Fortissime anche ieri le proteste contro il giro di vite attuato da Morsi. Tre cortei nel centro della capitale sono confluiti in Piazza Tahir, ad Alessandria ci sono stati scontri con i sostenitori del Governo e a Mahalla, nel Delta, ci sono stati gravi incidenti.
Le opposizioni denunciano come il decreto del Presidente, non a caso emanato dopo essersi accreditato anche internazionalmente con la mediazione su Gaza, che accentra i poteri nelle sue mani, si configura come un golpe strisciante. Le piazze piene, soprattutto di giovani attestano come la transizione in Egitto sia un processo tutto da definire ed anche che il vento di libertà della primavera araba non ha ancora smesso di alimentare la protesta.
Tahrir, il «giorno dei milioni»
La piazza fa il dissenso.Lo sanno bene gli attivisti egiziani. Sono le strade a formare le
coscienze di chi si oppone a imposizioni autoritarie. Ed è tanto più
vero dopo la manifestazioni di ieri, nella grande protesta contro il
decreto presidenziale: la dichiarazione pigliatutto di Morsi che ha
spaccato il paese. Tra i vicoli dei centri urbani, così come nelle
campagne del Delta del Nilo, è montato il risentimento contro chi nulla
concede alla piazza. Se le riforme costituzionali di Mubarak erano
opposte da un timido dissenso, le decisioni del presidente
«rivoluzionario» sono sottoposte al vaglio delle strade e non ci sono
sconti.
Migliaia di manifestanti si sono raccolti ieri a Tahrir
partendo da vari punti della città. Decine di partiti e movimenti della
società civile hanno partecipato alle manifestazioni: Khaled Ali,
l'unico candidato comunista alle passate elezioni presidenziali, è
arrivato in piazza guidando un corteo che è partito nell'area
industriale e operaia del nord del Cairo. «Pane, libertà, abbasso
l'Assemblea costituente», urlavano questi attivisti. Altri più avanti
gridavano: «Loro (i Fratelli musulmani, ndr) dicono che siamo una
minoranza, noi facciamo la marcia dei milioni».
I giovani del
movimento 6 aprile e i socialisti del Tagammu si sono incontrati nel
pomeriggio intorno alla moschea Fatah, nel centro della città, per
iniziare la loro marcia verso Tahrir. Sugli striscioni si leggevano dure
frasi di opposizione alla dichiarazione costituzionale. I liberali si
sono dati appuntamento invece nei pressi dell'università di Ayn Shamps
insieme a decine di studenti. L'esponente del partito degli egiziani
liberi, Mohamed al-Koumy, ha detto: «costringeremo il regime alle
dimissioni, ci prepariamo ad un sit-in e allo sciopero generale».
Durante la marcia verso Tahrir, è arrivata la notizia della morte di
Fathy Gharib. Il sessantenne è stato ucciso dopo aver respirato gas
lacrimogeni negli attacchi contro i manifestanti che hanno avuto luogo
la mattina di martedì avanti al ministero dell'interno in via Sheykh
Rihan al Cairo. «Morsi è Mubarak. Anche lui ordina di sparare contro la
folla», ha detto Mohamed Shaaban, un avvocato che prendeva parte al
corteo. Tuttavia, gli islamisti hanno negato ogni responsabilità nelle
violenze. «Le forze dell'ordine - ha fatto sapere, Usama Ismail,
dirigente del ministero degli interni - hanno in dotazione solo gas
lacrimogeni e le direttive del ministro sono per la massima
moderazione».
In piazza Tahrir, sono arrivati anche i leader laici
da Amr Moussa a Mohammed el-Baradei. Hanno preso parte alle
manifestazioni la quasi totalità dei giudici e dei pubblici ministeri
egiziani. Mentre si teneva una riunione straordinaria del consiglio
della magistratura per valutare il prossimo passo nell'opposizione al
decreto. «Ha più poteri lui (Morsi, ndr) di un faraone, è una presa in
giro della rivoluzione che lo ha portato al potere», ha insistito
Mohammed el-Baradei. Il leader liberale ha difeso poi tutti i politici
(30 su 100) che si sono ritirati dall'Assemblea costituente in segno di
protesta contro il decreto Morsi. «Temiamo che i Fratelli musulmani
vogliano far passare un documento che marginalizzi i diritti delle donne
e delle minoranze religiose», ha accusato el-Baradei. Tra la folla di
Tahrir, c'era anche il presidente della giuria del festival
internazionale del cinema del Cairo, Marco Muller. L'apertura del
festival è stata spostata a oggi a causa delle proteste, ma molti
cineasti egiziani hanno deciso di ritirare i loro film in segno di
critica verso la decisione del presidente.
Manifestazioni simili a
quella del Cairo si sono svolte a Suez, Luxor, Beni Suif e nelle città
del Delta. A Tanta e Mahalla ci sono stati scontri fra sostenitori dei
Fratelli musulmani e oppositori di Morsi. Secondo testimoni, nel
governatorato di Gharbeya un fitto lancio di bottiglie incendiarie ha
reso lo scontro cruento, causando decine di feriti. Tranne alcuni
giovani del movimento, sostenuti dal vicepresidente del movimento Essam
el-Arian, i Fratelli musulmani non sono scesi in piazza e hanno sminuito
la portata delle proteste. Ma la piazza ha fatto la sua parte e ha
motivato gli egiziani a non arrendersi ad un nuovo autoritarismo.
Nuove proteste a Piazza Tahrir
Decine di migliaia di persone stanno di nuovo protestando al Cairo contro le riforme approvate il 22 novembre dal presidente egiziano Mohamed Morsi. I manifestanti, riuniti in piazza Tahrir, accusano il presidente e il suo partito, i Fratelli musulmani, di aver tradito la rivoluzione dello scorso anno.
Violente proteste erano già scoppiate il 23 novembre, riempiendo il centro della capitale egiziana. La polizia ha reagito sparando dei lacrimogeni e un uomo è morto per un attacco di cuore dopo aver respirato il gas. Il popolo contesta il decreto costituzionale di Morsi, che estende i poteri del presidente impedendo a qualsiasi tribunale di contrapporsi alle sue decisioni. Una riforma che di fatto lo sottrae al potere di controllo della magistratura.
“Non vogliamo una nuova dittatura. Il regime di Mubarak era una dittatura. Abbiamo fatto una rivoluzione per ottenere giustizia e libertà”, ha dichiarato un manifestante. Le proteste sono in corso anche ad Alessandria d’Egitto. Il resoconto della Bbc.
“Non esistono dittatori temporanei. Tutte le leggi autoritarie vengono imposte con la pretesa che siano temporanee, ma alla fine prendono il potere per sempre. Se permetti a un dittatore di sospendere la legge per un giorno, sarà un dittatore per sempre”, ha commentato lo scrittore Alaa al Aswany. Il link all’articolo completo, in arabo.