Una chiamata globale per difendere il Rojava

26 / 4 / 2018

Accademici e attivisti per i diritti umani nel mondo intervengono ancora su Afrin. La petizione, firmata da accademici e attivisti come Noam Chomsky, Michael Hardt e Debbie Bookchin, chiede agli Stati Uniti e ai loro alleati di porre fine alla loro tacita acquiescenza verso l'avventura militare della Turchia e ripristinare la pace e la sicurezza per le popolazioni del Rojava.

Quando Raqqa cadde nel 2017, dopo un lungo assedio da parte delle SDF (Syrian Democratic Forces) – a guida curda e sostenute dagli Stati Uniti – fu pensiero comune che l’Isis fosse stato sconfitto, salvo per alcune bande islamiste che ancora imperversano. Ma nel gennaio di quest’anno la Turchia ha invaso Afrin – uno dei tre cantoni del Rojava, conosciuta anche come Federazione Democratica del Nord della Siria. Questo ha comportato che i combattenti delle SDF hanno dovuto spostare la loro attenzione dalla battaglia contro l’Isis alla difesa delle loro stesse case, famiglie e civili che si trovavano nel territorio di Afrin. A seguito di intensivi attacchi aerei, la città è caduta il 18 marzo – portando una regione già duramente provata a dover affrontare un’ulteriore crisi umanitaria di migliaia di persone in fuga dall’esercito turco e dai suoi alleati del Syrian National Army (tra cui gruppi ribelli jihadisti e alcuni combattenti allineati ad al-Qaeda o addirittura ex membri dell’Isis).

Molti di coloro che sono fuggiti da Afrin ora dormono all’aperto o in tendopoli, senza la possibilità di poter soddisfare i propri bisogni elementari. Coloro che sono rimasti sono stati soggetti allo stesso genere di discriminazione etnica, di saccheggi e di violenze sessuali che l’Isis ha perpetrato contro la popolazione Yazida in Iraq. Inoltre è stato segnalato il rapimento di quindici ragazze, e le loro famiglie temono possano essere divenute schiave sessuali.

Noi, sottoscritti, stiamo lanciando il Comitato di Emergenza per il Rojava come parte di una campagna globale capace di portare attenzione su questa nuova crisi umanitaria e come richiesta di sostegno ad Afrin.

L’attacco turco ad Afrin è stato unilaterale. Infatti Afrin è stato – per buona parte della guerra siriana - un territorio pacificato, in grado di accogliere decine di migliaia di rifugiati – alcuni dei quali ora si ritrovano ad essere rifugiati per una seconda volta. Nei cantoni sotto il loro controllo, le forze a guida curda avevano costituito un’oasi – unica in Siria – caratterizzata da auto-governo, diritti delle donne e laicità. Eppure il governo turco sostiene cinicamente di essere minacciato dal Rojava perché sorretta da coloro che definisce “terroristi”, gli stessi che sono stati i principali alleati degli Stati Uniti nella lotta contro l’Isis.

Mentre l’attacco su Afrin è una violazione delle leggi internazionali comparabile a quelli compiuti dal governo di Assad, l’amministrazione Trump ha espresso solo flebili proteste nei confronti della distruzione messa in atto dal Presidente Recep Tayyip Erdoğan. Accettando l’attacco turco, gli Stati Uniti sono divenuti complici della pulizia etnica di Erdogan, pianificata per espellere la popolazione curda una volta per tutte dai territori siriani in cui ha vissuto per secoli, e per sradicare l’esperimento democratico sviluppatosi in Rojava.

Incoraggiato dalla mancanza di risposta degli Usa, Erdogan sta minacciando di procedere con la sua campagna militare ancora più profondamente in Siria, fino a Manbij, e addirittura nel Kurdistan iracheno. 

È chiaro come questa campagna stia già beneficiando l’Isis in molteplici modi. Per fermare questa pazzia, la Turchia deve essere isolata a livello economico, diplomatico e militare fino a che non ritirerà le sue truppe e le sue milizie dal Kurdistan siriano. Non ci può essere pace duratura nella regione fino a che la Turchia non sarà disposta a riaprire i negoziati con la sua stessa minoranza curda e a garantire a tutti i suoi cittadini i diritti democratici, inclusa la libertà di espressione e il diritto a formare partiti politici che possano vincere le elezioni senza subire rappresaglie.

Il Comitato di Emergenza per la Rojava chiede al governo Usa di:

- imporre sanzioni economiche e politiche alla leadership turca

- attuare l’embargo della vendita e della consegna di armi dalle nazioni NATO alla Turchia

- insistere per la presenza dei rappresentanti del Rojava all’interno dei negoziati di pace in Siria

- continuare a supportare militarmente le Sdf

Unisciti a noi come firmatario e sostenitore nella nostra richiesta agli Stati Uniti e ai loro alleati di porre fine alla loro tacita acquiescenza verso l'avventura militare della Turchia e ripristinare la pace e la sicurezza per le popolazioni della Rojava. Visita il nostro sito defendrojava.org per conoscere gli altri sostenitori, ottenere ulteriori informazioni e aiutarci nell’organizzazione di una mobilitazione duratura a sostegno del Rojava. Aiutaci a diffondere questa campagna.

Primi Firmatari:

Debbie Bookchin, journalist, co-editor of The Next Revolution: Popular Assemblies and the Promise of Direct Democracy

Charlotte Bunch, Distinguished Professor of Women’s and Gender Studies, Rutgers University
Judith Butler, Maxine Elliot Professor of Comparative Literature, UC Berkeley
Noam Chomsky, Institute Professor & Professor of Linguistics Emeritus, MIT
Bill Fletcher Jr., writer, former director of Trans-Africa Forum
Todd Gitlin, Professor of Journalism and Sociology, Columbia University
David Graeber, Professor of Anthropology, London School of Economics
Michael Hardt, Professor of Literature, Duke University
David Harvey, Distinguished Professor of Anthropology and Geography, CUNY
Sally Haslanger, Ford Professor of Philosophy and Women’s and Gender Studies, MIT
Robert Hockett, Edward Cornell Professor of Law, Cornell University
Chad Kautzer, Associate Professor of Philosophy, Lehigh University
Anna-Sara Malmgren, Assistant Professor of Philosophy, Stanford University
Edress Othman, physician, Director of Afrin Fund, board member of New England Kurdish Association
Marina Sitrin, Assistant Professor of Sociology, SUNY Binghamton
Gloria Steinem, feminist writer, journalist, and activist, co-founder of Ms.Magazine

Asta Kristjana Sveinsdottir, Associate Professor of Philosophy, San Francisco State University
Latif Tas, Assistant Professor at the Maxwell School of Citizenship and Public Affairs, Syracuse University
Meredith Tax, writer and activist, author of A Road Unforeseen: Women Fight the Islamic State

Michael Walzer, Professor Emeritus of Social Science, Institute for Advanced Study, Princeton University

*** Traduzione a cura della redazione