Il lungo addio alla neutralità della Rete

Internet. Approvato il nuovo regolamento della Fcc statunitense sull’accesso al world wide web. «Più paghi, più vai veloce». È il principio che gli Usa vogliono introdurre per regolare la navigazione on-line

16 / 5 / 2014

Stiamo seguendo con interesse il passaggio che le grandi imprese dei Big Data stanno imprimendo alla gestione della rete.

Come spesso avviene la decisione assunta negliUSA di accogliere la possibilità di 'viaggiare' in rete a 2 velocità, una per i comuni mortali e una per eletti, segna una svolta nel web, nella sua gestione, nelle regole scritte, in quelle della net_etiquette, nella sua filosofia e prassi.

L'articolo di Benedetto Vecchi ci guida ed aiuta a comprendere la trasformazione in atto.

Net-neutrality della Rete addio. È la prima valu­ta­zione del voto in base alle quale il «Fede­ral Com­mu­ni­ca­tion Com­mit­tee» sta­tu­ni­tense ha appro­vato il piano pre­sen­tato ieri dal suo pre­si­dente, il demo­cra­tico Tom Whee­ler, nella ses­sione di lavoro per discu­tere le nuovo norme per rego­la­men­tare l’accesso al Web. Il nuovo rego­la­mento, che è il primo di una serie di inter­venti della Fcc per ren­dere ope­ra­tivo il pro­getto chia­mato spa­val­da­mente «Open Inter­net», acqui­si­sce molte delle richie­ste da parte dei grandi for­ni­tori di accesso al web di una dif­fe­ren­zia­zione della velo­cità di navi­ga­zione nella Rete in base il costo di con­nes­sione. Una logica in base alla quale «più paghi più vai veloce» che, secondo imprese come Com­cast, Veri­zon, Time War­ner Cable e At&t, oltre a ren­dere Inter­net più appe­ti­bile per società che basano il loro busi­ness sulla Rete, può favo­rire stra­te­gie impren­di­to­riali che ten­dono all’innovazione di pro­dotto e di pro­cesso. Una posi­zione, que­sta degli Inter­net pro­vi­der, for­te­mente con­te­stata da altre major della Rete e dai social net­work (Goo­gle, Face­book, Net­flix, Apple, la stessa Micro­soft), che invece hanno nei sin­goli il loro «mer­cato». Nei giorni scorsi, inol­tre, non sono man­cate prese di posi­zione sui media main­stream, che pole­mi­ca­mente hanno attinto al les­sico poli­tico di Occupy Wall Street, per pun­tato l’indice con­tro Fcc, ostag­gio dell’un per cento di ric­chi e imprese che vogliono «cor­sie pri­vi­le­giate in Rete», lasciando così ai mar­gini il restante novan­ta­nove per cento che vuole invece man­te­nere la neu­tra­lità della Rete. Finora il rego­la­mento sta­bi­liva che chi acce­deva alla rete aveva diritto agli stessi ser­vizi, senza nes­suna distin­zione. In altri ter­mini, la rete doveva restare «neu­trale» rispetto i con­te­nuti che vei­co­lava. In base a que­sto prin­ci­pio chi usa Inter­net per comu­ni­care, sca­ri­care video, file musi­cali o par­te­ci­pare a un social net­work ha gli stessi diritti di chi, invece, la usa per fare affari.

Arriva la mail-bombing

Le indi­scre­zioni sulla pro­po­sta della aveva visto scen­dere in campo cen­ti­naia di migliaia di inter­nauti, decine di asso­cia­zioni dei diritti civili, che hanno accu­sato l’organismo fede­rale sta­tu­ni­tense di ledere il diritto di accesso alla Rete per­ché il nuovo rego­la­mento legit­tima la sua sosti­tu­zione con una prin­ci­pio legato al censo: «più paghi più vai veloce», appunto. Nelle set­ti­mane scorse, quando le pole­mi­che sulle indi­scre­zioni hanno rag­giunto l’acme, il pre­si­dente della Fcc aveva invi­tato a inviare all’ente fede­rale sug­ge­ri­menti e pro­po­ste per miglio­rare il rego­la­mento in vigore, che sta­bi­li­sce appunto il prin­ci­pio della «neu­tra­lità della rete». Nella posta elet­tro­nica della Fcc sono arri­vate, in pochi giorni, oltre cen­to­mila e-mail, la stra­grande mag­gio­ranza cri­ti­che verso il pos­si­bile nuovo regolamento.

Un’ondata di cri­ti­che che non ha lasciato indif­fe­rente Tom Whee­ler, da sem­pre con­si­de­rato molto vicino al pre­si­dente Barack Obama. In primo luogo, per­ché anche molti depu­tati e sena­tori demo­cra­tici hanno espresso eguali cri­ti­che al Con­gresso e al Senato negli Stati Uniti, chie­dendo il diretto inter­vento del pre­si­dente, che ai tempi della sua prima ele­zione si era espresso a favore della «neu­tra­lità della Rete». In secondo luogo, per­ché molte delle imprese a favore della «net-neutrality» hanno gene­ro­sa­mente finan­ziato la seconda ele­zione di Obama. Ed è per que­sto che Whee­ler ha dichia­rato che il voto di ieri — i tre espo­nenti demo­cra­tici hanno votato a favore, men­tre i due rap­pre­sen­tati repub­bli­cani hanno votato con­tro — esprime più che una deci­sione a favore del nuovo rego­la­mento, un indi­rizzo poli­tico alla neces­sità di «inno­vare» le norme sta­tu­ni­tensi sulla Rete. Il pre­si­dente della Fcc ha infine indi­cato le pros­sime set­ti­mane come il periodo dedi­cato a miglio­rare la bozza di rego­la­mento, intro­du­cendo norme che tute­lino il il prin­ci­pio dell’eguale diritto di accesso alla Rete.

Il voto apre però un altro fronte pro­ble­ma­tico per gli Stati Uniti. L’Europa ha deli­be­rato norme a favore della net-neutrality. La Cina, India, Bra­sile — le potenze eco­no­mi­che emer­genti — si sono sem­pre espresse a favore della neu­tra­lità della Rete, ven­ti­lando la pos­si­bi­lità di svi­lup­pare una rete alter­na­tiva a quella «ege­mo­niz­zata» dagli Stati Uniti. Pos­si­bi­lità vel­lei­ta­ria, certo, visto l’alto grado di inter­di­pen­denza sta­tale attorno al fun­zio­na­mento della Rete, ma che esprime rude­mente una posi­zione che con­si­dera la deci­sione degli Stati Uniti vin­co­lante solo per gli sta­tu­ni­tensi e non per gli altri inter­nauti, ormai il set­tanta per cento degli utenti mon­diali del world wide web.

Una lea­der­ship contestata

Gli orga­ni­smi di gover­nance di Inter­net (dedi­cati alla asse­gna­zione dei domini, alla defi­ni­zione degli stan­dard di comu­ni­ca­zione, le regole sulla pro­prietà intel­let­tuale e sulla tutela della pri­vacy) sono da anni con­trad­di­stinti da una vivace discus­sione che sta met­tendo in discus­sione la lea­der­ship ame­ri­cana sul cyber­spa­zio. Lo stesso si può dire dell’Onu, dove ormai è quo­ti­diano il richiamo al diritto uni­ver­sale di accesso alla Rete. Que­sto signi­fica che Washing­ton e le imprese Usa hanno sì un forte potere di indi­rizzo per quanto riguarda le regole inter­na­zio­nali sulla Rete, ma che gli altri paesi e orga­ni­smi sovra­na­zio­nali non sono più dispo­sti ad accet­tare supi­na­mente l’egemonia Usa.

L’addio alla net-neutrality sarà quindi molto più lungo e arduo di quanto si possa dedurre dal voto espresso ieri dalla Fcc. Gli osta­coli stanno nella con­tra­rietà al nuovo rego­la­mento da parte di molte imprese ame­ri­cane e nell’indisponibilità ad abban­do­nare la neu­tra­lità della Rete di molti altri paesi. E nell’opposizione di molti inter­neauti, che già mal tol­le­rano la dif­fe­ren­zia­zione delle tariffe di accesso alla Rete impo­ste dagli Inter­net pro­vi­der e che chie­dono sem­pre più a Nord come a Sud, ad Est come ad Ovest ai governi dei rispet­tivi paesi di isti­tuire forme di accesso gra­tuite alla Rete.