Dall'India al modo

Quando arrivano le cavallette

Il nuovo libro di Arundhaty Roy

15 / 9 / 2009

Autore: Arundhati Roy Traduzione di Giovanni Garbellini € 13.00 Saggistica Collana: Le fenici rosse In libreria dal: 11 Giugno 2009 Pagg 180

IL LIBRO

L’India di Arundhati Roy, scrittrice coraggiosa e reporter implacabile, è molto diversa dall’immagine luccicante offerta dalle fonti ufficiali. In questa nuova raccolta di saggi ci si trova di fronte ad avvenimenti e situazioni scottanti: apparati dello Stato deviati che inscenano falsi attentati e un «11 settembre asiatico», magistrati corrotti e più attenti al bene delle multinazionali che a quello della giustizia, giornalisti asserviti ai poteri forti, poliziotti che non esitano a scatenare pogrom contro le minoranze etniche e religiose, un’intera area — il Kashmir — dove i diritti civili sono sospesi e la guerra contro il Pakistan è una minaccia perenne, con ricorrenti scoppi di violenze.
Un quadro cupo e inquietante ma non privo di speranze, perché tanti, come la Roy, lottano in nome della libertà, della verità, della pace. Con il suo consueto stile acuto e, allo stesso tempo, venato di una sottile ironia, Arundhati Roy cerca di guidare il lettore occidentale nel complesso intrico di politica, religione, società ed economia della «più grande democrazia del mondo».

I GIUDIZI
"Nelle mani di Arundhati, le parole diventano armi, le armi dei movimenti di massa."
Naomi Klein

UN BRANO
  "Ciò di cui abbiamo bisogno oggi, per la sopravvivenza del pianeta, è un progetto a lungo termine. Possono i governi democratici, la cui stessa sopravvivenza dipende da risultati immediati, dallo sfruttamento a breve scadenza, offrire questo progetto? Non potrebbe darsi che la democrazia, sacra risposta alle nostre speranze e preghiere a breve termine, baluardo delle nostre libertà individuali e nutrice dei nostri sogni più avidi, si riveli uno scacco matto per il genere umano? Non potrebbe darsi che la democrazia abbia tanto successo tra l’umanità moderna proprio perché ne rispecchia la più grande pecca: la miopia? La nostra incapacità di vivere nel presente, e al tempo stesso di guardare molto in là nel futuro, ci rende strani esseri «di mezzo», né bestie né profeti. La nostra intelligenza strabiiante sembra averci privato dell’istinto di sopravvivenza. Saccheggiamo la terra nella speranza di accumulare surplus materiali che compensino quella cosa profonda e indicibile che abbiamo perduto."

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