Siria - Guerra civile ed elezioni farsa

Dopo 3 anni di guerra, milioni di siriani esodati, in fuga dalla guerra, sono in cerca di una sistemazione, di una nuova vita.

di Bz
13 / 5 / 2014

La guerriglia islamista filo occidentale e quella filo qaedista si è ritirata da Homs, terza città della Siria, dove da 2 anni le milizie insorgenti si confrontavano senza esclusione di colpi con l’esercito siriano, negli ultimi tempi i ribelli erano asserragliati nell’area centrale e storica della città, in cui che tenevano in ostaggio i residenti che non avevano voluto abbandonare le  proprie abitazioni.

La ritirata è stata resa possibile dalla mediazione internazionale che ha avuto per garanti emissari iraniani e russi, che hanno concordato il rilascio di un folto gruppo di prigionieri civili e militari in cambio di un salvacondotto che ha permesso l’evacuazione di circa 1500 miliziani fino nelle aree territoriali controllate dai rispettivi gruppi armati, distanti poche decine di chilometri da Homs.

Così è cominciato un timoroso pellegrinaggio dei cittadini fuggiti alla ricerca di quello che resta delle rispettive abitazioni; gli stessi osservatori internazionali che li hanno seguiti riportano suggestioni da città fantasma, distrutta e piena di buchi e passaggi tra palazzo e palazzo per permettere imboscate e ritirate ai combattenti di tutti gli schieramenti.

Politicamente e militarmente una vittoria importante per Assad, che, così, rafforza il controllo territoriale su quasi tutta la fascia di collegamento con i paesi confinanti e la sua legittimità come unico interlocutore credibile nel panorama della guerra civile siriana, come unico possibile argine all’avanzata dell’integralismo islamico verso il Mediterraneo.

Uno spostamento dei rapporti di forza tra tutte le forze presenti nel quadrante geopolitico medio orientale, in cui l’Europa e gli USA, che alle trattative di ‘pace’ di Ginevra avevano ostinatamente escluso l’Iran, escono con le ossa rotte. Un ribaltamento degli equilibri politici e militari, ottenuto grazie all’appoggio interessato dell’Iran, degli hezbollah libanesi, della Russia, costruito sul massacro della popolazione civile, esodata e fuggita a milioni nei paesi confinanti, in specie Turchia, Libano e Giordania.

Milioni di profughi siriani in fuga che girovagano per le sponde del Mediterraneo in cerca di una sistemazione, posto che la percezione politica tra loro diffusa e condivisa è di una guerra civile di lungo periodo. Molti premono per entrare in Europa, con ogni mezzo a disposizione legale ed illegale, e per farlo si posizionano in Egitto, Libia, Tunisia, Turchia pronti a saltare su una carretta del mare: urge un canale umanitario.

Nello spazio indefinibile tra la coalizione di milizie ribelli, appoggiate dall’Occidente, e l’esercito di Assad, sostenuto da Russia e Iran, si sono inseriti, ormai strutturalmente seppur a macchia di leopardo, i miliziani dello Stato islamico del Levante, che alludono alla formazione di un vero e proprio califfato che dalla periferia di Bagdad arriva a ridosso di Damasco. Un incubo politico per tutta l’area, in particolare per Israele.

Così è iniziata in Siria la campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 3 giugno. Nella prima elezione a più candidati che la recente storia della Repubblica araba di Siria ricordi, il presidente in carica Bashar al-Assad è quasi certamente destinato a spazzare via i suoi concorrenti semisconosciuti e a vincere ancora una volta. Elezioni farsa, dove i concorrenti sono un bluff ridicolo.

Lo  sfidante di Assad, è l’uomo d’affari di Damasco Hassan al-Nouri, per lui gli obiettivi elettorali sono concentrati sulla sterzata all’economia e sul ruolo della classe media nel Paese. L’altro, senza alcuna chance è il rappresentante del partito comunista siriano, da sempre ammanicato col potere degli Assad, Maher Hajjar: un ras nel suo feudo, la città semidistrutta di Aleppo.