“Sono corso verso il Nilo” – Piazza Tahrir in un romanzo

25 / 1 / 2019

La parabola della Rivoluzione egiziana raccontata in un romanzo appassionato. L’autore - ‘Ala al - Aswasi -  ha vissuto in prima persona la rivolta. “Sono corso verso il Nilo”(Feltrinelli, 2018, 382 pp.), racconta il 2011, l’anno di Piazza Tahrir e la rivolta contro Mubarak, iniziata nel gennaio di quell’anno, fino alla repressione da parte dell’esercito il 19 ottobre presso l’edificio della televisione a Maspero e quella da parte dei cristiani copti, insieme ai cittadini mussulmani egiziani, in via Mohamed Mahmoud a fine novembre dello stesso anno. 

Lo scrittore ‘Ala al - Aswasi ha partecipato attivamente alla Rivoluzione, come membro del movimento ”Kifaya” (in italiano “Basta”), citato nel suo libro insieme a tanti altri movimenti protagonisti di questo spaccato importante delle primavere arabe. Diventato famoso come scrittore appunto con il suo romanzo “Palazzo Yacoubian”, scritto nel 2006, si tratta del romanzo più venduto nel mondo arabo, in cui si ritrae un affresco della società egiziana. Il suo ultimo lavoro “Sono corso verso il Nilo” è anch’esso un ritratto della società egiziana, fatto di tumulti, speranze, gioie. 

Si tratta di un romanzo corale in cui si intrecciano le storie dei protagonisti di una stagione di cambiamento e di rivolta in piazza, insieme a quei settori della società più conservatori, repressivi, collusi, refrattari al cambiamento. A caratterizzare il romanzo, una componente di documentazione degli eventi che lo annette appieno nella categoria di opera di impegno sociale, che documenta i fatti avvenuti nell’anno chiave della storia recente egiziana, il 2011. 

L’intento di testimoniare i fatti storici e di inviare un messaggio di denuncia dello stato antidemocratico di tipo militare in cui l’Egitto si trova a vivere, prima e dopo la caduta di Mubarak, è riuscito in pieno: la prova è che nessuna casa editrice egiziana ha voluto pubblicare il suo testo, e stando a quello che l’autore ha dichiarato in un’intervista online, il libro è bandito in tutti i paesi arabi tranne Tunisia e Libano. Si incrociano le anime dei vari personaggi nel destino comune della rivolta di un paese: ci sono i giovani, come gli studenti, che scendono in strada a manifestare. Poi c’è anche la vicenda di un operaio rivoluzionario che lavora in una fabbrica italiana, i cui padroni non sono affatto contenti del clima di conflittualità innescata dalla primavera araba nel paese e sfociata in fabbrica. Forse non è neanche un caso che si parli di una fabbrica italiana e non di un altro paese, considerando che, stando ad un articolo pubblicato su “Lettera43” il 4 settembre del 2017, “Roma per il Cairo è il terzo partner commerciale, il primo in Europa”. Si tratta di elementi che ci aiutano a capire le difficoltà nell’ottenere giustizia per il giovane italiano Giulio Regeni, che nel suo attivismo politico ‘Ala al – Aswasi dice di aver avuto il piacere di conoscere. 

Regeni, giovane ucciso come i tanti “martiri”, così vengono chiamati nel libro di ‘Ala al - Aswasi, coloro i quali vengono sparati dall’esercito durante le manifestazioni o torturati nelle caserme nella fase successiva alla caduta di Mubarak, secondo un piano preciso per cancellare ogni velleità di cambiamento nel paese, ogni speranza di giustizia sociale e partecipazione democratica. L’esercito è saldamente ai posti di comando del paese e fa sentire il suo violento e pesantissimo pugno di ferro su chi volesse smuovere gli equilibri sociali. La tortura non è un mezzo usato in maniera occasionale, ma è sistematica quanto brutale. C’è un chiaro taglio satirico, quando si descrive ad esempio la classe benestante egiziana, riluttante al cambiamento e pronta a difendere i propri privilegi contro la rivoluzione, composta da chi proviene dal mondo dello spettacolo, dei media, delle università dell’istruzione in generale, dello sport, svelata nelle sue ipocrisie e nel proprio attaccamento ad uno status di privilegio, dipinta con un’ironia amara e sardonica. 

Poi c’è la religione, presente quasi sempre nella vita del popolo egiziano, che però si capisce non abbia nulla a che fare con un sentimento ancestrale ed immutabile: essa appare più che altro come un instrumentum regni per mantenere gerarchie, privilegi, potere, in mano delle autorità politiche ed i membri delle classi alte, che a volte ad esempio usano espressioni del tipo “come dice il profeta” seguite da ragionamenti contrari alla richiesta di democrazia, giustizia e libertà del popolo egiziano. 

Ecco, il popolo egiziano. In questa primavera araba, c’è tutto o solo una parte? Quale parte è stata protagonista dei moti del 2011? Sebbene la protesta di piazza sia narrata ampiamente, l’autore ci parla anche di una fetta non proprio residuale della popolazione che si dimostra indolente rispetto alla protesta, impaurita, forte di certezze inossidabili antiteche ai tentativi di mobilitazione: la supposta sicurezza di guadagnare il pane o non vedere disordini per strada, viene prima della rivendicazione dei propri diritti. Ma qualcosa è cambiato nell’Egitto raccontato in “Sono corso verso il Nilo”, perché la scossa tellurica della mobilitazione popolare  si è sentita forte. Ad esempio, su un piano culturale, e questo si capisce soprattutto quando si parla della dimensione femminile, dato che le donne sono protagoniste del romanzo al pari degli uomini. Ci sono le donne che devono dare infinite spiegazioni ai loro genitori per scendere in piazza, quelle che subiscono le torture dell’esercito ed accusate di essere colpevoli due volte, per essere manifestanti ed in quanto donne che scelgono di scendere in strada. Per parlare del ruolo della donna in Egitto, voglio menzionare però una graphic novel uscita a solo un mese di distanza da “Sono corso verso il Nilo”, il cui titolo è “Donne in piazza”, editore Comicout, di Ferec e Blast, voluto e sostenuto da Amnesty International. 

Si parla ancora della rivoluzione egiziana, di piazza Tahrir, della caduta del regime di Mubarak. Si parla delle donne che in tante sono scese in piazza, ed attraverso le tavole e le documentazioni di Amnesty, si riportano alcuni gravi casi di violenze da parte delle forze dell’ordine nei confronti delle donne da parte delle forze armate, proprio in piazza, con una certa solerzia a manganellare in piazza (come nel caso del pestaggio selvaggio della “donna dal reggiseno blu”, a fine 2011), e nelle caserme dove, come accaduto nel marzo del 2011, alcune manifestanti sono state vessate con scariche elettriche ed un umiliate attraverso un improbabile test della verginità (raccontato anche nel libro di ‘Ala al - Aswasi  e denunciato da Amnesty international). La graphic novel di Ferec e Blast riesce a ricostruire la parabola della rivoluzione egiziana più in la del limite temporale fissato da “Sono corso verso il Nilo”, cioè fino ai giorni nostri, mettendo sotto accusa il cosiddetto “Stato profondo”, ovvero lo strapotere consolidato negli anni da parte dell’esercito nella vita politica egiziana. Poi la lente d’ingrandimento va sul ruolo delle donne sia avuto durante la rivoluzione, sia in linee generali in Egitto. 

Significativa anche la storia di Layla, giovane che partecipa alla rivoluzione, molestata in modo belluino da uomini scesi in piazza anche loro con l’intento di manifestare ma a quanto pare con le idee molto confuse su che tipo di nuova società si vorrebbe costruire (aiutata in piazza però da altri egiziani facenti parte di un’organizzazione ad hoc “movimento anti – molestie” con tanto di magliette con logo esagonale). Doppiamente offesa quando prova a sporgere denuncia e non viene ascoltata dalla polizia, Layla riuscirà a farsi assistere da un avvocato e non retrocedere sul piano della giustizia personale senza tirarsi indietro dalla partecipazione alla rivoluzione. Ecco, forse come ha affermato ‘Ala al - Aswasi in una sua intervista pubblicata in rete “La rivoluzione culturale di Tharir è ancora viva”, perché “ha stravolto la visione delle donne”. Sta di fatto che “Sono corso verso il Nilo” ti da l’impressione è quello di avere un opera letteraria importante, che ci aiuta a capire cosa è successo in Egitto nel 2011, l’anno di piazza Tahrir.