Butcher’s crossing

La scomposizione dell’epopea del west nel crepuscolo della caccia al bisonte; le disillusioni del giovane Andrews di fronte alla crudele realtà di un mondo che finisce senza alcuna gloria e rimpianto

3 / 9 / 2014

John Edward Williams, poeta e narratore texano, nato nel 1922 e morto nel 1994, non ha goduto per buona parte della sua vita letteraria della notorietà che la lettura dei suoi, per altro pochi, libri avrebbe meritato. Il suo romanzo più importante - “Stoner” - pubblicato nel 1965 è stato per lungo tempo dimenticato dall’editoria sia negli Stati Uniti sia all’estero. In Italia solo nel 2012 l’editore Fazi l’ha proposto ai lettori ottenendo un buon successo.

Per chi si sia avvicinato alle opere di questo autore, l’impatto con la forza e la poetica della sua scrittura non può che averlo positivamente colpito. Williams è l’ennesimo esempio di come alcuni veri e propri giganti della narrativa siano rimasti per tanti anni sconosciuti ai più, solo perché sottostimati e poco pubblicizzati dagli editori e dalla critica. Ancora una volta è stato il successo ottenuto in Europa a rilanciarne di recente la pubblicazione e l’attenzione anche negli Stati Uniti. Bene ha fatto, quindi, l’editore Fazi a proporre di John Edward Williams, oltre a “Stoner”, il suo romanzo d’esordio, “Nulla, solo la notte” e “Butcher’s Crossing” di cui parleremo fra breve, consentendo ai lettori italiani di apprezzarne pienamente l’opera. Il quarto e ultimo romanzo di Williams, “Augustus”, è stato pubblicato da Castelvecchi. Oltre a questi e a un ultimo romanzo rimasto incompiuto causa la sua morte, Williams ha all’attivo anche due raccolte di poesie che, per ora, sono inedite in Italia.

Premesso ciò, è di “Butcher’s Crossing” che volevo parlare, non tanto perchè ritenga sia consigliabile cominciare da questo libro per affrontare la narrativa di John Edward Williams, bensì per il banale motivo che l’ho conosciuto leggendo questa sua storia. Un commentatore del New York Times Book Review ha scritto che “Butcher’s Crossing” avrebbe aperto la strada a Cormac McCarthy in quanto primo e migliore romanzo revisionista del west. Sinceramente non so se “Butcher’s Crossing” possa essere definito il battistrada dei romanzi che hanno re-inquadrato l’epopea del west in un contesto storico e sociale più realistico, spurgato dalla retorica e dal mito della conquista civilizzatrice che molto cinema, tv e letteratura americana hanno contribuito a creare nell’immaginario collettivo non solo degli statunitensi; probabilmente ve ne sono stati altri di libri che, allo stesso modo, hanno prodotto con successo e brillantezza la stessa operazione di revisione storica e sociale di quel periodo e, certamente, uno di questi è stato, insieme a “Butcher’s Crossing”, anche il capolavoro di McCarthy, “Merdiano di sangue”.

A mio parere si commetterebbe un errore ad approcciarsi a questo libro pensando a Cormac McCarthy. “Butcher’s Crossing” come pure “Meridiano di sangue” narra del west e del crepuscolo duro e sanguinario di un’epoca ma il paragone si ferma qui. Il libro di Williams è una gemma a sé stante e in questo senso va assaporato perdendosi nelle descrizioni delle grandi pianure sconfinate e seguendo i dialoghi e le movenze degli uomini selvaggi che sono i protagonisti della storia narrata.

L’ambientazione di “Butcher’s Crossing” lo avvicina piuttosto alle atmosfere crepuscolari e decadenti del libro di Milton Lott “L’ultima caccia” (I grandi autori western - Edizioni La Frontiera) e della sua versione hollywoodiana “The Last Hunt”, film diretto da Richard Brooks nel 1956 con Stewart Granger e Robert Taylor. Come nel libro di Lott la lunga stagione della caccia al bisonte, la grande mattanza in nome del profitto di un capitalismo primitivo fa da sfondo alla vicenda del libro di Williams. Ma anche qui il paragone riguarda esclusivamente l’ambientazione perché se quello di Lott è un vero e proprio romanzo western nella tradizione di questo genere, quello di Williams rompe lo steccato di genere; l’ossessione per la caccia al bisonte in “Butcher’s Crossing” assume nei personaggi del libro una ragione e uno stile di vita che non sanno abbandonare se non a discapito della perdita di sé stessi.

Il giovane William Andrews, il personaggio principale del libro, ha abbandonato Harvard e la vita urbana di Boston per inoltrarsi nel west, approdando nel 1870 in uno sperduto avamposto di cacciatori di bisonti del Kansas, alla ricerca della natura primordiale e selvaggia che lo possa avvicinare alla ricerca del significato profondo dell’origine del mondo e dell’esistenza dell’uomo. Un anelito questo espresso attraverso l’ansia che pervade il giovane Andrews che si ritrova in molta letteratura americana. L’incontro tra Andrews e il taciturno, tenebroso cacciatore Miller ricorda l’impatto del giovane Ismaele con l’equipaggio del Pequod e, in particolare, con il capitano Achab del capolavoro di Melville; così come la progressiva ossessione per la mattanza estrema dei bisonti che prenderà Miller e tutta la spedizione ricorda l’ossessione per la caccia al capodoglio che pervade la Pequod sino allo scontro finale di Achab con Moby Dick. Miller è il capitano Achab delle pianure ed è l’oceano d’erba e le selvagge montagne, la loro terribile bellezza ad avvolgere la spedizione come lo fu l’oceano per i personaggi di Melville. Con la sua prosa dura e asciutta Williams ci immerge nella natura selvaggia e ci avvolge nella densità della storia lasciandoci a volte senza fiato. “Butcher’s Crossing” è uno di quei libri che quando lo finisci ti lascia un vuoto dentro e quella domanda che per un po’ di tempo ti ritorna alla mente quando hai letto un bel libro: riuscirò a leggerne un altro che mi piacerà altrettanto? Ovviamente sì ma questo, come altri della stessa grandezza, apre una breccia e appaga pienamente il lettore per lo sforzo prodotto.

“Butcher’s Crossing” è allo stesso tempo il romanzo della formazione e disillusione del giovane Andrews, il racconto della fine di un’epopea crudele, drammatica, spurgata da qualsiasi colorazione romantica, la storia dura e spietata della vita di un gruppo di cacciatori, la loro cruda brutalità messa a nudo dalla violenza delle loro azioni (in questo caso la grande caccia e il confronto con la forza della natura). Nel libro tutti perdono qualcosa, qualcuno anche la vita e nessuno ne esce indenne e tanto meno arricchito nella coscienza. La natura, la sua forza incombe sulla vicenda di questi uomini, sulle loro piccole storie, speranze, progetti e delusioni. E’ un romanzo solido, crudo ed epico allo stesso tempo. La prosa di Williams si arricchisce a tratti di descrizioni essenziali, minimaliste per poi esplodere con potenza e ariosità quando protagonista diviene la bellezza della natura, la sua forza e la sua cruda essenza nel cui ventre si svolge la vicenda umana di Andrews, di Miller, dei compagni della spedizione, degli uomini e delle donne di Burcher’s Crossing.

 

info:

John Edward Williams

“Butcher’s Crossing”

Fazi editore

 

2 settembre 2014