La vecchia e la bambina

Corazon del tiempo: il film che non ti aspetti

22 / 10 / 2009

Sono indigena e sono donna, e questa è l'unica cosa importante adesso. Comandanta Esther.

Nonna Zoraida si accende un'altra sigaretta. Nonna Zoraida ha sempre una risposta per la piccola Alicia, curiosa del mondo e della vita. Sua sorella maggiore Sonia sembra si sia innamorata del tenente insurgente Julio, pur essendo promessa al bravo dirigente Miguel, che si è impegnato cedendo una vacca alla sua famiglia: per Alicia è coraggiosa a pensare di lasciare la comunità d'appoggio per seguirlo nell'organizzazione armata che si nasconde in montagna. Quando l'anziana donna le risponde "e chi ha detto che i coraggiosi pensano?" capisco che ho sbagliato approccio. Non è una faccenda "per militanti". Non è un filmato sul Chiapas, un documentario, nemmeno una docufiction. E' un film. E' il primo film chiapaneco. E' neorealismo zapatista. E non solo perché è un lungometraggio in 35 mm realizzato dal regista Alberto Cortes assieme allo sceneggiatore Hermann Bellinghausen, un nutrito cast artistico e tecnico, i componenti della comunità La Realidad: un progetto formulatosi e conclusosi nell'arco di circa quattro anni, coprodotto dalla Giunta del Buon Governo de La Realidad, applaudito a San Sebastian, Sundance, Viva Fest, Guadalajara, Toulouse, per tre settimane in programmazione a Città del Messico. Ma perché dentro, declinato in una storia d'amore, è possibile identificare tutta la filosofia di vita, tutto il senso dell'essere zapatista. Oggi, a 15 anni dal Levantamiento e 25 dalla fondazione dell' Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

C'è qualcosa di raro nella rappresentazione di una traccia apparentemente elementare quale è quella che descrive il percorso di un amore "difficile" e contrastato: è il valore aggiunto conferito dagli indigeni che mettono in scena se stessi. Una sinergia straordinaria tra la determinazione di gente di cinema a trasformare in scrittura cinematografica la fascinazione provata esplorando le comunità zapatiste e la collaborazione alla scrittura stessa e alla sua trasposizione offerta da uomini e donne che di quelle comunità sono la sostanza fatta di carne, pensiero, sentimento. Cuore.

Ci viene così offerto uno sguardo approfondito su una realtà tanto circoscritta geograficamente quanto in grado di informare di sé il pensiero occidentale che ruota attorno ai valori della libertà, dell'uguaglianza, della fratellanza. Una storia semplice, rappresentata con quella freschezza e naturalezza che solo i non professionisti sanno mettere in campo. Che si intreccia con il vissuto di tre generazioni e con quel precetto chiave - camminare domandando - che costituisce la peculiarità dell'esperienza zapatista. Una storia molto intima, centrata sul percorso che ancora attende la donna indigena prima di raggiungere il traguardo di una completa emancipazione. Allo stesso tempo collettiva, nella misura in cui tutta la comunità d'appoggio e l'insurgentia sono chiamate a confrontarsi con la risoluzione di un problema che è sì soggettivo, di sentimenti, ma contestualmente anche politico. Di crescita collettiva. Di autoformazione.

Pensato e confezionato per la distribuzione nelle sale cinematografiche, è un film che ci mostra di che cosa sono capaci gli zapatisti sul terreno artistico e culturale, quanto il cuore possa a buon diritto occupare un posto di primaria importanza in tutte le scelte, come la felicità individuale possa essere parte del bene comune. Certo non dimentica i passamontagna, i soldati regolari, gli elicotteri, le lotte in cui si schierano anche donne e bambini, la terra, la montagna, gli animali. Ma chi ha avuto la fortuna di attraversare quelle comunità può ritrovare tutta l'onestà intellettuale e tutta la passione per il simbolico, il fantastico, che fa molto spesso del loro pensiero politico una narrazione in forma di parabola. Ritrova la determinazione ad agire il terreno della lotta, ad essere protagonisti del proprio destino, a guardare costantemente al futuro, perché il cammino è ancora lungo. "Non bisogna mai pentirsi di nulla" dice ancora alla nipotina quella anziana indigena cui mezzo secolo prima era stato l'amore a indicare la strada. Per seguire ciò che le diceva il cuore aveva lasciato la schiavitù dei suoi antenati nel latifondo. Aveva scelto la selva. Senza impartire lezioni insegna alla bambina che ascoltando il cuore è possibile e giusto mettere in discussione tradizioni e convenzioni, ancorché rivoluzionarie.

Bella serata lunedì 19 ottobre scorso al Multiastra di Padova per la proiezione organizzata da Ya Basta. Sala gremita, tantissimi i giovani. Attenzione ed entusiasmo. E un po' di salutare commozione per qualche vecchia Scimmia Bianca.