Il diario di bordo di Paolo Do - Singapore

Una Cina senza confini

Sovranità nazionale e gestione dei flussi di forza-lavoro

15 / 2 / 2010

Che il Pearl river Delta nel sud della Cina stia soffrendo una vera e propria mancanza di forza-lavoro, non e' una novita'. Non solo era una favola una manodopera pressoche` infinita nel continente Cina, ma la stessa terra promessa del capitale multinazionale si e` rivelata una semplice fantasia. Con il nuovo anno alle porte i padroni sono terrorizzati alla sola idea che i propri lavoratori migranti non si ripresentino ai cancelli delle fabbriche a fine mese, termine delle celebrazioni del nuovo anno lunare. E per scongiurare tale l`esodo promettono aria condizionata, dormitori nuovi, bonus di produttivita` e migliori condizioni di lavoro a coloro che ritornano. Altri offrono addirittura 300 Yuan a chi portera` in fabbrica un amico.

Se il sociologo Hirschman aveva concepito le policy di exit e voice come pratiche alternative, questo vero e proprio esodo contemporaneo ci mostra come, nella soggettivita` migrante, l`exit coincide, di fatto, con la voice, laddove la minaccia della fuga diviene la forma piu` efficace nel determinare il rapporto di forza. Ed e` proprio il padrone a diventare migrante, costretto a spostarsi ed inseguire i lavoratori dove decidono di voler vivere, nelle nuove urbanizzazioni dello Hunan, Hubei e Sichuan.

E a proposito di lavoro migrante, il Financial Time Asia ha riportato la settimana scorsa di una operazione congiunta di vigili del fuoco, carabinieri e finanza che ha fatto irruzione in alcune fabbriche del tessile di Prato, confiscando macchinari e arrestando i lavoratori clandestini della piu` grande concentrazione imprenditoriale cinese in Europa. La risposta alla crisi da parte del Made in Italy si traduce cosi` in operazioni di polizia avvallate dal nuovo Sindaco di Prato, leghista doc e diretto concorrente del pronto moda cinese, essendo egli stesso il CEO della casa di moda Sash.

Il fatto che i lavoratori migranti cinesi arrestati a Prato non possano essere rimpatriati (la Cina infatti lo rifiuta), sembra delineare una nuova gestione della forza-lavoro globale. Questi fatti di cronaca offrono un complesso intreccio tra forme di sovranità e lavoratori delle varie Chinatown globali, che non sono affatto quel laboratorio dove reinventare se' stessi attraverso l'interfaccia con l`altro. Nell`epoca della societa` del controllo il nuovo Stato Nazione affacciato alla globalizzazione parla il linguaggio dei flussi di forza-lavoro piuttosto che quello del suo disciplinamento e blocco. La etnicizzazione del lavoro, migrante e cinese sembra cosi` diventare paradigma di un nuovo nazionalismo: ci troviamo di fronte forse ad una Cina contemporanea senza confini?