Turchia - Weekend di fuoco, Lgbt Pride-parade e assemblee: la rivolta continua

"se non posso ballare allora non è la mia rivoluzione"

1 / 7 / 2013

Ancora una volta si infiammano le proteste nella culla dell’ Anatolia.

Sabato mattina la cittadina Lice, nella provincia di Dyarbakir ( capitale dell’area curda) nel sud-est della Turchia, è stata nuovamente palcoscenico di contestazioni e manifestazioni.

I cittadini sono scesi in piazza per protestare contro la costruzione dell’ ennesima fortezza militare. La reazione della polizia non si è fatta attendere; la violenza si è sprigionata e in pochi minuti la situazione è degenerata. Un morto Medeni Yildirimi e 9 feriti (questi i dati ufficiali) tra i manifestanti.

I dati della perizia balistica forniscono un ulteriore elemento raccapricciante: i 9 feriti sono stati sparati alle spalle. Un “dettaglio” che conferma ciò che ormai potremmo definire una routine: la polizia spara non per proteggere, né per allontanare. È evidente l’intenzione di offendere, la volontà di uccidere. Non si tratta di un’ azione istintiva per difendersi. È semplice violenza: violenza per far tacere le urla di protesta, prepotenza con la quale annegare i sogni di una intera generazione, sopraffazione e coercizione sui corpi per spegnere definitivamente la voglia di lottare.

Il giorno seguente in risposta a tali brutalità, in decine di migliaia hanno invaso ancora una volta le strade: Istanbul e Mersin il teatro di tali manifestazioni. La polizia ha caricato i dimostranti; 12 arresti in piazza ad Istanbul. A Mersin invece, gli scontri son continuati per tutto il week-end. Le notizie ufficiali parlano solo di 3 arresti; difficile da credere. La tensione e il conflitto rimangono dunque alti.

Recep Tayyip Erdogan  non si esprime e nel frattempo, il dialogo tra l’ Akp (partito per “la giustizia e lo sviluppo”, l’ attuale maggioranza di governo) e il popolo kurdo sembra inclinarsi definitivamente.  I patti di pace sembrano allontanarsi; il primo ministro tace e la rabbia dei dimostranti aumenta.

Questo lo scenario che si dirama nelle strade della Turchia; la determinazione dei manifestanti continua ad esprimersi in modi differenti; si crea un nuovo linguaggio che utilizza parole che divengono chiave di accesso per la costruzione di percorsi che parlano di diritti, di libertà e di democrazia.

Ed è proprio in questi termini che ieri, Domenica, c’è stato il pride lgbt.

Una sfilata di 50 mila persone ha inondato la Itstiklal Caddesi, straripando poi nelle stradine circostanti fino ad arrivare in piazza Taksim. “L’anno scorso i partecipanti erano meno della metà” dicono gli organizzatori. Le diverse sensibilità iniziano a contaminarsi. Seppur con mille difficoltà, ci si sforza di parlare un linguaggio meno sessista e più rispettoso delle diversità. Alla fine alcuni tra gli slogan e i cori intonati lungo la marcia, sono gli stessi cantati dai manifestanti di Gezi Park. 

Nel frattempo le assemblee continuano; ogni sera in 25 differenti luoghi di Istanbul migliaia di cittadini si incontrano, discutono e si confrontano. Questa pratica continua a prender piede, si diffonde, diventa virale ed ora le assemblee si tengono in altre 8 città.

In tutto ciò, Ankara continua ad essere teatro di scontri. L’unica città che continua a resistere alle forze di polizia; l’unica città della quale non si ha nessuna notizia. Gli scontri avvenuti nella notte tra il 29 e il 30 giugno sembrano esser stati particolarmente brutali.  Due in particolare i quartieri in cui si concentrano le lotte: Kizilay e Dikmen. Il numero dei feriti è incerto e altrettanto vago è il numero degli arrestati. La disinformazione e la censura dilagano. È difficile rimanere aggiornati.

Ma la strada è ancora lunga; la determinazione e la convinzione dei dimostranti non si ferma. La consapevolezza di lottare contro l’oppressione economica e sociale è evidente; così come è evidente il dato che il mondo è paese. Ed ecco che i manifestanti turchi lanciano un sit-in in solidarietà al popolo egiziano, questa sera alle ore 20,30 ad Istanbul.

La voglia di creare una nuova alternativa si palesa. Le immagini di piazza Tahrir si divulgano, le notizie della Bulgaria dilagano, le novità dal Brasile si diffondono e la voglia di continuare a ballare si sprigiona in tutta la sua bellezza.

Stay tuned...