Oef *21 - La sfida contro la crisi climatica: verso la Pre-COP26 di Milano. Il report del dibattito

L’edizione di quest’anno - per la prima volta a settembre e non in contemporanea con il festival dell’Economia di Trento - più breve, ma non meno incisiva, ha voluto immaginare AltriMondi Possibili. Dal 10 al 12 settembre al parco Santa Chiara di Trento.

13 / 9 / 2021

L’esperienza di Rise Up 4 Climate Justice nasce da un’esigenza chiara, dice Andrea Berta. «Alcuni di noi a partire dal 2015 hanno iniziato a porsi il problema di quello che stava succedendo con i cambiamenti climatici. Attraversando esperienze europee, come quella di Ende Gelände, abbiamo potuto vivere modalità di attivismo climatico molto interessanti, che ci hanno aiutato e dato spunti di riflessione su come comunicare, narrare e agire contro la crisi climatica. La spinta da cui nasce Rise Up 4 Climate Justice è quella di creare uno spazio di discussione e formazione che abbia come lente di analisi la giustizia climatica non solo dal punto di vista strettamente ambientale, ma anche dal punto di vista della giustizia sociale».

Aaron Iemma presenta invece il Coordinamento No A31, che agisce sul territorio da diversi anni opponendosi al prolungamento dell’autostrada Valdastico in Trentino. Non è che il prolungamento a nord di una grande mala opera, di cui si sente parlare ormai da 40 anni, che si porta dietro inoltre un peso ambientale, economico e politico molto forte. All’assemblea costitutiva di due anni e mezzo fa si sono unite svariate realtà, soprattutto locali ma anche nazionali come WWF. Il coordinamento si muove in un ambito abbastanza tecnico, ovvero nel comprendere come le potenzialità del territorio vengano canalizzate in quest’opera, progetto che la giunta sta difendendo senza alcun fondamento territoriale. Non vuol dire però che il coordinamento si occupi di trovare la soluzione tecnica. La possibilità dietro al NO è la possibilità alla vita, al lavoro, alla dignità delle persone che abitano il territorio. Questo progetto, come tutte le grandi opere, è una violenza che limita la possibilità di certi territori di immaginare un futuro. È necessario ripristinare catene di relazioni, che includano l’ambiente, gli animali, oltre che le persone.

Rise Up 4 Climate Justice agisce invece in un modo diverso, un esempio delle pratiche è quella di lancio del movimento alla bioraffineria di Porto Marghera, durante il Climate Venice Camp dello scorso settembre. Sono pratiche che comportano un elemento non solo tecnico, ma anche di radicalità. Questa scelta deriva dalla necessità e dall’urgenza di intervenire in maniera radicale, perché il tempo sta per scadere. L’obiettivo non è creare la narrazione del conto alla rovescia, perché ciò presupporrebbe la presenza di un’ora x. L’emergenza invece è qui e ora. Il discorso e le riflessioni dei movimenti devono essere radicali in quello che chiedono. Le pratiche che vengono messe in atto sono quelle che permettono di porsi degli obiettivi. 

Andrea Berti continua: “Ho fatto l’esempio di Ende Gelände, movimento nato otto anni fa per bloccare le miniere di carbone in Renania. Sono buchi giganteschi grandi come città, da cui viene estratto carbone. È paradossale che esistano ancora, nel 2020, quando si parla di green new deal, di sostenibilità. Ende Gelände ha deciso che non bastava protestare, manifestare. Sono andati quindi a bloccare i binari che portavano alle miniere. Dopo qualche anno, sono diventate 6000 le persone che bloccano per intere giornate le miniere e l’estrazione. Questo ha un grandissimo portato simbolico, ma anche di empowerment, perché si dimostra di avere la possibilità di andare a colpire i centri nevralgici del capitalismo fossile.”

Un altro paradosso è quello di Eni. È stato permesso ad una multinazionale che è sotto processo per tangenti e corruzione in Nigeria di farsi pubblicità sulla sostenibilità, con le note pubblicità intrise di greenwashing. È necessario un discorso che vada in direzione contraria. 

Altro esempio. La COP26 di Glasgow è completamente passata in sordina. Nel 2020, in un contesto pandemico, quando era più che mai sarebbe stato importante parlare e discutere di cambiamento climatico, saltò, ed è stata spostata a quest’anno. 

Sempre parlando di pratiche, Rise Up 4 Climate Justice ha come caratteristica di essere un movimento intersezionale. All’interno di una riflessione sull’estrazione di profitto e sull’idea di potere, avere un approccio transfemminista e decoloniale è fondamentale, perché è necessaria una decostruzione profonda. Una decostruzione radicale vuol dire andare a mettere a discussione, per poi smantellare, i rapporti di privilegio, di potere e di oppressione all’interno della società. Per fare questo bisogna avere una capacità di dialogo il più possibile aperto. 

La cultura patriarcale si riproduce anche in questi contesti, e porta a non tenere conto di tutto ciò che non è dentro alla norma, ovvero tutto ciò che non è maschio etero e cisgender. Tutta la sfera della riproduzione sociale, la sfera del vivente, viene esclusa dalle riflessioni e dalle decisioni di gran parte degli organi istituzionali. Ci sono delle perdite che vengono esternalizzate, che ricadono fuori dal calcolo. È un meccanismo che viene utilizzato spesso in progetti che propongono sviluppo. Un processo decisionale di questo tipo dimostra i suoi effetti, ovvero trarre profitto e devastare. Quello che Rise Up 4 Climate Justice, come anche il Coordinamento No A31, vuole far presente (ad esempio in occasione del G20 a Venezia e a Napoli, e prossimamente alla Pre-COP e alla COP26) è che non è possibile andare avanti così. Questi spazi di discussione non sono gli spazi adatti. Si vede oggi più che mai, a due mesi dalla COP26: la discussione viene delegata a pochi rappresentanti, che spesso non hanno le competenze per portarla avanti. Molti Paesi, ad esempio dell’Africa Subsahariana, si trovano ora in difficoltà nel selezionare questi rappresentanti. I movimenti devono cercare di scardinare queste dinamiche, proprio perché non rispondono alle esigenze del presente.

Il video completo del dibattito

** Pic Credit: Pietro Cappelletti