"Le foi en le feu fou"

Intervista ad Elisabetta Falanga, di origine calabrese, giovane componente del collettivo artistico situato in Belgio, “Le foi en le feu fou” (in italiano “La fede nel fuoco pazzo”)

27 / 12 / 2013

Quando e come nasce la vostra associazione? Quali sono gli intenti di partenza ed i vostri obbiettivi?

La nostra non è ancora un’associazione, ma per il momento un collettivo, anzi una banda.

L’idea nasce dal soggetto di tesi per il mio master in gestione culturale. Avendo studiato filosofia e avendo fatto esperienza, amatoriale, di diverse pratiche artistique oltre che di attivismo politico, il mio intento era di riunire tutto questo in un unico progetto di applicazione.

Il nome è la Foi en le Feu Fou, che vuol dire la fede nel fuoco folle e simbolizza l’elemento di contestazione dell’ordine prestabilito, del sacro, dell’istituzione politica, notamente rappresentato dal fuoco fin dalle più antiche civiltà (fuoco sacro, fuoco domestico, fuoco dell’altare ...), e il protendere verso la follia come manifestazione dell’elemento estraneo, non riconosciuto o codificato e quindi eretico. In più in francese questa frase crea una consonanza insolita, la lettera F non è molto utilizzata e l’effetto è una lallazione che ricorda il manifesto Dada, il riferimento non è certo casuale.

La FoiFeuFou infatti vuole sottolineare questo legame con i movimenti di Avanguardia artistica, in particolare con il situazionismo. La sua missione è quindi il promuovere le arti performative (nel doppio senso di creatrici di cambiamento e di performance ) che si delineano come le più “politiche” sfuggendo alla logica di produzione di materiale da immettere in un mercato, contro quindi quell’industria culturale avallata dalla logica capitalistica dell’ultimo secolo. La performance è infatti azione, esperienza che si vive nel dato momento della sua manifestazione e che è fruibile solo dai presenti che instaurano un nuovo canale comunicativo con gli artisti. In questo risiede la sua natura politica.

L’obbiettivo di quella che sarà l’associazione FoiFeuFou è di intervenire in momenti e in luoghi specifici e simbolici, per lo più istituzionali, per fare delle grosse performances pubbliche facendo così contestazione politica ma attraverso l’arte. In parallelo si svolgeranno attività collaterali come tavole rotonde, laboratori artistici in quartieri difficili di Bruxelles...

Arte politica, come la pensate voi su questo punto? Che tipo di messaggi volete trasmettere, e in che modo?

 Per quanto mi riguarda sono nostalgicamente legata ad una visione originaria dell’arte, un legame imprenscindibile fra estetica e etica. Sono convinta che l’arte non sia nè qualcosa di transcendentale, di assoluto, lontano da noi, legata ad una sfera quasi divina, nè tanto meno una ricerca tecnica o tecnologica, un affinarsi delle pratiche manuali che rispecchi turbe maniacali di un qualche soggetto narcisista amante di masturbazioni solipsistiche.

Dall’alba dei tempi l’arte riprendeva e traduceva in termini estetici motivi della vita quotidiana, quindi strettamente legata alle pratiche, prima che fosse istituzionalizzata e strumentalizzata a fini propogandistici prima e commerciali poi. Nella nostra visione quindi arte e politica sono strettamente connesse e la forma della performance viene riconosciuta come la più adatta a questa compenetrazione.

I messaggi da trasmettere: è difficile dirlo così, a priori, ma in linea generale ci schieriamo con i più deboli, con le minoranze, con gli emarginati; contro le politiche di repressione, la violenza dello stato e della legge, l’ipocrisia morale, le ingiustizie sociali, l’identità nazionale e reazionaria ...

Qual è la situazione economico politica del Belgio? Come si vive nella città sede del parlamento dell'Unione Europea? Quali sono le zone d’ombra? Sono tanti i giovani presenti provenienti dai paesi del sud dell’Europa in cerca di lavoro?

Il Belgio è un paese molto controverso. Ci sono molte tensioni interne e altrettante che intervengono dall’esterno. Il paese è diviso in tre federazioni, tre comunità e tre regioni. Ogni livello prende in carico la gestione di diversi aspetti politici e amministrativi fino poi ai comuni che hanno la loro autonomia, pur restando nel quadro dettato dalle entità superiori. Il dibattito più antico e pesante è fra la cultura (e la lingua) fiamminga e francofona, o wallona.

Ci sono delle sostanziali differenze infatti fra queste due comunità, a livello di riferimenti culturali, di stile di vita e di assetti logici e mentali, sicuramente legati alla differenza delle lingue, il neolatino francese, più elegante e letterario, e l’anglossassone olandese/fiammingo più pragmatico. A Bruxelles assistiamo ad un multiculturalismo eccezionale, con una grande presenza di popolazioni del sud europa (italiani e spagnoli in primis, e molti turchi) ma anche tantissime del sud del mondo, africani, mediorientali e sudamericani.

Questa presenza massiccia crea un panorama della città molto variegato e colorato che arriva a mitigare l’aria del nord e dare l’impressione di essere altrove. Per questi motivi il dinamismo culturale è attivissimo, forse per combattere il grigio malinconico, ma in contrapposizione davvero poco interesse per le questioni politiche. Almeno per quello che intendo io per politica, perchè invece la notizia, il gossip, relativo ai politicanti dei diversi paesi del mondo è all’ordine del giorno.

A livello economico si vive bene, il ceto medio/alto borghese è molto presente, si percepisce un’economia aperta, “i soldi girano”, anche se ultimamente sono stati effettuati vari tagli dettati dalle politiche di austerità e sia iniziata la propaganda anticrisi (volta credo a instaurare una certa tensione verso i migranti in particolare verso quelli di religione musulmana), il costo vita rimane molto caro, e per noi poveracci l’unico modo di sopravvivere è rifugiarsi nei quartieri africani o arabi dove si arriva ancora a comprare a prezzo basso, a contrattare, e a cavarsela facendo un giro alla chiusura dei mercati.

La destra, soprattutto della parte fiamminga, è fortemente reazionaria e razzista. I gruppi politici più forti a livello nazionale sono i cristiani e i socialisti (quel socialismo moderno che non conserva niente degli albori e che si avvicina pericolosamente all’estrema destra) i quali intervengono in termini di assicurazione sociale e medicale, attraverso sindacati e casse mutue.

Per quanto riguarda le istituzioni europee, forse non sono la persona adatta a parlarne, nutro un’intima e insistente antipatia per tutto ciò. Già passeggiando nel quartiere europeo si percepisce un cambiamento di atmosfera, la gente bien vestita, i locali gremiti per l’aperitivo, la superficialità dei discorsi. É inutile dire quanta gente ruoti intorno a questi vertici di potere nonché macchine sputa soldi. Moltissimi italiani, anzi forse sono i più numerosi, il mio sguardo critico e periferico ha riconosciuto sin dall’inizio l’impronta italiana, per i locali, per lo stile di eleganza vuota e superficiale, per la mentalità “vediamo se troviamo qualcuno che può aiutarti”.