Una sorpresa, nel quarto giorno di votazioni della nuova Carta Fondamentale: la parità di diritti, infatti, non solo decreta la vittoria delle pressioni dei laici sui voleri della maggioranza islamista, ma rappresenta una scelta unica nel mondo arabo

Tunisia: parità uomo donna

Approvata l'art.20 della Costituzione dall'Assemblea Costituente

7 / 1 / 2014

E' un primo passo, posto che la norma è stata votata solo dall'Assemblea Costituente e che per la conclusione dell'iter costituzionale ci vorra ancora tempo. Ma è un passo significativo: per la prima volta si oltrepassa lo scoglio sociale e religioso della concezione del ruolo civile della donna nelle società islamiche.

Lo è ancor di più a fronte dell'arretramento generale sulle tematiche dei diritti civili in tutti i paesi attraversati dalle primavere arabe, neppure per la Tunisia era scontato questo risultato a fronte dei ripetuti colpi di mano agiti dalla formazione Ennhada e dagli integralisti salafiti.

Naturalmente non è tutto oro quello che luccica, così l'art.20 con la sua stringata definizione lascia ampi margini interpretativi che possono creare una infinità di declinazioni e, in tal senso, sono giuste le critiche e le richieste avanzate dai gruppi sociali e dalle associazioni tunisine, che più guardano alle dichiarazioni dei diritti civili e di genere europei.

"Tutti i cittadini e le cittadine hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Sono uguali davanti alla legge senza discriminazione alcuna". Così sancisce l'articolo 20 della bozza della Costituzione tunisina, approvato ieri dall'Assemblea costituente con 159 deputati a favore su un totale di 169. Una sorpresa, nel quarto giorno di votazioni della nuova Carta Fondamentale: la parità di diritti, infatti, non solo decreta la vittoria delle pressioni dei laici sui voleri della maggioranza islamista, ma rappresenta una scelta unica nel mondo arabo. A tre anni dalla "rivoluzione dei gelsomini", la miccia tunisina delle future sollevazioni note come "primavera araba", Tunisi si riconferma come pioniera dei movimenti di democratizzazione inaugurati con la cacciata di Ben Ali: dalla vittoria degli islamisti moderati di Ennahda alle prime elezioni libere nell'ottobre 2011, al tentativo di alcune frange estremiste islamiche di mettere le mani sullo Paese, fino alla caduta del governo Ennahda e alla formazione di un esecutivo di transizione d'accordo con le opposizioni laiche. Il compromesso tunisino si gioca ora sulla Costituzione. La Tunisia, pur senza averlo mai scritto nella Carta costituzionale, dal 1956 è stato il primo paese a tutelare i diritti delle donne con l'adozione del Codice di Statuto Personale: un testo che garantisce alle donne il diritto al voto e all'eleggibilità, richiede il loro consenso per il matrimonio, abolisce il ripudio e introduce la procedura di divorzio, proibisce la poligamia, stabilisce l'età minima per il matrimonio a 20 anni per gli uomini e 17 per le donne, legalizza la contraccezione e l'aborto. Un pacchetto di diritti messi in pericolo nel 2012, quando Ennahada aveva annunciato di voler inserire nella Costituzione il concetto islamico di "complementarità uomo-donna", abbandonato per la portata delle proteste dell'opposizione e della popolazione. Ma non è l'unica vittoria dell'opposizione laica. Fuori dalla Costituzione resta infatti la Shari'a (la legge islamica, ndr) come base del diritto nel Paese: l'Assemblea ha votato contro i due emendamenti che indicavano sia l'Islam che il Corano e la Sunna come "fonti principali della legislazione". La Costituente si è anche espressa contro il reato di "apostasia", caldeggiato dagli esponenti islamici più estremisti ma strenuamente contrastato dall'opposizione laica, grazie anche all'intervento di un eletto che ha dichiarato di essere stato minacciato ed etichettato come "nemico dell'Islam". Proprio l'opposizione lo scorso anno ha perso due dei suoi maggiori esponenti, Chokri Belaid e Mohammed Brahmi, impegnati a lottare contro la deriva islamista presa dalla rivoluzione tunisina. Non solo Islam, ma anche i diritti umani sono stati affrontati nella bozza: domenica è stato approvato l'articolo che garantisce "la libertà di opinione, di pensiero, di espressione e di informazione". E' passata anche la parte riguardante i diritti dei processati e l'esenzione dalla prescrizione del reato di tortura: articoli simbolici, dopo più di cinque decenni di dittatura. Un articolo a parte salva la pena di morte che, seppur mai praticata a partire dal 1990, si piazza saldamente nella Costituzione della nuova Tunisia: "Il diritto alla vita è sacro. Nessuno può pregiudicarlo se non nei casi estremi stabiliti dalla legge". Il compromesso tra islamici e laici, arrivato al suo quinto giorno di votazione articolo per articolo tra litigi e speranze, lascia tirare alla piazza un sospiro di sollievo. "Possiamo dire che Ennahda ha dimostrato che si trattava di un movimento moderato - ha commentato all'AFP Sami Brahim, ricercatore in civilizzazione islamica - ma possiamo anche dire che non aveva scelta, perché la società tunisina è moderna e progressista". Frenano l'entusiasmo, invece, le Ong: Human Rights Watch e Amnesty hanno infatti criticato l'articolo 20 sull'eguaglianza uomo-donna, essendo il termine "cittadini", a detta loro, "troppo semplicistico", in cui manca qualsiasi riferimento ad altri tipi di discriminazione. "L'articolo 20 dovrebbe specificare che la discriminazione, diretta e indiretta, è proibita per quanto riguarda motivi di razza, colore, sesso, lingua, religione , opinione politica o di altro" hanno spiegato in un comunicato congiunto le organizzazioni internazionali. La partita è ancora aperta, aspettando l'approvazione finale della Carta o, qualora non fosse approvata dai due terzi dell'Assemblea, il Referendum.