Il pesce e la rana

Lettera aperta di Militant A, sulle ultime note di Gue Pequeno*

21 / 10 / 2009

Un pesce è un pesce, e una rana è una rana.

Quanto rumore per un articolo su una rivista musicale. Questo pezzo di giugno su XL diventerà un “classico”. Ma perché tanto fermento? Spesso le interviste musicali sono noiose e inutili, con quelle domande che quando rispondi pensi ad altro. Invece qui bam, subito al dunque. Gue mi accusa di essere andato pesante dalla prima riga. L’incipit era un po’ forte, ma serviva ad attirare l’attenzione del lettore: “Una donna non può sentirsi una donna se sente i Club Dogo…ecc.”, me l’ha detto una mia amica del nord, e l’ho trovato un ottimo espediente narrativo per intrigare il lettore distratto: “E che diranno mai questi qua di così pesante?”. L’ho usato per conquistare alla lettura. Non volevo offendere, ma creare interesse. Era chiaramente una battuta esagerata. Ma simmetrica alle rime dei Club Dogo. L’articolo per il resto è misurato. Tutti possono leggerlo e rendersene conto da sé. Ho cercato di dare uno spessore mainstream a dei discorsi underground. E coinvolgere anche quelli che del genere musicale rap se ne fregano. Per allargare il pubblico. Sono stato chiamato per questo dalla Universal. E anche pagato (come dice Gue nella sua lettera, e non dalla casa discografica, né da famiglia cristiana, ma da XL). Certo pagato. Ma che vado gratis? Io sono quello che fa benefit per tutti, ma non per tutti, tutti, tutti. Comunque pagato una miseria, che ancora non ho visto, saranno 200 euri se tolgo tutte le spese e le tasse. E’ per questo che considero questo lavoro un’opera di aiuto alla costruzione di un “sentire comune”. Se penso ai soldi mi viene da ridere. Ho dato molto più di quello che ho avuto. Ho lavorato sopra a quella intervista con passione e dedizione prima e dopo l’incontro per almeno tre giorni proprio per farne un pezzo quasi di letteratura. L’ho dovuto limare e ri-limare per farlo entrare negli spazi. Con le descrizioni dei componenti del gruppo, l’evocazione del primo disco, le discussioni sulla cocaina, ecc. Se vogliamo aprire il dibattito sui contenuti, ok, è stato fatto apposta. Ma guardare dentro questa botola dei mostri che si è aperta su internet, è una pena. Ma che c’è l’impazzimento generale? Gli stessi Club Dogo durante l’intervista mi dissero più volte che quelle domande erano stimolanti, profonde, che davano l’assist per parlare di tutti gli argomenti in libertà. Poi d’un tratto la materia si è trasformata in merda e sono iniziati gli insulti.

E allora, do la mia versione su come è nato l’affare. Per capire come funzionano le cose. Scusate se è un po’ noioso, ma sono costretto per ristabilire un po’ di coerenza in rete. E’ stata Rossana (la responsabile marketing dell’etichetta Universal) a inseguirmi e convincermi a fare il “fatidico” pezzo che ha dato il via al ciclone. Quando ci sentimmo la prima volta al telefono (persona molto cordiale), io espressi subito i miei dubbi. Le spiegai che non la consideravo una buona idea. Non ero io la persona adatta per “celebrare” l’uscita del loro nuovo disco. Perché Assalti Frontali e Club Dogo sono diversi e questo prima o poi sarebbe emerso. E poiché c’era anche un biglietto d’aereo costoso, il taxi per andare e venire dall’aeroporto, l’affitto di una sala per farmi ascoltare Dogocrazia, i rinfreschi, ecc., (tutto questo, invece, a carico Universal) e soprattutto l’uscita di un disco con investimenti importanti, mi spiaceva che io, con la mia identità, avrei fatalmente lavorato su elementi che invece erano di critica, positiva, ma critica.

Perché un pesce è un pesce e una rana è una rana.

Anche se per un breve tratto dell’evoluzione possiamo nuotare insieme, prima o poi ognuno finirà nel proprio ambiente naturale. E non volevo essere scortese con chi mi ospitava. Glielo feci presente alla Rossana, ma lei mi disse che era proprio questa l’intenzione del gruppo: parlare dei “rumors”. Perché, diceva testuale, i Club Dogo volevano scrollarsi di dosso l’etichetta di gruppo sessista ecc. e volevano affrontare l’argomento. Bene. Parlai dei miei dubbi anche con Esa, che era con me in quei giorni a Lampedusa, per cantare in un benefit davanti al CIE, e lui mi suggerì di andare. Non è vero che non ci pensai nemmeno due volte. A me questa cosa mi creava degli imbarazzi. Se qualcuno mi paga non è che mi compra.

Io dirò sempre quello che penso. E non volevo finire in una guerra tra rapper. Siamo seri. Mi interessa parlare dei comportamenti sociali. Dell’identità di un gruppo, che è il 70% della sua potenza. Ma in questo momento il mio lavoro è rivolto a tutt’altro nel campo del rap. Ma insomma, alla fine, vado. Forte anche di un legame passato con i Club Dogo, non solido, ma di rispetto a distanza. L’occasione che ci dava XL non era male. Ma io NON sono di XL. Io vengo dagli spazi sociali, cammino nel movimento, pubblico i mie interventi su www.globalproject.info, e a quella area politica appartengo, con tutta la sua costellazione. Degli scazzi tra la rivista e il gruppo sono al di fuori. Me ne sbatto. E se non volete andare su XL perché siete esasperati, non ci andate! Chi ve lo ha proposto? Io sono uno leale. Ho detto subito quello che avrei fatto. Don Jo lo sa. Jake lo sa. Non avrei parlato del suono del disco. E non ho dato voti a nessuno. Sono andato apposta a cercare i “rumors” di un certo tipo proprio per farvi rispondere. Ho lavorato per questo e fatto ricerca.

Ho speso il mio tempo. Ma perché avete chiamato Militant A? Che ci facevo io in quello studio? Io non sono un traduttore, e poi voi parlate la mia lingua, vi capisco. Gue, se tu tutto questo non lo sapevi, devi fare un dissing sulla tua manager! (Scherzo). Ora non so se lei decide cose che voi non sapete sulle scelte comunicative, (e questa cosa potrebbe essere una rivincita beffarda in fatto di potere femminile), ma così sono andate le cose. E in fondo è stata brava, complimenti, ci ha visto lungo. Appena sono entrato nella sala ho chiarito subito di che cosa avremmo parlato e come avrei trattato l’argomento, tanto più che c’è un video quasi integrale (che a me personalmente non piace, perché lungo e pesante). Tutti i presenti lo sanno. Questi sono i fatti. Morale: che palle!

E poi basta con queste storie dei moralisti e dei cattivi in croce. Voglio vedere alla fine della vita come siamo messi. Mi viene da ridere a pensare che noi saremmo i moralisti, ma ve ne prego! Per strada stiamo con tutta la fauna che c’è oggi in strada. A Via dei Volsci, negli altri spazi sociali, c’è gente che… ma lasciamo stare. Chiedete ai vostri amici che sono a Roma e smettiamola con tutte queste cazzate. Ognuno è quello che è.

Nel mio articolo avete fatto la vostra storia e vi siete spiegati su tutte le questioni. Ho detto che i Club Dogo sono un gruppo che rappresenta un’epoca. Non la fate lunga sull’origine del mondo. Ci siete rimasti male per il finale? Non credo di avere offeso nessuno. E comunque alla fine il girino diventa rana e si separa dal pesce. E’ inevitabile. Sono i nostri sogni e i valori di riferimento che ci separano. L’approccio verso il prossimo. Il rap è presa di parola, è poesia, per me, non è aggressione verso l’altro. E anche il tuo dissing indica che le strade dovevano separarsi.

Io non avrei mai fatto una cosa così fredda e sgradevole a uno della scena. Uno con cui c’era anche un filo di legame. E’ una tristezza. Gue, siamo molto diversi. Dici che è stata una cosa all’americana, un po’ simpatica. Bene, a me non sembrava ironica. Sembrava più uno sfogo contro tutta un’area sociale, anche perché il mio nome non è solo quello di Luca, ci sono tanti fratelli e sorelle che non vengono nemmeno ai concerti e se ne sbattono del rap, e si sentono coinvolti e mi chiedono chi sono questi Club Dogo, che vogliono? E’ per questo che parlavo in generale dei valori ai quali il mio nome si identifica. Tutto questo resterà nei nostri curriculum.

Ma ora io non voglio più pensare a queste cose come a un conflitto tra due gruppi. Anzi, non ci voglio proprio più pensare per un po’. Io lavoro per il bene della comunità. Non si torna indietro. Ognuno il suo. Ai fratelli che mi chiamano da tutta Roma e dall’Italia, dico state calmi. Trasformiamo questo accumulo di energia in arte. In discussione che ci fa crescere tutti.

L’hip-hop fu creato per questo. Come diceva Afrika Bambaataa: Peace!

Militant A

P.S.: Per quanto riguarda la questione concerto al Leoncavallo il 30 ottobre prossimo. Il Leoncavallo decide in maniera autonoma, noi non entriamo nelle loro scelte sulla programmazione musicale.

*Cantante dei ClubDogo leggi la sua risposta  al primo intervento degli Assalti

Links Utili: