Sudan - Dopo il violento sgombero del presidio di Khartoum, i rivoluzionari sudanesi bloccano le strade e danno inizio alla disobbedienza civile

7 / 6 / 2019

Traduciamo questo articolo sulla situazione in Sudan pubblicato dal giornale online Mada Masr. All’alba di lunedì 3 giugno, le forze dell’ordine sudanesi hanno sgomberato brutalmente il presidio rivoluzionario di fronte al quartier generale dell’esercito nella capitale Khartoum. I militari hanno sparato sui manifestanti e il bilancio dei morti si è costantemente aggravato negli ultimi giorni, superando le cento vittime dopo che decine di corpi sono stati estratti dal Nilo. Nel dicembre 2018, un movimento popolare per la democrazia e la giustizia sociale aveva dato vita a una serie di proteste che hanno portato, l’11 aprile 2019, alla rimozione del dittatore Omar al-Bashir, un militare islamista al potere da trent’anni. Un Consiglio militare transizionale guidato dal generale Abdel Fatah al-Burhan si è così collocato ai vertici dello stato e ha avviato le trattative con l’opposizione, guidata dalla Coalizione per la libertà e il cambiamento. Le negoziazioni sono però giunte a un punto morto nel corso di maggio e così la giunta ha deciso la prova di forza. Il ruolo di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti – nonché dell’Egitto il cui attuale regime è esso stesso il frutto dell’ingerenza delle due petromonarchie – era già noto ma è diventato ancora più evidente quando a fine maggio il generale Burhan ha visitato l’Egitto e gli Emirati per decidere sul da farsi. I movimenti di base hanno però lanciato un appello alla disobbedienza civile e allo sciopero generale. Traduzione di Lorenzo Feltrin.

“Soldati armati mi hanno gettato sul retro di un mezzo militare e mi hanno picchiato con il calcio dei fucili. Il sangue ha intriso i miei vestiti mentre il veicolo correva al distretto di Bori, a est di Khartoum, dove mi hanno buttato fuori e mi hanno abbandonato sanguinante al margine della strada, prima che un gruppo di rivoluzionari mi portasse all’Ospedale Yabstashiroun. Subito dopo che i medici avevano messo i punti sulle mie ferite, i Reparti celere [Rapid Support Forces] hanno attaccato l’ospedale ma i dottori sono riusciti a nascondermi sotto il tavolo sul quale lavoravano”.

Bakri Othman, 28 anni, con la testa e le mani avvolte in garze mediche, ricorda così gli avvenimenti di lunedì all’alba, dopo che i Reparti celere hanno caricato il presidio all’esterno del quartier generale dell’esercito a Khartoum, capitale del Sudan, e hanno disperso i manifestanti aprendo il fuoco su di loro. Il numero di morti è arrivato a 35 [nelle ultime ore il bilancio è salito a oltre cento morti] e più di 150 feriti, secondo il Sindacato dei dottori sudanesi. “La violenza che ho visto quando i Reparti celere hanno attaccato i presidi e quando sono stato violentemente aggredito durante il mio arresto ci hanno solo reso più determinati a resistere con metodi pacifici” aggiunge Othman.

A Khartoum, i manifestanti hanno eretto barricate per migliaia di chilometri di strade della capitale come reazione allo sgombero violento del presidio. “L’unica opzione che abbiamo è quella di tenere queste barricate e paralizzare completamente il paese, in seguito agli appelli dell’opposizione e alla rottura degli accordi da parte del consiglio militare” dice Othman mentre ricostruisce le barricate nel quartiere di Jabra, a Khartoum Est.

In seguito allo sgombero del presidio, l’Associazione dei professionisti sudanesi, che è stata un’organizzazione chiave nelle proteste, ha fatto appello alla disobbedienza civile totale e rinnovato la sua proposta di uno sciopero generale dei lavoratori dopo la festività dell’Eid al-Fitr, che è cominciata martedì. Blocchi parziali di internet e di altre infrastrutture mediatiche continuano per il secondo giorno di fila.

Ismael al-Taj, portaparola dell’associazione, ha dichiarato a Mada Masr che la paralisi della capitale e di altre città dimostra il successo della disobbedienza civile pianificata. Secondo al-Taj, la disobbedienza civile si intensificherà domenica, al termine del periodo festivo, quando gli impiegati di settori strategici come le banche e il giudiziario si uniranno alle proteste.

Al-Taj ha aggiunto che il Sudan vive in uno stato di indignazione in seguito alla decisione del Consiglio militare transizionale, ora al potere, di ritirarsi dall’accordo raggiunto con la Coalizione per la libertà e il cambiamento, che rappresenta l’opposizione sudanese. I ripetuti attacchi da parte dei Reparti celere contro gruppi di civili faranno solamente aumentare la rabbia, soprattutto a Khartoum dove le forze dell’ordine hanno sparato sui manifestanti e picchiato la gente con le fruste, dice al-Taj.

L’Ospedale Yabstashiroun non è l’unica struttura medica che sta curando manifestanti e che ha subito attacchi da parte delle forze dell’ordine. Secondo testimoni oculari, anche l’Ospedale al-Moalem e l’Ospedale reale, nelle vicinanze del presidio, sono stati attaccati. Le forze dell’ordine hanno caricato e aggredito il personale medico degli ospedali East Nile e al-Jawda dopo che i dottori avevano annunciato che avrebbero curato i manifestanti feriti nonostante gli ospedali non fossero collocati vicino al presidio.

Secondo l’attivista Marwan Said, le forze dell’ordine hanno circondato gli ospedali da campo del presidio e hanno impedito ai paramedici di portarvi i feriti. “Ho visto un veicolo militare tirare una granata a un’ambulanza nel presidio” ha detto.

I Reparti celere sono stati istituiti nel 2013 dal governo sudanese per combattere un aumento delle attività da parte dei ribelli del Darfur nel Sudan occidentale. Nel 2017, essi sono stati integrati nell’esercito sotto la direzione di Mohamed Hamdan Dagolo, meglio noto come Hemmeti, che fa ora parte della leadership del Consiglio militare transizionale.

A metà maggio, il Consiglio militare transizionale e la Coalizione per la libertà e il cambiamento avevano raggiunto un accordo preliminare per una transizione a un governo civile, con un periodo transizionale di tre anni e la formazione di un organo legislativo civile composto da trecento membri. Tuttavia, non è stato raggiunto un accordo sulla composizione dei vertici dello stato durante la fase transizionale.

Martedì mattina, il luogotenente generale Abdel Fatah al-Burhan, presidente del Consiglio militare transizionale, ha annunciato alla televisione che, in seguito allo sgombero del presidio avvenuto lunedì, le trattative con l’opposizione sono sospese e nuove elezioni si terranno in nove mesi. L’annuncio di Burhan, nonché il violento sgombero del presidio che l’ha preceduto, è avvenuto pochi giorni dopo la sua visita del 25 maggio al Cairo, dove ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi. Il giorno seguente, Burhan ha visitato il principe ereditario di Abu Dhabi Mohamed bin Zayed negli Emirati Arabi Uniti.

Nel frattempo, nella città orientale di Port Sudan, i lavoratori del principale porto di mare hanno dato il via a uno sciopero illimitato. Abdel Latif Owshik, impiegato all’autorità portuale, ha detto che “i lavoratori del porto hanno cominciato uno sciopero intersettoriale in seguito all’appello alla disobbedienza civile lanciato dall’opposizione e per condannare il violento sgombero di migliaia di cittadini sudanesi che protestavano di fronte al quartier generale dell’esercito”.

Tre vittime degli attacchi dei Reparti celere hanno detto a Mada Masr che membri di questi apparati stanno pattugliando il quartiere centrale di Khartoum, Hila Jadida, rimuovendo le barricate e attaccando i civili, sequestrando i loro telefoni e confiscandogli il denaro. Mada Masr ha anche testimoniato alla rimozione delle barricate da parte dei Reparti celere, con soldati in cima ai veicoli militari che stringono la pistola in una mano e la frusta nell’altra, ordinando ai passanti di smantellare le barriere sotto la minaccia delle armi. Tuttavia, i consigli della gioventù e delle donne di Hila Jadida si sono organizzati e hanno ricostruito le barricate un’altra volta.

Martedì, la Coalizione per la libertà e il cambiamento ha fatto appello ai cittadini sudanesi per un funerale in absentia delle vittime della repressione, durante le preghiere per l’Eid al-Fitr. Migliaia di sudanesi hanno risposto alla chiamata in numerose moschee e spazi pubblici di Khartoum e altre città. Tuttavia, le forze di sicurezza hanno sparato lacrimogeni in diversi casi e impedito di assembrarsi a molti cittadini che volevano pregare per le vittime della repressione dopo la preghiera normale, secondo i testimoni oculari che hanno parlato con Mada Masr.

Al-Taj ha detto a Mada Masr che l’annuncio di elezioni da parte di Burhan e il suo elogio dell’operato delle forze dell’ordine dopo l’attacco al presidio hanno messo il consiglio militare in una situazione di scontro frontale con il popolo sudanese. “Il popolo sudanese non rimarrà silenzioso di fronte agli abusi sfacciati delle milizie. Noi della Coalizione per la libertà e il cambiamento lavoreremo con la gente per rafforzare ulteriormente la nostra posizione fino all’ottenimento di un governo civile”.