Da #stopbiocidio della Campania al NoInceneritori dell'Emilia Romagna

Bologna 20.11 - "Territori insorgenti"

A Làbas il quarto appuntamento della rassegna "Futuro Anteriore", con A.Musella e A.Baccaro

22 / 11 / 2013

"Territori insorgenti" è stato il quarto appuntamento del ciclo di incontri FUTURO ANTERIORE. Facendo parte di una rassegna è interessante vederlo legato ai discorsi precedenti e a quelli a venire. Il primo incontro della rassegna ci ha raccontato, a partire dal libro "La vita come plusvalore", le modifiche del sistema neoliberista che, grazie allo sviluppo delle biotecnologie, porta alla valorizzazione non più solo del Bios, ma di Zoè: vita come capacità riproduttiva, dagli esseri umani ai microbi.

Il 5 dicembre ci sarà l'incontro sul "Diritto alla città": logiche di urbanizzazione e interventi dal basso nel ridisegnare le città e l'accesso ad esse, possibilità di incidere e cambiare lo spazio pubblico.

Questi due temi si legano alla perfezione al dibattito che abbiamo affrontato sui territori insorgenti, a quello che è successo con #fiumeinpiena sabato 16 novembre: espressione di una presa di coscienza sui territori, di una partecipazione determinata sedimentata negli anni all'interno dei comitati che va oltre i temi dell'ambientalismo. 

Dire stopbiocidio in Campania o chiudere l'inceneritore di Parma significa lottare per il diritto alla salute, per la democrazia contro l'emergenzialità, per il welfare contro i tagli o i profitti di pochi.

Infine, il lavoro di Antonio Musella e Andreina Baccaro, autori del libro "Il paese dei veleni", fornisce la prova dell'importanza e della necessità del giornalismo d'inchiesta: in un paese in cui le indagini che fanno notizia sono quelle dell'US Navy (vedi inchiesta de L'Espresso) fatte da alcuni per la salvaguardia di pochi - in questo caso i soldati americani stanziati in Campania- è indispensabile una narrazione differente che provi a rompere il muro del silenzio e della "sensazionalità".

Con Andreina Baccaro, giornalista, attivista e co-autrice del libro, abbiamo affrontato in particolare una delle tante storie di veleni prodotti nel nostro paese: la storia di Taranto e dell'Ilva. Andreina ci descrive Taranto come l'emblema di un sistema industriale capitalistico malato, di un ricatto che tiene questo paese sotto scacco: l'industria in Italia si è sviluppata azzerando i costi ambientali e sanitari; in nome della crescita a tutti costi e del mito del lavoro si è creduto in un sitema capitalistico che generava profitti sempre per gli stessi, ammazzava i lavoratori e i cittadini e avvelenava i territori. Oggi che la crisi ci dimostra che il capitalismo ha fallito, le fabbriche chiudono e ci lasciano un paese avvelenato. E'arrivato il momento di dire che un lavoro che avvelena, che ammazza, che inquina non è un diritto. E' arrivato il momento di mettere i diritti davanti ai profitti.

Con Antonio Musella, giornalista e attivista della rete "Commons", siamo partiti dal libro di cui è co-autore "Il paese dei veleni", per andare ad indagare quei "territori insorgenti" avvelenati e sfruttati in nome del profitto, che resistono ogni giorno per affermare altri modelli di sviluppo, rispetto ambientale e sovranità decisionale della popolazione. 

Questi territori insorgono e lo hanno fatto con una straordinaria determinazione il 16 novembre scorso. 

Antonio Musella ci racconta in particolare il #fiumeinpiena che ha riempito le strade di Napoli, frutto della campagna #stopbiocidio che oggi ha conquistato lo spazio che merita con le oltre centomila persone di piazza del Plebiscito e che vuole affermare una verità storica, ovvero la connivenza di uno stato-mafia fatto di politica, imprenditoria e organizzazioni criminali che hanno avvelenato quel territorio in maniera sistematica. I roghi che appestano la provincia di Napoli e la provincia di Caserta, gli sversamenti di veleni delle imprese sul territorio entrati a far parte della catena alimentare, rendono la Campania un laboratorio di cancerogenesi. Tutto questo, secondo Musella, è frutto di un modello capitalista contro il quale la piazza del 16 novembre ha gridato un'alternativa qui ed ora. Oggi in campania c'è una comunità fatta di diverse esperienze e sensibiità, che è irriducibile alle promesse delle istituzioni, che chiede bonifiche ma sotto il controllo popolare, che vuole democrazia e protagonismo dei cittadini contro le procedure speciali e lo stato d'emergenza. Come ci spiega Antonio Musella, le morti per malattia sono diventate un elemento scatenante di questo movimento, che vuole riprendersi in mano il proprio futuro, che si contrappone a uno stato-mafia che ha avvelenato quel territorio e che oggi non ha nemmeno la forza di dare proproste; #stopbiocidio è una piazza che chiede welfare e servizi, come il diritto alla salute, in un paese dove vengono smantellati. 

Quel grande fiume in piena a Napoli ha chiesto al governo un incontro, non per contrattare qualcosa ma per trovare un luogo in cui le proposte del movimento possano diventare soluzioni. Il prossimo 30 novembre in galleria Umberto I a Napoli si terrà un'assemblea pubblica del movimento #stopbiocidio che deciderà le prossime tappe; mentre il 7 dicembre sarà una giornata seminariale, di formazione in cui le comunità in lotta illustreranno la piattaforma di rivendicazioni che riguarderà il diritto alla salute, le bonifiche, la democrazia, l'agricoltura.

Dopo la grande giornata di mobilitazione sui territori del 16 novembre scorso si è rotto quel silenzio attorno ai grandi disastri ambientali del nostro paese, e da lì si apre un percorso in avanti da rilanciare.

Luigi del comitato NoInceneritori dell'Emilia Romagna ci ha descritto la giornata del 16 novembre a Parma, dove la coalizione dei centri sociali dell'Emilia Romagna ha espresso con radicalità il rifiuto dell'incenerimento dei rifiuti, e soprattuto ci spiega come quella giornata sia riuscita ad aprire un dibattito interessante in regione: è stata confermata infatti l'esistenza di un piano in atto in Italia, rappresentato dal ddl ambiente e nello specifico dall'articolo 23, che vede l'istituzione di una rete integrata di impianti di smaltimento su tutto il territorio nazionale e l'individuazione di tali siti. In Emilia Romagna ci sono già nove inceneritori, tre dei quali, probabilmente Parma, Modena e Coriano, rimarranno aperti anche dopo il 2020 (data indicata dalla UE per superare discariche e inceneritori). Luigi rilancia una mobilitazione regionale affinchè questo processo non vada avanti, individuando nel piano regionale dei rifiuti uno dei punti di aggressione necessari per poter imporre dal basso un'alternativa a discariche e inceneritori: per questo il piano deve essere bloccato.

PROGRAMMA COMPLETO RASSEGNA "FUTURO ANTERIORE" E PROSSIMI APPUNTAMENTI