L’Europa che a Vilnius, una settimana fa, doveva ratificare un percorso di avvicinamento rapido con l’Ucraina, non avendo nulla di concreto da offrire su questo vitale specifico settore [energetico], è rimasta con pugno di mosche

Ucraina: la rivolta assedia i palazzi del potere

‘libertà e rivoluzione’ e ‘via le cricche del potere corrotto’

2 / 12 / 2013

La Russia di Putin tiene per le palle l’Ucraina di Ianukovich, giacché, da sempre, il mercato economico dei due paesi ha visto pendere la bilancia commerciale dell’interscambio a favore della Russia. L’Ucraina dipende totalmente dal gas e petrolio russo sia per l’industria sia per gli usi civili, tra cui il riscaldamento domestico nel gelido inverno continentale; merci che ripaga con prodotti alimentari, siderurgici, farmaceutici e tecnologici.

E’ bastato a Putin profilare il rischio concreto del fermo alle forniture energetiche – come è già successo fattivamente ai tempi della rivoluzione arancione in cui Julija Tymošenko ha giocato un ruolo di primo piano, cadendo in disgrazia politica e in carcere proprio in relazione alle accuse di aggiotaggio delle forniture di gas russo. L’Europa che a Vilnius, una settimana fa, doveva ratificare un percorso di avvicinamento rapido con l’Ucraina, non avendo nulla di concreto da offrire su questo vitale specifico settore [energetico], è rimasta con pugno di mosche: il presidente Ianukovic ha fatto retromarcia, giurando eterna amicizia a Mosca; il fracking che potrebbe in futuro garantire per il paese un quid di indipendenza energetica è dillà da venire.

Ha fatto male i conti, le piazze si sono riempite di migliaia di giovani soprattutto che al grido di ‘libertà e rivoluzione’ e ‘via le cricche del potere corrotto’ stanno chiedendo con determinazione un cambiamento radicale delle scelte politiche dell’Ucraina.

È in atto una rivolta connotata da un tratto giovanile e metropolitano, dove l’insofferenza per le mafie di potere e il desiderio di ottenere la libertà di movimento verso ovest, la conquista del modello occidentale di vita e di rapporti sociali sono le molle potenti di questo sommovimento che non può essere tacitato dai ricatti molto concreti dello zar di tutte le Russie, Putin.

Ieri ci sono state manifestazioni multudinarie, assalti ai palazzi del potere, comportamenti militanti di piazza, organizzazione di strutture temporanee di accoglienza e di soccorso, dove gli apparati di polizia hanno svolto attività di alleggerimento e contenimento.

Tutti, manifestanti e apparati dell’ordine pubblico, sembrano in attesa di un segnale per imprimere un salto di qualità alla propria determinazione nella rivolta: il presidente Ianukovich deve avere il telefono bollente.

Intanto vediamo, dalle agenzie, la cronaca recente.

Nella più imponente manifestazione dai tempi della Rivoluzione arancione filo-occidentale, diverse centinaia di migliaia di persone hanno protestato ieri contro il governo a Kiev, nella centralissima piazza Maidan, cuore della rivolta di nove anni fa. La maggior parte di loro ha manifestato pacificamente contro l'improvvisa decisione del governo di sospendere la firma dell'accordo di associazione con l'Ue, ma scontri violenti con la polizia sono andati avanti per ore davanti al palazzo presidenziale, in via Bankova, dove sono rimasti feriti circa 100 agenti ed oltre 50 attivisti. Molti sono stati fermati e interrogati.

I dimostranti hanno inoltre occupato il municipio della capitale ucraina e la sede dei sindacati, tentando anche di abbattere una statua di Lenin. Il presidente Viktor Ianukovich, che stamattina aveva detto di voler fare tutto il possibile per avvicinare l'Ucraina all'Europa, potrebbe dichiarare lo stato di emergenza a Kiev o addirittura in tutto il Paese. E intanto l'opposizione, che ha organizzato la manifestazione, prende le distanze dalle violenze definendole "provocazioni". Una marea di persone si è diretta nel centro della città e, infischiandosene del divieto di manifestare nelle zone nevralgiche della capitale imposto nottetempo da un tribunale amministrativo, ha occupato il Maidan.

Quasi contemporaneamente a Parigi cinque Femen manifestavano a loro modo, cioè a seno nudo, il loro dissenso nei confronti del governo ucraino urinando su una gigantografia di Ianukovich, mentre poco prima a Kiev un'altra attivista del gruppo femminista travestita da morte e con una falce in mano rimaneva a seno scoperto all'interno del monastero della Pecerska Lavra mostrando la scritta 'Morte alla dittatura'. In piazza Maidan - già ribattezzata 'EuroMaidan' - c'era una folla oceanica, dalle 350 alle 700mila secondo i media locali, sicuramente almeno 400mila guardando dall'alto della collinetta che sovrasta la piazza da cui appena ieri all'alba gli europeisti sono stati fatti sgomberare a manganellate dalle 'teste di cuoio': un blitz già costato la sospensione al capo della polizia di Kiev.

Numerose le bandiere ucraine, quelle dei tre partiti d'opposizione e pure quelle dell'Europa, insieme agli slogan contro il presidente Ianukovich, di cui i leader continuano a chiedere la destituzione per aver voltato le spalle all'Ue cedendo alle pressioni del Cremlino dopo un incontro semisegreto con Putin. C'è anche un appello per uno sciopero generale.

Ma accanto ai pacifici manifestanti di piazza Maidan - che non hanno praticamente trovato nessun poliziotto al loro arrivo - c'erano alcune migliaia di facinorosi. Gli scontri più violenti si sono svolti in via Bankova, dove 4-5000 persone, tra cui molti giovani a volto coperto, hanno tentato - senza successo - di irrompere nell'edificio presidenziale. Non è servito a niente l'intervento dell'imprenditore Petro Poroshenko: il 're del cioccolato', uno dei promotori della Rivoluzione arancione, ha esortato la folla a non dare ascolto ai "provocatori". La risposta di alcuni giovani a viso coperto è stata: "Siamo tutti provocatori! Siamo tutti rivoluzionari!".

Per farsi largo tra le migliaia di Berkut, le 'teste di cuoio' in assetto antisommossa, volevano usare un bulldozer, fermatosi però a qualche metro dagli agenti che, quando alcuni violenti hanno iniziato a lanciare oggetti contro di loro e a colpirli con spranghe di metallo e bastoni, non hanno esitato a usare i gas lacrimogeni. La gente scappava in preda al panico, allontanandosi nelle vie laterali o cercando rifugio negli edifici vicini i cui portoni erano stati lasciati aperti. "Sono qui per la rivoluzione - dice Dmitro tossendo forte e cercando di prendere un po' d'aria da una finestra dell'edificio in cui ci siamo riparati - non ne possiamo più di questo governo, tutto il 'clan' di Ianukovich si è fatto i milioni alle spalle della gente". Una ragazza intanto distribuisce mascherine azzurre per difendersi dai gas. In un cortile che dà su via Bankova ci sono alcuni feriti, a prestare loro un primo soccorso ci pensano dei 'volontari' con una magliettina bianca e una croce rossa disegnata sopra alla meglio.

Tra loro c'è Katia, 28 anni: "Sono una pediatra, sono qui per aiutare i dimostranti e per aiutare il mio Paese". Dopo decine di bombe fumogene, le 'teste di cuoio' caricano. Prendono a manganellate tutti, anche due giornalisti: distruggono la loro telecamera e continuano a picchiarli mentre sono a terra. I dimostranti reagiscono smantellando il marciapiede per lanciare mattoni contro i poliziotti, che arretrano difendendosi con gli scudi. Poi caricano di nuovo e liberano il palazzo presidenziale dall'assedio. Per mettere fine alle violenze, decine di cittadini hanno formato una catena umana per impedire a chi cercava lo scontro di avvicinarsi alla polizia.

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