18 Mila Giorni - Il Pitone

Recensione e intervista a cura di Laila Groppi e Carlo Vitelloni.

4 / 4 / 2012


Testo originale di Andrea Bajani

con Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa

Regia di Alfonso Santagata

Assistente alla regia Chiara Senesi

Disegno luci di Andrea Violato

Elementi scenici di Massimo Violato

Musiche originali di Gianmaria Testa

"...ci sono stati giorni, Vitamia

che tutto aveva un nome

e di quel nome qualche voce

si prendeva libertà..."

(18mila giorni, Gian Maria Testa)Perdere la moglie, perdere il lavoro, perdere la dignità. Avere contatti solo con chi tenta di offrirti pubblicità. Trovare un messaggio dell'ex moglie dietro all'unico documento che aveva ancora un senso nella tua vuota vita. Sentirsi augurare buona vita, quando di buoni ci sono solo i ricordi. Farsi divorare da un pitone, da uno stronzo che apprende da te il lavoro e poi si intorta il tuo capo.. che ti licenzia. Perché lui, il pitone, è proprio bravo.Non è uno spettacolo teatrale. Giuseppe Battiston e Gian Maria Testa mettono in scena uno spaccato di vita reale che con sempre maggior frequenza e drammaticità si presenta fuori dal palco scenico.Il capo ti chiama, ti presenti agghindato per l'occasione, "Sei bello papà" dice Tommi e ti senti importante. Entri e senti elogiare il pitone, senti parlare al telefono il tuo capo, senti che di tutto il tempo che passi all'interno di quell'ufficio solo pochi secondi saranno dedicati alla tua persona, pochi secondi che basteranno per farti tornare a casa senza cappotto, senza più uno straccio di dignità.

"grazie per la collaborazione

lei è stato un preziosissimo

collaborazionista

e non sarà dimenticata mai

la grande abnegazione

e tutto il tempo speso

alla comune causa

e sempre nel futuro

ne può star sicuro

si terranno in conto

gli alti insegnamenti

e poi la serietà, la versatilità

la grande umanità

più che colleghi siamo stati

dei parenti

mi faccia poi sapere

con sua massima comodità

dove versare le spettanze

e quello che rimane

degli emolumenti"

(Cordiali saluti, Gian Maria Testa)Ed è solo l'inizio, perché quando Lei lo saprà ti abbandonerà. Capita così, non riuscire più a supportare la persona che ami e lasciarla sola nella propria sofferenza pare la soluzione più comoda. Così, a te che la solitudine non la vuoi, non resterà altro che parlare con i mucchietti di vestiti che lei ti ha lasciato. Niente altro, si è portata via tutto. Tranne i vestiti, divisi in mucchietti e mucchietti di ricordi."molto di più della terra sotto i piediqui mi mancano le voci e la cittàe poi mi manchi tu che non ti vedo piùda quando sono qua"(Sottosopra, Gian Maria Testa)Giuseppe Battiston e Gian Maria Testa trasmettono al pubblico parola dopo parola, respiro dopo respiro, la trasformazione della vita di un uomo che a 50 anni si ritrova in una vita che non ha mai vissuto. 18mila giorni di lavoro normale, con un quadro familiare normale, di un uomo normale mutano in un una condizione di abbandono e solitudine senza ritorno.Questo spettacolo gira nei teatri italiani da più di un anno e giorno dopo giorno la sua attualità è sempre più disarmante. La modifica dell'articolo 18 potrebbe essere oggetto della prossima prossima riforma del mercato del lavoro e a mantenere l'attenzione alta sull'argomento non basta la politica. Serve la cultura, serve che sulle scene ci vada la vita vera, la precarietà e l'abbandono.Serve che i testi delle canzoni siano come quelli di Gian Maria Testa in Vitamia (Produzioni Fuorivia, 2012), undici brani di riflessione personale e sociale lunga cinquant'anni, diciotto mila giorni.Serve che ci siano più scrittori come Andrea Bajani, che narrino il lavoro come co-protagonista e non come mero sfondo della vita, perché se viene a mancare il riflesso è immediato.Serve che attori appassionati come Giuseppe Battiston continuino a narrare la vita come lui sa fare, come se anche sul palco fosse reale.

Gallery

Intervista a G.M.Testa e G. Battiston