Ucraina - Giustizia all’ucraina

25 / 5 / 2011

Giustizia selettiva. Così la chiama Yulia Tymoshenko, l’ex primo ministro che da un anno è nel mirino della procura generale, indagata in vari casi per abuso d’ufficio. Per lei si tratta di una congiura del presidente Victor Yanukovich e della nuova èlite al potere per metterla in un angolo una volta per tutte.

Il procuratore Victor Pshonka è molto vicino al capo di stato, tribunali e procure obbedirebbero agli ordini dall’alto. Altro che indipendenza dei giudici. Dalla Bankova hanno sempre detto ovviamente che la giustizia fa il proprio corso senza guardare in faccia a nessuno.

E così il bel viso coronato dalle bionde trecce della cinquantenne eroina della rivoluzione ha iniziato a fare capolino con regolarità nelle stanze della procura. Ieri è sembrato che l’arresto fosse vicino, ma dopo una maratona di oltre sei ore d’interrogatorio la Tymoshenko è uscita a piede libero.

La principessa del gas, con un passato da oligarca, ha già vissuto brutti momenti finendo anche dietro le sbarre. Nel 2001, con il marito Olexandr Tymoshenko, ha trascorso qualche giorno in regime di custodia cautelare e nel 2004 è finita sulle liste dell’Interpol dopo accuse di corruzione arrivate da Mosca. Poi tutto si è quietato. Fino a quando lo scorso anno è arrivato Yanukovich.

Da allora diversi episodi giudiziari hanno coinvolto membri del vecchio governo Tymoshenko, dall’ex ministro dell’Economia Bogdan Danylyshyn a quello dell’Ambiente Gregori Filipchuk e a quello degli Interni Yuri Lutsenko, ancora in carcere in attesa di sapere quale sarà la sua sorte.

Anche l’ex presidente Leonid Kuchma, di cui Yanukovich nel 2004 era il successore designato, è finito sotto indagine, con l’accusa di essere coinvolto nell’omicidio del giornalista Georgi Gongadze avvenuto nel 2000. Soprattutto questo caso ha sollevato le difficoltà d’interpretazione, se è vero che esce dal semplice schema che vede da una parte il blocco ora dominante intorno all’attuale presidente e dall’altra gli ex governativi.

La realtà ucraina è che il sistema paese, politico-aministrativo-giudiziario-economico, più che funzionare come dovrebbe, risponde a logiche di parte. Rispetto all’era Kuchma, presidente dal 1996 al 2004, non è cambiato in sostanza nulla. La rivoluzione arancione non è stata una rivoluzione, ma un cambio di regime che non ha mutato i meccanismi e le strutture profonde.

I suoi protagonisti - la Tymoshenko ha il sostegno pieno del 9,6% degli ucraini, meno del già basso consenso di Yanukovich, all’11,3% - che non hanno saputo, potuto e voluto iniziare radicali riforme, si trovano ora a pagare il conto dei propri errori e delle proprie mancanze.

Che non dovrà necessariamente essere regolato in carcere. Per ora di condanne non se ne sono viste. L’unico personaggio politico ucraino di rilievo finito in galera è stato l’ex premier Pavel Lazarenko (vecchio alleato politico e di business della Tymoshenko) condannato però non in Ucraina, ma negli Stati Uniti.

Le indagini aperte contro Yulia Tymoshenko e Leonid Kuchma sono in definitiva lo specchio di lotte di potere dove nessuno è al sicuro, proprio perché tutti hanno sguazzato in acque torbide.

Stefano Grazioli, giornalista e scrittore, esperto di spazio postsovietico, www.esreport.net

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