Lottando per una vita normale - I rifugiati somali in Italia

Mostra fotografica di Lorenzo Masi*

21 / 5 / 2012

Martoriata da venti anni di Guerra civile la Somalia è oggigiorno uno dei paesi più poveri e pericolosi del mondo. Per non rischiare di essere uccisi o costretti a combattere al fianco di una delle fazioni in lotta in questa guerra infinita molti somali scelgono la via dell’espatrio in un paese straniero. In considerazione della sua posizione nel Mar Mediterraneo e del passato coloniale che la lega alla Somalia, l’Italia rimane una delle mete favorite per coloro che fuggono dal paese del Corno d’Africa. Il percorso abituale per raggiungerla implica un lungo tragitto nel deserto su mezzi come camion e autobus, fino a giungere alle zone di imbarco generalmente distribuite nei pressi della città di Tripoli. Se l’attuale incerta situazione politica locale non permette un’adeguata analisi della sorte dei rifugiati in viaggio sul territorio libico, va registrato come, durante il regime di Geddhafi, gli accordi presi nel 2008 tra il governo libico e, con chiaro tornaconto anche per gli altri paesi europei, quello italiano, facessero sì che i migranti in transito attraverso il paese Nord Africano, già abitualmente tratti in arresto per richiedere riscatti alle famiglie in Somalia, venissero trattenuti in carcere per impedir loro il raggiungimento delle coste della penisola. Superato questo insieme di peripezie i cittadini somali finalmente giunti in Italia vengono posti sotto Protezione Internazionale, secondo la Convenzione sui Rifugiati stipulata a Ginevra da vari paesi europei nel 195, in quanto provenienti da un paese in guerra. L’assistenza da parte dello stato italiano in ogni caso si limita a tale riconoscimento. Fatto salvo qualche sporadico intervento da parte del ministero competente non esiste un alcun programma centralizzato ed efficace per fornire ai rifugiati alloggio, supporto nell’apprendimento della lingua e assistenza nella ricerca di un impiego. Di conseguenza molti di essi si trovano costretti a vivere in edifici abbandonati o, quando come spesso accade, questi edifici vengono sgomberati, all’interno di centri di accoglienza in grado di ospitarli solo per un breve periodo di tempo. In questa situazione, costretti a spostarsi da un alloggio di fortuna all’altro, tentando, spesso sostenuti da associazioni no profit locali, di imparare la lingua e di trovare un lavoro, i rifugiati lottano tutti i giorni per condurre una vita normale, obbligati, tra l’altro, a rimanere in Italia secondo i dettami degli accordi Dublino II, i quali impediscono a coloro a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiati in un paese europeo di stabilirsi in un altro diverso da questo.