Sovranità digitale e web globale

Dal Cremlino al TTIP, il controllo della rete nelle mani dello Stato

23 / 9 / 2014

In queste ultime settimane ritorna nel dibattito pubblico la questione della cosiddetta “libertà di internet”. Da una parte giungono notizie di una stretta governativa della rete russa da parte di Putin e del Cremlino, dall’altra, attraverso le campagne di contrasto al TTIP, delle direttive di controllo sulla rete e sulla privacy che il trattato USA-UE prevedrebbe.

Partiamo chiaramente dal presupposto che non si può considerare la rete un luogo e uno strumento neutrale e democratico ma non possiamo negare le resistenze che ogni giorno attivisti e semplici cittadini mettono in atto nell’utilizzo, individuale o collettivo, del web.

Negli ultimi anni la diffusione di notizie, immagini e appelli in rete, attraverso social networks, blog e siti, ha permesso la conoscenza su scala planetaria di cosa stava accadendo in territori da cui il flusso di informazione non era particolarmente garantito né all’interno dei propri confini né con l’esterno. Pensiamo alle diverse “primavere arabe”, alla Turchia, alla Russia e alla Cina. 

Come sono gestiti dai media main stream questi flussi di informazioni “dirette” non è l’argomento in discussione ma non possiamo esimerci dal sottolineare quanto la decisione su quali siano i flussi da seguire, riportare e segnalare al pubblico sia dettata da fattori di posizionamento e politica interna prima che dalla volontà di informazione (come si spiega altrimenti il silenzio di diverse testate giornalistiche in merito alla Rojava?).

Torniamo sul tema in apertura. E’ notizia degli ultimi giorni la decisione del governo russo di stabilire una sovranità nazionale delle reti e dei provider che forniscono l’accesso alla rete a cittadini e aziende. Negli ultimi anni  le decisioni del Cremlino in merito al web hanno effettivamente determinato una stretta legislativa nei confronti di blogger, siti e servizi finanziari. La questione principale su cui si basano queste direttive è la sicurezza nazionale, in merito soprattutto alla posizione del “mondo occidentale” nei confronti della politica estera russa. Grazie a questo “richiamo all’ordine” e alla difesa della patria le diverse leggi che sono state attuate negli ultimi mesi non hanno trovato una determinata opposizione. 

Internet è da sempre stata considerato un potenziale pericolo fin dalla sua comparsa venti anni fa, anche se solo negli ultimi anni ha avuto un ruolo determinante nella diffusione di informazioni legate alla politica interna del paese. Questo grazie all’estensione massiccia dell’utilizzo del web da parte dei cittadini anche se il superamento del digital divide in Russia è ora nuovamente messo in discussione da pesanti tagli. 

Blog e siti si trovano ora nella situazione di dover conservare i dati relativi alle comunicazioni degli utenti e di registrarsi come testate giornalistiche a causa delle leggi che mettono in campo le nuove norme antiterrorismo. Non è ancora chiaro che tipo di comportamento dovranno tenere siti stranieri che non dispongono di un soggetto che li rappresenti formalmente in Russia (pensiamo a Facebook e Twitter),  anche se si vocifera di possibili oscuramenti dei siti che non si adegueranno alle nuove leggi.

Il governo russo punta quindi da una parte a ottenere un accesso illimitato ai dati degli utenti e dall’altro a smarcarsi dal controllo, soprattutto statunitense, dei diversi servizi online (si pensi alle direttive USA nei confronti di diverse aziende tecnologiche per far interrompere collaborazioni con i partner russi, o a Visa e Mastercard per non fornire servizi per il funzionamento delle carte di credito a una serie di banche russe). 

In nome della “sovranità digitale” l’internet russa si appresta a diventare una sorta di “giardino fortificato” (vedi l’articolo di Alexandra Kulikova su opendemocracy).

Dall’altra parte della “cortina di ferro” le iniziative governative statunitensi in merito al controllo dei dati degli utenti sono giunte in cima agli interessi di cittadini e governi soprattutto dopo lo scandalo Snowden,  che ha rivelato l’attività di intercettazione dei governi statunitense e britannico all’interno e fuori dai propri confini. Utilizzando le medesime basi dei colleghi russi, quelle della sicurezza nazionale e della prevenzione al terrorismo, l’NSA ha attuato per anni un controllo diretto sui traffici e le comunicazioni online di cittadini e membri del governo.

Inoltre all’interno del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) che USA e UE stanno negoziando in segreto, come denunciato da centinaia di attivisti sia in America che in Europa, tra le altre cose (di non minore importanza) è prevista l’istituzione di una commissione atta a “armonizzare” i regolamenti tra le parti contraenti aprendo alla possibilità che le decisioni in merito alla Net Neutrality, alla privacy degli utenti e al diverso trattamento dei flussi di dati forniti dai provider (all’oggi secondo una regola non scritta fornito in egual modo a tutti i clienti - dall’associazione culturale a Youtube), siano delegate agli Stati Uniti, o comunque sottratti al dibattito pubblico (così come, del resto, tutta l’operazione che riguarda il Trattato).