Tra giustizia climatica e riscatto sociale. Intervista a Guido Viale

25 / 6 / 2019

Ai margini del dibattito “La sfida dei movimenti climatici”, tenutosi allo Sherwood Festival lo scorso 17 giugno, abbiamo intervistato Guido Viale, uno dei saggisti italiani più attenti nel leggere l’evoluzione dei movimenti ambientalisti che si sono affacciati nel nostro Paese e su scena planetaria.

Per riprendere alcuni spunti che davi nel corso del dibattito, possiamo considerare i movimenti che si battono per il clima come dei movimenti realmente complessivi?

In parte. C'è un dibattito in corso a riguardo tra la sinistra e i verdi, falsato però dal fatto che nessuna delle due parti ha messo al centro della discussione il nodo centrale della nostra epoca, ovvero che a patire per i danni all'ambiente sono soprattutto i più poveri, sia dal punto di vista geografico (Paesi) che da quello sociale (classi sociali). Non c'è un riscatto possibile da parte delle classi sfruttate se non si affronta il problema del risanamento ambientale. Il clima è ovviamente la questione principale perché è la più urgente e sconvolgente. Penso che il movimento Fridays For Future abbia colto in pieno tale tematica, la quale avrà poi bisogno di essere sviluppata e articolata, perchè si tratta pur sempre per la maggior parte di ragazzi alle prime armi. Va riconosciuta la capacità di aver colto il problema, e questa è già una svolta fondamentale.

 

Spesso hai usato il termine Rottura per definire questo movimento. È una rottura rispetto all'ambientalismo tradizionale, ma anche rispetto ai movimenti che siamo stati abituati a vedere e a vivere.

Si tratta di Rottura poiché questo movimento nasce per mettere al centro un'unica questione, che è quella da cui dipendono tutte le altre. Se non si affronta il tema ambientale e climatico, tutte le lotte lavorative, economiche e sociali perdono efficacia. Tutte queste questioni verranno sempre più subissate dal peggioramento delle condizioni di vita dovuto a questioni di carattere ambientale. Questa problematica è perfettamente interiorizzata dai giovani di Fridays for Future. Penso non sia presente purtroppo in nessuna altra forza politica o sociale, compresi molti movimenti ambientalisti. Non parlo solo dei Verdi, che purtroppo in Italia non hanno mai avuto un grande impatto. Parlo anche di movimenti ambientalisti battutisi per battaglie molto importanti, ma che non hanno ancora saputo tematizzare in maniera esauriente la tematica principale per il nostro presente e il nostro futuro.

 

Alle ultime elezioni europee abbiamo visto come, soprattutto nel centro e nord Europa, i partiti ambientalisti abbiano preso larghi consensi, anche grazie alla capacità dei movimenti di orientare il dibattito pubblico. In Italia, gli orfani della Sinistra parlamentare, hanno immediatamente cercato di leggere questi movimenti solo in termini di nuovo bacino elettorale. Qual è la tua opinione?

Il successo di molti dei partiti verdi in altri Paesi diversi dall'Italia è dovuto a due fattori: il primo è che in queste nazioni l'informazione, per quanto insufficiente, non è degradata come in Italia. Noi viviamo in un clima di totale assenza di informazioni sulla questione ambientale e in particolare sulla minaccia climatica incombente. Il secondo è che la storia dei Verdi, intesi come organizzazione politica, è andata incontro a moltissimi compromessi che caratterizzano le varie vicende di politica italiana, e quindi risente di un degrado del clima politico che colpisce complessivamente tutti noi. Per questo motivo penso che i partiti verdi non debbano essere identificati con i movimenti ambientalisti. Sono due cose differenti. In Italia abbiamo movimenti e comitati che lottano per la dinamica ambientale in modo forte e diffuso, mentre il partito politico di riferimento è totalmente inconsistente. In altri Paesi questo partito è molto più forte per una serie di vicende politiche, per le quali i verdi hanno anche dei meriti, ma l'ambientalismo nel complesso è una cosa differente.

 

Un’ultima domanda sull'emergenza climatica: molti comuni italiani, tra cui Milano e Padova, hanno dichiarato l'emergenza climatica. Contraddizioni e possibilità?

Per il momento è quasi una barzelletta. Hanno sottoscritto una mozione, dopodiché se ne sono allegremente “fregati”. Questo è successo anche in Inghilterra, dove la firma è stata imposta da un movimento molto potente che si chiama Extintion Rebellion, ma nel parlamento inglese e irlandese ci sono stati pochissimi parlamentari che lo hanno votato.

È indubbiamente importante ottenere questo tipo di dichiarazione, ed è molto importante che l'abbia fatta anche il Papa, perché tale dichiarazione legittima la richiesta di interventi molto più sostanziali. Però per il momento tali interventi non ci sono, e non partiranno dai governi o dai parlamenti. Dovranno invece essere imposti da un movimento di base che abbia una legittimazione nel farlo, dal momento che il governo locale e nazionale ha dichiarato formalmente che la situazione è drammatica.