La pianura in fiamme

Il Messico rurale e la coralità dei suoi poveri villaggi, la sua vita quotidiana e la lotta per vivere alle avversità naturali e umane nel racconto realistico e magico di Juan Rulfo

11 / 6 / 2014

“San Gabriel esce dalla nebbia umida di rugiada. Le nubi della notte hanno dormito sul paese cercando il calore della gente. Adesso sta per uscire il sole e la nebbia si alza adagio, arrotolando il suo lenzuolo, lasciando filacce bianche sui tetti. Un vapore grigio, appena visibile, sale dagli alberi e dalla terra bagnata attirato dalle nubi; ma svanisce subito. E dopo viene il fumo nero delle cucine, odoroso di leccio bruciato, a coprire il cielo di cenere. In lontananza le colline sono ancora in ombra. Una rondine ha tagliato le strade e poi è suonato il primo rintocco del giorno. Le luci si sono spente. Allora una macchia come di terra ha avvolto il paese, che seguita a russare ancora un poco, addormentato nel colore dell’alba.”

 

E’ l’inizio di uno dei diciassette racconti che compongono il libro “La Pianura in fiamme” di Juan Rulfo, scrittore messicano affatto prolifico che, insieme a questa raccolta di racconti scritti nel 1953, ha composto un solo romanzo nel 1955 dal titolo “Pedro Pàramo”. Confesso che non conoscevo questo autore, se non per averne sentito vagamente parlare in qualche chiacchera con amici mentre si discuteva di quali autori centro e sud americani si avesse o meno letto e apprezzato. Quando, finalmente qualche settimana fa, ho fatto conoscenza con la sua scrittura, si è trattato di una scoperta gradevolissima e di un’esperienza piacevolissima.

Nella prefazione al libro edito da Einaudi, Ernesto Franco, scrive che Juan Rulfo “è stato ed è uno scrittore circondato da leggende” e ne ha ben ragione, vista la sorprendente e straordinaria capacità che ha avuto, nonostante una brevissima e folgorante escursione letteraria – due sole opere in pratica tra gli anni 1953 e 1955 – di incantare autori come Marquez, Borges e Cortàzar.

Si narra che alla domanda fattagli da Enrique Villa-Matas, noto scrittore e saggista catalano, del perché non scrivesse più, Rulfo gli abbia risposto che essendo morto lo zio Celerino che gli raccontava le storie, non aveva più nulla da scrivere. In realtà Juan Rulfo ha svolto anche l’attività di sceneggiatore e di fotografo e ha animato con altri la vita culturale messicana dagli anni ’30 agli anni ’70 del ‘900 ma, rimane sorprendente il suo grande impatto letterario sui maggiori autori centro e sud americani con una produzione così scarna. Il mistero, però, viene svelato se solo ci si approccia alla lettura delle sue storie.

Juan Rulfo ne narra tantissime nei diciassette racconti che compongono “La pianura in fiamme”; tutti i singoli racconti sono un insieme di storie accennate, sussurrate in pochi tratti, richiamate nei ricordi dei personaggi e calate nelle folgoranti descrizioni della terra messicana che fa da sfondo alla narrazione. Perdersi dentro a questo raccontare e trovarsi ad immaginare quale storia appartiene a questo o a quel personaggio che compone la coralità delle voci narrate, appaga la lettura tanto quanto il lasciarsi condurre dalla prosa raffinata, essenziale e, allo stesso tempo, densa e complessa, della sua scrittura.

Nei diciassette racconti Rulfo narra del Messico, quello profondo, rurale degli anni ‘40 e ‘50 del secolo scorso, uscito dalla rivoluzione e dalle guerriglie. Uomini, donne, bambini e vecchi che lottano per vivere ogni giorno in una terra scossa dagli eventi atmosferici che segnano in positivo o in negativo, secondo una naturale casualità, una terra povera e apparentemente inospitale: acqua, vento, siccità sono i grandi protagonisti delle storie raccontate e dentro questo microclima si svolgono le vicende di sangue, di vendetta, di crudeltà di contadini, di contrabbandieri e banditi, alcuni anche loro malgrado, diventati questi semplicemente per fame o perché trovatisi lì, in quel momento, senza altra alternativa che combattere contro altri eserciti di poveri, anch’essi per puro caso avversari.

In un Messico allo stesso tempo realistico e magico, che la grande scrittura di Rulfo riesce a rappresentare, si snodano nella quotidiana banalità del vivere delle comunità contadine le vite, i sentimenti, i legami affettivi e sociali. A incombere è la morte, violenta o naturale, a volte determinata dalla vendetta e dai peggiori e infimi sentimenti di odio e gelosia, altre volte intervenuta per il naturale corso delle cose. Rulfo scrive storie semplici, folgoranti per prosa e per brevità, che lasciano il lettore a bocca aperta ogni volta che finiscono o sembrano interrompersi improvvisamente con un punto finale. Date retta: vale la pena sperimentare questa esperienza di lettura.

 

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