Same sport same rights. Lo sport che discrimina le donne

Il report del dibatto tenutosi nella Free Sport Area dello Sherwood Festival

16 / 6 / 2018


Si è aperta Mercoledì 13 Giugno la stagione dei dibattiti sportivi dello Sherwood Festival 18. Scenario d'occasione, la Free Sport Area della SanPre allestita all’interno del Playground Project. A confrontarsi Cristiana Girelli, attaccante della nazionale femminile di calcio, fresca di una storica qualificazione ai mondiali, Alice Bruni, responsabile delle relazioni europee per l’associazione Assist, e Francesca Masserdotti, portavoce della polisportiva San Precario.

«Si parte da un fatto che è al contempo scandaloso e ignoto ai più» introduce Francesca. «In Italia il professionismo sportivo si coniuga esclusivamente al maschile. Non esiste nel nostro paese una sola atleta donna che possa dirsi professionista. La colpa è della legge 91/81 che delega a CONI e Federazioni Sportive le distinzioni fra dilettantismo e professionismo. Il risultato è che si sono solo 4 sport considerati professionistici (calcio, basket, golf e ciclismo), tutti e solo al maschile. Le implicazioni di questa discriminazione di fatto sono molteplici: la mancanza di contratti lavorativi tipizzati; l’impossibilità di versare contributi pensionistici; la mancanza di tutele in caso di maternità. A questo vanno aggiunte una copertura mediatica ridicola, l’assenza pressoché totale di rappresentanza femminile ai vertici delle federazioni, un trattamento economico che diseguale è dir poco rispetto ai colleghi uomini, al di là dei risultati sportivi»,

«Che sei discriminata nel calcio femminile te ne accorgi ogni giorno». Dice Cristiana Girelli.  «Basta pensare che alcune delle mie compagne di squadra per venire a giocarsi le qualificazioni ai mondiali, devono chiedere permesso al datore di lavoro. Altre fanno lavori part time in cui hai la possibilità di gestirti le ore perché quando ti alleni 5 o 6 volte a settimana come me un lavoro normale risulta impossibile, ma i rimborsi spese non sono sufficienti…».

Non c’è da stupirsi. Sono passati pochi mesi da quando Carlo Tavecchio – ex presidente della FIGC - definiva la linea dei vertici federali rispetto allo sport femminile con un piano programmatico a dir poco visionario riassunto nel famoso slogan:  «basta dare soldi a queste quattro lesbiche».

«La brutta figura l’ha fatta lui» dice Girelli.  «Tante persone hanno preso le distanze e le sue dimissioni hanno lasciato spazio ad una nuova direzione che sembra stia dando un aiuto a tutto il movimento…credo in effetti che il calcio femminile abbia rosee prospettive per il futuro e se ne dovrebbero accorgere anche i colleghi maschi. Nel resto d’Europa le cose si muovono ad un’altra velocità. Da lì ho ricevuto diverse offerte che implicavano tutele maggiori, ma penso che la scelta di rimanere qui per provare a risollevare la situazione continuando a portare avanti determinati valori, sia stata la scelta giusta. Una scelta che mi sta dando diverse soddisfazioni».

La vittoria del titolo italiano con il Brescia, ad esempio,  o la storica qualificazione della nazionale ai mondiali di Francia ’19, dopo 20 anni di assenza dalla competizione.

Risultati sportivi che fanno apparire ancor più ridicole le discriminazioni a cui sono sottoposte le atlete donne nel nostro paese.

«Il problema è che molte persone non conoscono la situazione» ci racconta Alice Bruni di Assist «e quando gliela racconti rimangono sbalordite. È dal 2000 che con Assist ci muoviamo per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema perché crediamo che la consapevolezza sia il miglior punto di partenza per ottenere cambiamenti reali. Non ce li aspettiamo dalle federazioni né tanto meno dal CONI, che fa promesse e non le mantiene. Anzi, considerando che al comando si alternano sempre le stesse persone e che su 45 posizioni dirigenziali quelle occupate dalle donne sono 0, più che aspettarci soluzioni siamo portati a pensare che il problema siano proprio loro. La stratificazione di potere stantio che non riesce a lasciare spazio al nuovo. L’Europa dà direttive che però non vengono applicate e non entrano nel merito delle questioni e delle possibili soluzioni. Non ci resta che muoverci da noi. Alle persone diciamo di informarsi e di informare. Di guardare lo sport femminile e di accorgersi che è un bello spettacolo. Agli atleti di metterci la faccia per porre fine a questo trattamento diseguale. Alcuni piccoli passi sono stati compiuti come il fondo di finanziamento e sostegno per le atlete in maternità».

Ma è necessario conoscere le cose per poterle apprezzare. In effetti il nodo della  minor spettacolarità dello sport femminile è uno stereotipo. «La finale del campionato spagnolo fra Atletico Madrid e Barcellona è stata seguita da 40.000 spettatori» racconta Cristiana. «ma se una persona non sa, se l’informazione non informa, non ci si può aspettare di raggiungere gli stessi numeri qui da noi!».

Bisognerebbe dirlo alle testate giornalistiche mainstream che, nelle rare occasioni in cui lasciano spazio alle figure sportive femminili, lo fanno per decantare storie d’amore o mettere in mostra decolté seguendo una linea editoriale che si addice molto di più ad un giornale scandalistico che ad una redazione sportiva.

Nel frattempo, al di là di tutto, i risultati arrivano. Dal nuoto allo scherma, dall’atletica agli sport di squadra le atlete italiane vincono ed arricchiscono i medaglieri federali. È necessario crederci e muoversi con determinazione perché questi risultati siano il grimaldello per far esplodere le contraddizioni interne al sistema e attivare un percorso di conquista di diritti, dignità e rispetto per lo sport femminile tutto.

La parità di genere comincia in campo e bisogna metterci la faccia!

Cristiana Girelli (23/04/1990) è attaccante della nazionale italiana. Apre le marcature nella sfida vinta contro il Portogallo che qualifica l’Italia ai mondiali di Francia ’19. Cresciuta calcisticamente nel Rigamonti Nuvolera, passa al Bardolino Verona e poi al Brescia. Colleziona in carriera 320 presenze e 187 reti conquistando 6 campionati, 5 coppe Italia e 7 super coppe.

ASSIST è un associazione di volontariato formata ad giornaliste sportive ed ex-atlete che si propone di tutelare e rappresentare nelle sedi opportune i diritti delle Atlete di tutte le discipline sportive operanti a livello agonistico.