Sono stati, da pochi giorni, resi noti i dati relativi ai flussi del turismo verso Cuba per i primi 5 mesi 2014: siamo a oltre 1milione e 400 mila presenze, con un aumento di oltre il 10% sullo stesso periodo del' anno passato, tanto da far scommettere il ministro cubano di superare la soglia dei 3 milioni quest'anno. L'industria del turismo resta, in tutta evidenzia, la principale fonte di entrate in valuta pregiata per la bilancia commerciale di Cuba, con un rapporto privilegiato per gli ingressi dal Canada, poi a seguire Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e Italia; il giro promozionale nelle capitali europee dei funzionari e delegati del Ministero degli Esteri e del Turismo ne è la riprova.
Il problema è che l’economia non gira come il governo aveva sperato. Nella prima metà di quest’anno, il Pil di Cuba è cresciuto solo dello 0,6 per cento. Una percentuale che Raùl Castro ha definito “modesta”. Considerato l’andamento dell’economia nel primo semestre, a questo punto Cuba si aspetta di crescere dell’1,4 per cento nel corso del 2014: molto meno del 2,2 indicato a dicembre scorso. Ma per riuscire a centrare l’obiettivo occorrerà “un maggiore e migliore lavoro nella seconda metà dell’anno” ha precisato Castro. Delle 498 cooperative autorizzate dallo stato nel settore della produzione del cibo e della ristorazione, solo 249 sono funzionanti.
Le cause del rallentamento sono tante, a detta del governo: un quadro internazionale non favorevole, le cattive condizioni climatiche che hanno colpito Cuba, carenze strutturali. Settori come il turismo, l’industria dello zucchero e quella mineraria non hanno fatto registrare le performance attese. Ma per Castro è anche colpa degli Stati Uniti, che si ostinano a mantenere l’embargo nei confronti dell’isola nonostante la crescente opposizione dell’America Latina, dei Caraibi e anche all’interno degli Stati Uniti.
Per Raùl Castro " il popolo cubano meriterebbe una medaglia per aver resistito all'embargo" ha dichiarato, commentando le voci che danno per certa la sua abolizione entro questo anno, posto che sul punto si è, informalmente, pronunciato favorevolmente il presidente Obama e sono in corso abboccamenti sia con funzionari del dipartimento degli esteri statunitense sia con esponenti della potente lobby degli esuli e fuori usciti cubani negli USA.
Al centro delle discussioni, aldilà del sipario sempre aperto e buono per tutte le stagioni sui diritti umani e l'agibilità politica, e' il percorso, l'evoluzioni delle 'riforme liberiste' introdotte da Raul Castro per rispondere ad una spinta dal basso e per dare una scossa alla pericolosa crisi economica che colpisce duramente una larghissima fascia della popolazione cubana, che, di fatto, sbarca il lunario grazie alle rimesse degli immigrati e ai mille sotterfugi illegali o in nero di cui è ricca la vita reale a Cuba.
Le principali riforme introdotte sono state: la distribuzione delle terre incolte in usufrutto a agricoltori privati e a cooperative; la legalizzazione del «lavoro non statale» ovvero del «business privato»; il permesso di vendere e comprare case, mezzi di trasporto e altri beni; l'autorizzazione all’uso di telefoni cellulari e accesso a internet e permesso di alloggiare in alberghi e altre località prima riservate ai turisti stranieri; la nuova legge sull’immigrazione che elimina «l’autorizzazione all’uscita e all’ingresso» e estende il permesso di residenza all’estero fino a 24 mesi e la più recente legge sugli investimenti esteri per favorire l’afflusso di capitale straniero. Ma, come abbiamo sopra scritto, non è stato sufficiente a far decollare l'economia e il mercato interno continua ad essere marchiato dalla doppia circolazione monetaria, dall'economia della 'libreta' che garantisce la sussistenza minima e dal dollaro che apre tutte le porte.
La perdita di valore del peso cubano, scrive López del Amo, «è la madre della perdita di altri valori perché, semplicemente, i lavoratori non possono soddisfare le loro necessità con i salari che ricevono. Da questa necessità di sopravvivenza sono nati i concetti di “luchar” (lottare per sopravvivere), non importa come, anche rubando e prostituendosi».
Mantenere il welfare che il socialismo cubano, aldilà di ogni retorica ideologica, ha garantito e garantisce diventa ogni giorno più difficile per il Governo, di qui discendono i recenti interventi degli esponenti più in vista ed amati del partito, compresi i 2 fratelli Castro, incentrati sulla necessità di uno sforzo collettivo per 'produrre per il bene di tutti'.
Con questi obiettivi si è aperta lunedì all’Avana «la Prima convenzione e esposizione internazionale Cubaindustria 2014 alla quale, riferisce il quotidiano del pc Granma, partecipano più di 400 impenditori stranieri in rappresentanza di 29 paesi (Italia compresa).
La cancellazione del 90% del debito cubano, pari a 35 miliardi di dollari, nei confronti della Russia e' stato salutato come la manna dal cielo, tanto più che il restante 10%, quando ripagato, sarà utilizzato per investimenti economici nell'isola, e, sopratutto, segna la riapertura di quel rapporto privilegiato che si era rotto a metà degli anni novanta del secolo scorso, con il flusso di capitale d' investimento di cui i nuovi oligarchi russi abbondano.
Tanto più prezioso questo accordo dal momento che le difficoltà interne che ha incontrato il Venezuela di Maduro stentano a temperarsi, mettendo a repentaglio quell'appoggio economico e finanziario che negli ultimi 10 anni ha permesso a Cuba di mantenere inalterato il welfare verso il suo popolo. Appoggio che Cuba ha trovato, invece, nell'Uruguay di Pepe Mujca, che in cambio consistenti forniture di cereali, ha avviato un piano sanitario territoriale con l'apporto di 5000 medici e specialisti cubani.
Una partita molto difficile quella che si gioca al tramonto dell'epoca castrista, quando sta venendo meno la compattezza sociale, il fascino, il rispetto, la determinazione, la forza di questo esperimento di socialismo reale sopravvissuto a mille insidie militari ed economiche, che sembra poter scivolare verso una 'soluzione cinese', proprio nel momento in cui quasi tutta l'America latina si sta liberando dall'abbraccio mortale degli USA e aprendo originali percorsi di democrazia partecipata.