Turchia e bande jihadiste prendono il controllo di Ras al-Ayn in Siria

L’assedio di Serekaniye (Ras al-Ayn in arabo) segnerebbe il primo grande progresso della Turchia nelle battaglie per cacciare i combattenti curdi siriani dal confine.

21 / 10 / 2019

Si chiama “Fonte di pace” ma non è che l’ennesima offensiva. Si chiama “Fonte di pace” e si traduce in pesanti attacchi e raid aerei sulla popolazione civile del Rojava. Non c’è spazio per la tregua e Erdogan va avanti per la sua strada: «Spaccherò le teste dei curdi», ha dichiarato.

Proprio ieri, i comandi delle Forze Siriane Democratiche (SDF), tramite l’annuncio del portavoce Kino Gabriel, hanno confermato la notizia che tutti i combattenti e i civili intrappolati nella città di Serekaniye (Ras al-Ayn in arabo) sono stati evacuati permettendo così alla Turchia e alle bande jihadiste di prendere il controllo di una delle città al centro dell’offensiva contro in Nord Est Siria, lanciata da Erdogan in seguito all’accordo con Trump sul ritiro dei militari Usa dalle zone di confine con la Turchia.

La città resisteva ormai da oltre 12 giorni alle incursioni turche, ma l’accerchiamento totale e gli incessanti bombardamenti, anche a mezzo di armi chimiche come il fosforo bianco, hanno messo in ginocchio la città. Le SDF per giorni avevano chiesto l’apertura di un corridoio umanitario per permettere ai civili di lasciare la città ma la richiesta era stata più volte rifiutata e le ambulanze ed i mezzi di soccorso sono stati colpiti dai tiri di artiglieria.

Una volta evacuata la città le bande jihadiste non si sono smentite e come già successo ad Afrin e nelle altre città passate sotto il loro controllo, sono cominciati i saccheggi e gli abusi. Foto e video sono facilmente reperibili a riguardo.

L’operazione di evacuazione è stata garantita dall’accordo siglato ad Ankara la settimana scorsa tra il vice presidente americano Pence ed Erdogan, i quali si sono impegnati a fermare le ostilità per cinque giorni, ponendo come base il ritiro delle SDF dalle aree di confine per essere ricollocate al di fuori della fascia dei 30 km. Nonostante questo accordo sia stato salutato in pompa magna dal mondo interno come soluzione all’aggressione turca del Rojava, sul campo i bombardamenti e i combattimenti non sono mai veramente finiti, a dimostrazione dell’affidabilità dei comandi turchi.

Cadute Serenaniye e Tal Abyad, città simbolo della resistenza e della rivoluzione (la prima fu una delle prime città ad insorgere contro Assad, la seconda è stata per molto tempo hub logistico di Isis e con la sua conquista da parte delle Ypg/Ypj è iniziato il declino del Califfato) sembra che le mire turche e jihadiste si siano rivolgendo verso ovest, verso Kobane e le sue campagne.

Se dal punto di vista militare la situazione è questa, mentre si attende la fine del cessate il fuoco per capire come e con quale intensità riprenderà l’attacco turco al Rojava, dal lato politico poco si muove.

Erdogan infatti incassa con successo l’accordo con Pence, dimostrando di poter disporre a piacimento dell’alleato Usa per i suoi scopi di invasione. La sua furbizia e la capacità di leggere il momento, permette al presidente turco di potersi sedere ai vari tavoli con un certo bagaglio di punti geopolitici da giocare. Il presidente turco, infatti, in settimana incontrerà il presidente russo Putin con cui discuterà del dispiegamento delle forze siriane, ma lo farà a suo piacimento perché, attraverso la stampa turca, ha fatto sapere che niente e nessuno potrà interporsi alle volontà espansionistiche di Ankara in Siria del Nord.

Tutto questo avviene mente viene confermato il ritiro dei mezzi e di tutto il personale americano presente in Rojava. Diversi convogli sono stati ripresi mentre si dirigevano verso Qamishlo, dove sono stati accolti dai i cittadini con lancio di verdura e pietre, e la frontiera di Semalka. Da fonti Usa sembra che questi uomini e mezzi verrano dispiegati appena al di là del confine, nel Kurdistan Bashur. Un continuo cambio di idea e strategie, l’ennesimo cambiamento di linea deciso da Trump nelle ultime settimane. Sulla pelle dei civili.

*** In copertina Civili siriani scappano dai bombardamenti turchi a Ras al Ayn (AP Photo/Baderkhan Ahmad)