Sparatoria a Bratislava in un bar LGBTQ+: un giovane neofascista ha ucciso due persone

Questo articolo nasce come selezione di testi da articoli in ceco e slovacco, principalmente da fonti indipendenti come Voxpot, Deník Referendum, A2larm, Deník N.

18 / 10 / 2022

“Ho deciso, lo faccio”. Queste le parole scritte dallo user NTMA0315 mercoledì sera su Twitter. Due ore dopo la Slovacchia è stata sommersa dalle notizie su una sparatoria a Bratislava. Vicino a un bar LGBTQ+ hanno perso la vita due persone. Non si è trattato di un caso, l’autore del crimine ha pubblicato in contemporanea il suo manifesto ideologico sul web. 

Molte personalità di spicco nel contesto slovacco hanno condannato l’accaduto. Tra i politici e i commentatori è in corso un dibattito sul background culturale del ragazzo che ha sparato, cioè se si tratti soltanto di una persona confusa ed ispiratasi alle ideologie neonaziste e a simili attacchi negli USA, o se l’atmosfera conservatrice slovacca abbia giocato la sua parte. C’è da considerare che le opinioni ostili verso l’immigrazione, la parità di genere e la tematica LGBTQ+ sono presenti sia tra i partiti al governo che tra una parte di quelli all’opposizione.

I giornali parlano genericamente delle vittime come di due uomini gay. Matúš Horvát e Juraj Vankulič erano due amicə di 30 anni. Matúš era bisex, Juraj era non-binariə. Matúš lavorava dietro al bancone del bar Tepláreň, sopra citato.

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A sparare è stato un ragazzo appena maggiorenne, figlio di un politico e imprenditore che si era candidato alle ultime presidenziali con il partito nazionalista Vlasť (Patria), l’ex magistrato ed ex ministro della giustizia Štefan Harabin. Proprio al padre appartiene l’arma da fuoco del delitto, ottenuta legalmente. La madre del ragazzo si espone pubblicamente a favore delle politiche imperialiste russe. Parliamo di un ambiente famigliare che normalizza il razzismo e accetta il complottismo. Il giovane infatti, come il padre, supportava e diffondeva teorie del complotto. Lo testimonia il manifesto di sessantacinque pagine che ha lasciato. All’indomani della sparatoria si è ucciso, dopo aver confessato sui social media di essere il responsabile del crimine.

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Juraj K. (così si chiamava l’autore della sparatoria) credeva che il mondo fosse governato dagli ebrei, attraverso un complotto che comprende “l’aumento dell’immigrazione non-bianca in Europa e USA” e la diffusione concertata di “devianze di tutte le forme” tra cui “omosessualità e transgenderismo”. “Se le condizioni glielo avessero permesso” il teenager avrebbe dato via ad un massacro in un edificio dove si incontrano degli ebrei ortodossi, da lì si sarebbe poi spostato al locale LGBTQ+ Tepláreň. La sparatoria era stata infatti pianificata almeno due settimane prima, cosa pubblicamente nota giacché Juraj K. aveva postato le foto del bar sui social.

Suo padre Štefan, similmente, è convinto che la causa di tutti i problemi del suo Paese siano “gli altri”. Immigrati, ONG, politici corrotti. Il suo ruolo nella creazione di un sistema giudiziario non poi così giusto è stato mostrato da Zuzana Piussi nel documentario “La malattia del terzo potere”, che l’autrice ha messo a disposizione gratuitamente in occasione delle ultime presidenziali, appunto. Harabin aveva inaugurato la sua campagna elettorale dicendo che avrebbe fermato la propaganda LGBTQ+, l’ideologia gender, la pedofilia e la disgregazione della famiglia.

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Le idee radicali del giovane neofascista hanno però radici anche altrove, non solo in famiglia. Per farla breve, su internet, ma per la precisione sappiamo che Juraj K. raccoglieva le sue informazioni sulle piattaforme 4chan e 8chan, popolate dall’estrema destra di tutto il mondo.

Nel suo manifesto Juraj dice esplicitamente che gli ebrei, e coloro che supportano la sovversione delle nazioni, devono morire. Le sue posizioni fanno parte del discorso del suprematismo bianco, e spesso usa nel testo la sigla “ZOG”, cioè “Zionist Occupied Government”, rifacendosi ai movimenti neonazisti americani della seconda metà del secolo scorso. Per esempio, al gruppo terroristico The Order, attivo negli anni 1983-84 e famoso per l’omicidio di Alan Berg, conduttore radiofonico di origine ebrea.

Nel manifesto viene nominata la teoria della Grande Sostituzione, secondo la quale l’immigrazione di massa è il risultato di un complotto per sostituire i bianchi americani ed europei con persone di altre etnie. Sulla base di questa teoria ha agito anche il diciottenne che a maggio ha ucciso dieci persone afroamericane a Buffalo, New York. Anche a lui si è apertamente ispirato Juraj K.

Ci sono poi le teorie complottiste raccolte sotto il nome di QAnon, secondo le quali il Partito Democratico statunitense pullula di pedofili satanisti e cannibalisti. A tali teorie, che propagano anche l’antisemitismo e la discriminazione di genere, si appoggiano alcuni politici repubblicani, compreso il loro eroe Trump.

Juraj K. però sostiene che non si possa credere alla venuta di “armate di patrioti” per stabilire il nuovo ordine. QAnon potrebbe essere - secondo lui – un’opera dei servizi segreti tesa a portare i credenti alla passività. L’unica soluzione è l’azione armata individuale.

Tra le persone che hanno aiutato Juraj K. ad “aprire gli occhi” ci sono Brenton Tarrant, che nel 2019 ha ucciso 51 persone nelle moschee di Christchurch (Nuova Zelanda), e John Earnest, autore di un attacco in una sinagoga a San Diego, California. Il ragazzo sperava di ispirare a sua volta altre persone che si sentono lontane dai valori del mondo liberal, che vi ci sentono un po’ perse, ma che di certo non sono lupi solitari e isolati, come documentano le piattaforme imageboard dove si fanno forza a vicenda.

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Più di una persona ha commentato i tweet di Juraj K. chiedendo video e livestream del suo attacco. Non significa che adesso omicidi di questo tipo saranno all’ordine del giorno, ma in un momento in cui i partiti d’estrema destra stanno guadagnando terreno su tutto il continente non possiamo che temere una normalizzazione di certe ideologie.

Il Pride di Praga quest’anno si è svolto senza incidenti, se non qualche singolo molestatore, ma appena tre anni fa alcuni uomini avevano dato fuoco alle bandiere arcobaleno e uno aveva poi attaccato la folla con dei fuochi artificiali. Nella città di Most invece gli organizzatori del Pride hanno ricevuto minacce di ogni tipo, di attacchi incendiari, spari e botte.

La sera prima del Pride di Oslo, due persone sono state uccise al gay bar London Pub mentre altre venti sono state ferite. Quest’anno si festeggiavano i cinquant’anni dalla decriminalizzazione dell’omosessualità in Norvegia. A Belgrado, l’EuroPride è stato interrotto dalla polizia e, quando è ripartito, l’hanno accompagnato le intimidazioni degli estremisti di destra e di altri gruppi ostili.

“Vogliamo solo vivere normalmente e avere pari diritti“, scrive Kristina Němcová nel suo articolo per A2larm, giornale d’opinione ceco. “Purtroppo, i nostri diritti diventano spesso oggetto di guerre culturali e lotte politiche, i politici ci trattano come fantocci. […] I discorsi sulla difesa della famiglia tradizionale, e quelli che si riferiscono all’omosessualità come a un orientamento subalterno, fanno di noi dei bersagli. E noi non vogliamo più avere paura”.

**In copertina: Majda Slamova