Tunisia - Opporsi ai regimi

La testimonianza di Sofien Bouzizi sulla repressione di coloro che si sono opposti al regime di Ben Alì e che hanno portato alla sua caduta.

26 / 4 / 2014

Dicembre del 2010: centinaia di giovani scendono in piazza per opporsi alla corruzione e alla strategia economica dell’RCD. La volontà di affermare la superiorità della legge e di ristabilire l’ ordine pubblico, ha portato il regime di Ben Ali ad utilizzare una politica violenta fondata sulla repressione che  il 24/12/2010 ha visto la polizia utilizzare per la prima volta armi da fuoco sui manifestanti.
Questo scandalo, come ci racconta Jasser giovane disoccupato, membro dell’UDC (Unione dei Disoccupati Laureati) e attivista del media-center di Menzel Bouzayenne, invece che reprimere le proteste ha rafforzato la composizione della piazza vedendo come protagonisti non solo più giovani uomini, ma anche donne. Numerose madri, mogli e ragazze si sono infatti mobilitate per protestare contro il regime e per lamentare la morte dei propri “vicini”.
Tutte queste rivolte hanno portato alla caduta del regime di ben Ali, ma non hanno risolto il problema della repressione e delle campagne punitive sui manifestanti. Questi infatti sono stati fin da subito individuati e perseguitati. Capi di accusa pesanti quali terrorismo, violenza contro lo stato e contro la polizia gravano sui giovani disoccupati che si vedono continuamente incarcerati senza nessuna colpa effettiva.
Un caso testimone di queste ingiustizie, incontrato a Menzel Bouzayenne, è quello di Sofien Bouazizi, colpevole di aver organizzato un sit-in dopo l’ uccisione di Mohamed Brahmi nel Luglio del 2013. Il suo solo crimine, come tutti gli altri militanti accusati, è quello di avere rivendicato giustizia, dignità e uguaglianza. Sofien è appena stato liberato senza tuttora conoscere il motivo per il quale era incarcerato. Per affrontare questo clima di repressione e per rivendicare la legittimità degli atti rivoluzionari gli attivisti della regione di Sidi Bouzid stanno portando avanti la campagna “Anch’io ho bruciato la caserma della Guardia Nazionale
Gli attivisti tunisini si dimostrano determinati e intenzionati a continuare a lottare anche  con dinamiche “radicali” che vengono considerate rivoluzionarie, ma che al tempo stesso sono le uniche possibili ed efficaci in grado di portare ad un’ effettiva conquista di diritti fondamentali, che a tre anni dalla rivoluzione sono ancora negati.

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