Viaggio in Kurdistan, attraverso il Paese che non c’è.

Da Diyarbakir fino a Dogubeyazit, ai piedi del monte Ararat.

8 / 6 / 2010

                                                                                      “La cosa più bella della rivolta kurda

                                                                                       sono le donne che si alzano in piedi

                                                                                       e prendono la parola, che da un

                                                                                       avamposto all’altro hanno comandato

                                                                                       reparti di uomini, che hanno saltato

                                                                                       secoli in una generazione.

                                                                                       La cosa più bella della rivolta kurda

                                                                                       è la parola kurda, la canzone,

                                                                                       il manifesto, il vocabolario trasmesso

                                                                                       finalmente ad alta voce.

                                                                                       Le cose più belle della rivolta kurda

                                                                                       sono le montagne. Lassù è nato un popolo

                                                                                       di liberi. La sua scuola è tra le rocce,

                                                                                       la sua università nella prigione di

                                                                                       Diyarbakir.”

                                                                                       Erri De Luca

Si parte il 27 luglio da Torino e da Roma.

  Siamo all’ottavo anno di questa esperienza di viaggio solidale e di conoscenza, in Kurdistan, il paradiso della mezzaluna fertile, l’antico giardino dell’Eden, una terra di antichissime civiltà, oggi deturpata dalle rovine di oltre 4.000 villaggi, da una presenza militare invadente, dalle galere piene di detenuti politici, dall’ecocidio e dall’esodo dei profughi di guerra, dalle grandi dighe in costruzione sull’alto corso dei fiumi che furono culla dell’umanità, il Tigri e l’Eufrate.

  Prima tappa Istanbul, poi con volo interno si arriva a Diyarbakir, l’antica Amida, capitale virtuale del Kurdistan turco. Del milione e mezzo di abitanti, lo stato turco ne censisce neanche la metà, gli altri sono profughi che popolano un’infinita periferia di dignitosa povertà. Le 22 moschee, la chiesetta armena sopravvissuta al genocidio, la chiesa caldea, l’antico bazar, e, soprattutto i cinque chilometri delle possenti mura romane che circondano la città (le più lunghe, dopo la grande muraglia cinese), con le ottantadue torri sull’alto corso del Tigri, le strade sempre piene di gente , di suoni e di colori, ritornano nei sogni e nei canti dei kurdi della diaspora.

Nella città di Diyarbakir abbiamo avviato, da anni, progetti di sostegno a distanza delle famiglie dei detenuti politici, aiuti per l’associazione degli handicappati e un progetto pilota per i bambini che lavorano in strada nella sottomunicipalità di Baglar; qui, a novembre 2009, abbiamo partecipato ai processi di minori condannati a svariati anni di carcere, accusati di “essere fiancheggiatori del terrorismo.”

  Da Diyarbakir, si sale verso Hasankeyf, per vedere, forse per l’ultima volta, i resti di dodici millenni di storia, prima che li sommergano le acque della diga di Ilisu, con le pesanti conseguenze dell’esodo forzato di 60 mila kurdi, della distruzione della valle del Tigri e il rischio di nuove guerre per l’acqua con i paesi limitrofi.

  Hasankeyf, capitale degli antichi regni d’Anatolia, vero e proprio museo all’aperto, che ospita, oltre a chiese e moschee, anche la tomba del sultano Suleymano, diretto discendente di Maometto, una città che ha conosciuto ben nove civiltà diverse, ognuna delle quali ha lasciato testimonianze.

  Luogo d’incontro delle tre grandi religioni monoteistiche – la cristiano ortodossa, quella cattolica siriana e quella islamista – le sue torri hanno visto passare arabi, mongoli, persiani, turcomanni, ottomani.

  Da Hasankeyf, si raggiunge Ilisu (polizia permettendo!), dove sono già iniziati i lavori per la costruzione della diga, nonostante la marcia indietro fatta dalla cordata di banche e imprese europee che avevano dato la disponibilità a finanziare il progetto, tra le quali figurava anche l’italiana Unicredit, attraverso una propria consociata austriaca.

  In serata, si arriva a Nusaybin, l’antica Nisibis  romana, divisa dalla città gemella Qamisshli, in territorio siriano, da rotoli di filo spinato e postazioni militari.

Adagiata qui da 3 mila anni, fra il fiume Cacak che in questo territorio biforca il proprio letto e avvolge la città, spingendosi giù fino al primo deserto siriano e poi più giù ancora, fino a Bagdad.

A Nusaybin, incontreremo l’associazione delle donne di Agenda 21, con le quali abbiamo realizzato il progetto di “cafeteria” all’interno del centro culturale “Mitanni”, dal nome dell’antico popolo che abitava la regione.

  Da Nusaybin a Sirnak, ai piedi del monte Cudi, dove la nostra associazione ha sostenuto, insieme alla municipalità, il progetto di un centro sanitario per le donne e i bambini, in una realtà caratterizzata da una situazione sanitaria disastrosa, unita a povertà diffusa e profonda, dominata da una presenza militare pervasiva e soffocante.

Il Centro sanitario di Sirnak è anche destinatario di medicinali e attrezzature finanziato con la Campagna “Arance di Natale”.

  La strada che collega Sirnak ad Hakkari, 190 chilometri, corre a lato del fiume Zap, traimmense montagne e profonde gole, villaggi arroccati dove manca tutto, come Uludere e Uzun Gecit, una strada disseminata di posti di blocco e di casematte dell’esercito.

Ad Uludere,  incontreremo la sindaca, Sukran Sincar, che ci presenterà il progetto che hanno predisposto per la canalizzazione dell’acqua, dalla sorgente fin dentro le abitazioni, progetto per il quale siamo impegnati a ricercare i finanziamenti per la sua realizzazione.

  Hakkari, l’antica Merivan, è oggi una città di frontiera, con circa 70 mila abitanti, molti profughi di guerra, poca agricoltura e pastorizia, ancor meno commercio, eccezion fatta per i celebri tappeti kilim che qui hanno una tradizione secolare.

L’area intorno alla città è molto fragile: da trent’anni, in questa zona, ci sono scontri armati molto duri tra esercito e guerriglia; qui, i giovani entrano ed escono dal carcere, spesso senza accuse specifiche.

Con la municipalità di Hakkari stiamo realizzando un interessante progetto per la costruzione di un mercato coperto, per dare lavoro e riparo ai numerosi profughi che sopravvivono trainando i loro carretti da ambulanti, con misere cose, esposti alle intemperie per parecchi mesi all’anno.

  Da Hakkari a Van sono circa duecento chilometri. Si attraversa una regione dominata da verdi pascoli montani e straordinarie vallate, ma irta di chek point e postazioni militari.

  In questa zona di confine, che comprende anche le cittadine di Yuksekova e Semdinli, sono schierati 250 mila militari turchi, pronti ad entrare in Iraq con il pretesto di fermare la guerriglia del Pkk, in realtà per bloccare sul nascere l’esperienza di un futuro stato kurdo e allungare le mani sui giacimenti petroliferi di Kirkuk e Mossul.

  Van è la seconda città del Kurdistan turco, dopo Diyarbakir. Adagiata a 1.700 metri d’altezza, sulle rive del lago omonimo, dalle isole ricche di storia, come quella di Akdamar, che emerge dalle acque del lago con il suo gioiello incastonato ad est: una chiesetta armena, in arenaria rossa, straordinariamente decorata ed oggi restaurata.

Van è dominata da un castello grandioso ed austero, ricco di scritte cuneiformi. La città fa risalire le sue origini leggendarie al gigante Gilgamesh e al diluvio universale; la storia, invece, ci parla del regno di Urartu, quasi tremila anni addietro.

E’ in questa città che la nostra delegazione di osservatori della società civile ha vissuto la straordinaria vittoria elettorale del partito filokurdo Dtp (oggi Bdp), dopo le tremende giornate del Newroz 2008, costato due morti e centinaia di arresti e feriti.

  Ultima tappa del nostro viaggio sarà Dogubeyazit, ai piedi dell’Ararat, la montagna che divide i confini tra Turchia, Iran e Armenia, dove recentemente archeologi e studiosi cinesi e turchi hanno dichiarato al mondo di aver ritrovato, a 4.300 metri d’altezza, l’Arca del diluvio universale, l’Arca di Noè.

A Dogubeyazit, assisteremo al Festival, che si tiene tutti gli anni, della musica e della cultura kurda.

  Fine del nostro viaggio con ritorno a Istanbul, la porta dell’Oriente.

  Ad Diyarbakir, Nusaybin, Sirnak, Uludere, Hakkari, Van e Dogubeyazit, si sono insediati a marzo dello scorso anno, numerosi sindaci filokurdi. E’ il loro partito, il BDP, erede del disciolto DTP, messo fuorilegge ma subito rinato come un’araba fenice, la rete del nuovo tessuto democratico e partecipativo, divenuto il primo partito delle dieci province kurde, in un territorio dove è calata pesantemente la spirale repressiva contro dirigenti e militanti.

Sono almeno 1.500 i membri del BDP e dirigenti di organizzazioni della società civile tuttora in carcere, da oltre 15 mesi, senza processo, né accuse specifiche, mentre gli arresti continuano. E tutto questo nel silenzio dell’Europa, che sta a guardare…

  Come ambasciatori di un’altra Europa possibile, vogliamo portare la nostra solidarietà  a chi, ancora oggi, patisce prigione e tortura.

  Saremo chiamati a guardare e ad incontrare anche l’altra faccia delle cartoline: i profughi, le prigioni, la tortura coraggiosamente testimoniata da medici ed avvocati, i bambini di strada – oltre 30 mila nella sola Diyarbakir – le associazioni a continuo rischio di chiusura, le donne che si battono contro le violenze e i delitti d’onore…

  Un viaggio nell’antica terra di Mesopotamia, attraverso un’umanità che vuol conoscere e farsi riconoscere, oltre il muro del silenzio.

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Avviso ai viaggiatori

Non aspettare a dare la tua adesione, prenotati subito, potrai usufruire di prezzi vantaggiosi sui biglietti aerei.

Comunque, la prenotazione dovrà essere effettuata entro il 10 luglio, salvo esaurimento posti aerei.

Documenti

Passaporto in corso di validità.

Istruzioni

Le spese di viaggio sono comprensive di biglietti aerei, vitto, alloggio in albergo, pulmino per gli spostamenti ed un interprete, per un totale stimato di circa 1.000 euro a persona.

L’adesione al viaggio prevede inoltre un contributo di solidarietà di 50 euro all’associazione, che sarà finalizzato alla realizzazione di un progetto; tale contributo dovrà essere versato con la prenotazione dei biglietti aerei.

All’inizio del viaggio, verrà istituita una cassa comune, alimentata da tutti i partecipanti, per far fronte alle spese collettive.

Per ragioni fin troppo note, il programma potrà subire variazioni o spostamenti.

Programma del viaggio

A questo programma generale, seguirà un programma più specifico con elencati spostamenti, giorni di permanenza nelle varie località, incontri con associazioni e municipalità.

Partenze ed arrivi

La partenza è prevista da Torino, da Roma  nella giornata di martedì 27 luglio; il ritorno è previsto per venerdì 6 agosto.

Consolato

Come sempre, verrà informato della presenza della nostra delegazione e delle proprie mete, l’ufficio consolare italiano.

Note di viaggio

Non è prevista nessuna vaccinazione o visto d’ingresso per entrare in Turchia

Riferimenti per informazioni e prenotazioni

Antonio Olivieri – Alessandria tel. 335/7564743  Mail: [email protected]

Lucia Giusti – Alessandria tel. 333/5627137   Mail: [email protected]

Ente promotore

Associazione onlus Verso il Kurdistan