 2014).

[9] https://sindicatdellogateres.org/pla-de-xoc-davant-la-crisis-del-covid-19/