Scrivo per la tv

Utente: chicca
9 / 9 / 2013

Quando al cinema uscì il mio primo film, ricordo con orrore l’anteprima con il pubblico. Ecco, pensavo, stanno guardando tutti assieme quello che ho scritto. Sentivo i loro occhi addosso, i loro pensieri malevoli, mentre io guardavo il film che avevo già visto cinquanta volte notandone tutte le cazzate. Pensavo non ci sarebbe stato niente di peggio.

Poi cominciai a scrivere per la televisione e il peggio lo trovai.

La scrittura per la televisione non ha niente a che fare con il mestiere di romanziere. Quando fai un libro sei totalmente il padrone del vapore, a parte le discussioni con gli editor. Quando scrivi per la televisione conti come il due di briscola. Le serie sono pensate, salvo rare eccezioni, dai produttori, che hanno idee molto precise su come vogliono i personaggi e su dove andare a parare. E’ un po’ come sceneggiare Topolino: scrivi tu, ma il mondo è quello di un altro. Se sceneggi una puntata, ti può capitare di vederla in onda che non assomiglia nemmeno a quella che hai scritto, perché in fase di revisione può essere stata stravolta, cambiata, accorciata, montata alla rovescia. Le uniche figure che hanno un minimo di controllo artistico sul prodotto sono dei tizi chiamati impropriamente editor, ma più giustamente capiscrittura. Loro sovrintendono il lavoro degli sceneggiatori (sono quelli che cambiano tutto alla fine) e che buttano giù le linee orizzontali della storia che si dipanano puntata dopo puntata, le linee personali dei personaggi, le trame gialle, se ci sono, o romantiche o fantastiche. Per avere questa responsabilità devono prendersene un’altra, che è quella di essere l’interfaccia con un produttore - che li può chiamare in casa alle due del mattino per spiegar loro quanto sono pirla - e devono essere disposti a lavorare con registi e attori che spesso hanno una idea diversa sulla storia e su come andrebbe fatta. E che se il caposcrittura non è d’accordo tanto sul set ci sono loro e spesso fanno come gli pare. E il caposcrittura lo scopre al montaggio.

Io faccio questa roba qui, sono un caposcrittura. Ho cominciato con una serie chiamata Intelligence, poi sono passato a Squadra Antimafia che è arrivata alla quinta stagione, in mezzo ci sono stati Ris e Crimini uno e due (anche se di Crimini ho gestito solo le mie puntate). E’ un lavoro che mi piace molto e che odio in eguale misura. Mi piace sviluppare storie e personaggi, mi piace vederli trasformati in immagini, baci, pistolettate ed esplosioni sullo schermo, ma odio, odio tremendamente, la messa in onda.

Vi dicevo più sopra della prima al cinema. Ecco, immaginatevi una prima allargata a qualche milione di persone. Lavori un anno, a volte anche di più, e nel giro di una serata la va o la spacca. Ci sono dei colleghi che se ne fottono, sono convinti di aver dato il massimo, e che se l’auditel gli dice male è colpa dell’auditel, del pubblico, del regista e degli attori. Si sentono la coscienza a posto. Poi ci sono io, che penso sempre che avrei potuto fare meglio. E il mio fare meglio si dipana su due piani. Gli ascolti, prima di tutto, che finchè non escono rimango comatoso (ed escono il giorno dopo!). Poi i contenuti. Lavoro per la tv generalista, e so che faccio fiction di fantasia, dove i poliziotti sconfiggono la mafia, ma spero sempre che dietro si possa intravvedere la realtà, che passi anche un senso più alto, che si leggano in trama e in controluce spezzoni di realtà. Che serva, anche se la maggior parte del pubblico vuole solo sapere chi va a letto con chi e chi muore.

Il momento peggiore è quello della PRIMA messa in onda. Cioè adesso. Da stamattina compulso freneticamente il palinsesto sperando in avversari deboli (stasera hanno messo contro la replica di Montalbano, merda, e c’è pure Saviano intervistato su qualche canale, doppia merda), guardo le previsioni del tempo sperando che piova e la gente stia in casa. Che si rompa il trasmettitore della concorrenza, che un hacker trucchi i Meter.

Razionalmente lo so. I fattori che portano al successo o meno di una serie sono molteplici e cominciano dagli attori. La scrittura c’entra, ma la recitazione e la regia di più, la colonna sonora, il montaggio, la promozione. Anche il giorno della settimana sposta centinaia di migliaia di persone. Ma se fossi una presona razionale non farei un lavoro che mi fa stare così male una volta alla settimana.

Quindi fa niente.

Apro la seconda bottiglia.

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