«Tutta la vita davanti»

Il report del terzo appuntamento di Sherwood Open Minds allo Sherwood Festival

21 / 6 / 2018

All’appuntamento di Sherwood Open Minds del 19 giugno 2018 si è ritornati sulla tematica della precarietà e del reddito, in un’interconnessione con il dibattito del giorno precedente Reddito oltre il lavoro.

L’intitolazione del dibattito “Tutta la vita davanti”, riporta alla storia di Marta, nel film di Paolo Virzì, ambientato nei più rinomati luoghi di sfruttamento: i call center.

In collegamento telefonico Francesca Coin, ricercatrice che nel 2017 è stata curatrice del libro “Salari rubati” (Ombre corte), si è concentrata in una dissertazione sulla società del lavoro gratuito inteso in un contesto di desalarizzazione. Nel 2015 la precarietà in Italia è diventata strutturale attraverso il Jobs Act, in cui coesistono due moduli interconnessi: da un lato l’accettazione del lavoro gratuito, dall’altro la tematica del cosiddetto “furto salariale” attuato attraverso la proliferazione di lavori non retribuiti, come gli stage, che vanno a sostituire figure garantite, depauperandole.

In Italia c’era una congiuntura particolare che crea, in un contesto di austerità, una previsione ideale ma piuttosto mendace di eventuale “ripresa”. Le ultime riforme hanno incentivato e istituzionalizzato alcune figure di gratuità lavorativa, la legge Minniti Orlando sui lavori di pubblica utilità, la Buona Scuola sull’Alternanza Scuola Lavoro, oltre che altri provvedimenti volti all’allungamento del Servizio Civile Nazionale e di Garanzia Giovani.

Tutte queste tipologie creano assieme un modello, configurando una realtà che attua violenza sulla gran parte della popolazione.

Alle tante nuove forme di ricatto si inseriscono nuovi conflitti, soprattutto oltreoceano, che lasciano presagire nuovi orizzonti e scenari. Il dibattito sul furto salariale è molto ampio negli Stati Uniti, in cui vi sono condizioni lavorative peculiari e drammatiche. Dal quartiere China Town di San Francisco si sviluppano nuovi studi a riguardo, sviluppando – ad esempio - un’interconnessione col diritto alla salute: lavorare di più crea infatti cattiva alimentazione, impossibilità di cure mediche, usura fisica. Gli Stati Uniti si configura dunque come un laboratorio politico e sociale ricco, in termini di contraddittorietà e di sperimentazioni. Ma in Italia quanto si è distanti rispetto a queste nuove forme di organizzazione?

Secondo Sergio Zulian, ADL Cobas, in Italia il contesto è diverso; nonostante ciò, dall’America arrivano nuove forme di organizzazioni abbastanza interessanti, molto avanti rispetto al Belpaese.Se negli anni Novanta, all’alba dell’approvazione del Pacchetto Treu, la precarietà era definita come “anticamera del lavoro” propriamente inteso, ad oggi è chiaro che non è assolutamente così, con la continuazione in extremis di contratti a termine acausali.

Uno dei dati fondamentali per superare la difficoltà dell’organizzazione all’interno di un precariato diffuso è sicuramente la territorializzazione; la conseguenza è che il legame sociale che permette di costruire percorsi di lotta si crea più all’esterno che all’interno dei luoghi di lavoro, fuori dunque dai tradizionali contesti sindacali, in intrecci più eterogeni e ambientali.

Emanuele Leonardi, autore insieme a Federico Chicchi del “Manifesto per il reddito di base”, libro che sta facendo molto discutere, specifica che il testo è nato con l’obiettivo di andare oltre al perenne dibattito tra “redditisti” e “lavoristi”. Dibattito che, nel corso degli anni, si era un po’ incrostato. Bisognava dunque andare oltre specificando innanzitutto che il reddito di base non è la panacea di tutti i mali, ma un elemento di rivendicazione più complesso che parte da alcune vertenze basilari riguardanti la forza-lavoro, come il salario minimo e la riduzione dell’orario di lavoro.

Il reddito di base non può essere solo inteso come una figura di contrasto alla povertà, ma una lotta alle nuove forme di sfruttamento non riconosciute, come ad esempio le cosiddette “operosità sociali”.

La misura di reddito che ha in mante il MoVimento 5 Stelle ci dice che c’è un appeal elettorale sulla tematica, oltre che un vero e proprio scippo di etichetta sul “reddito di cittadinanza”, che invece - così come presentato - si configura come vero e proprio sistema di workfare.

Da questo punto di vista appare urgente costruire percorsi di mobilitazione, in una più ampia articolazione tra la pluralità di soggetti che vivono in condizioni di subalternità.

A questi elementi Leonardi aggiunge che, in questo capitalismo estremizzato, si devono ricomporre le questioni di classe, ed il reddito di base è un modo per ricondizionare il nesso produttivista composto dal rapporto tra crescita infinita e piena occupazione, il cui impatto ecologico, come noto, è del tutto insostenibile.

Per Antonio Pio Lancellotti, direttore di Global Project, e moderatore del dibattito, lalotta sul reddito deve declinarsi in maniera femminista, meticcia ed ecologista, potendo rappresentare così anche un livello di svecchiamento del tema.

Ancora Zulian riconfigura il reddito nell’intersezionalità intrinseca, una pratica di moltitudine che riprende le lotte femministe e migranti. Il precariato, alla fin fine, ha sul serio investito tutti aldilà delle caratteristiche di ognuno, solleticando un contesto propizio per il conflitto.

Rino Boccolino, attivista e collaboratore di Globalproject a Parigi, riassume quanto accaduto in tre mesi di grande opposizione in Francia; in discussione vi erano la legge sulle migrazioni, sulla riforma della formazione e sui trasporti (cd. Legge Macron).

La mobilitazione, iniziata a fine marzo, ha riattivato quanto costituitosi precedentemente con le contrapposizioni alla Loi Travail, costituendo scioperi, contati in complessivi 30 giorni, che continuano anche successivamente all’approvazione della legge sui trasporti, avvenuta il 15 giugno scorso. Le situazioni conflittuali si sono presentate nei settori della funzione pubblica, del privato e del precario, con interventi di blocco sulla logistica e sulle grandi catene di supermercati oltre che nei McDonalds.

Tante sono state le mobilitazioni tra gli studenti universitari e gli studenti medi contro la modifica dell’accesso agli studi Universitari, arrivando a tante occupazioni. I tentativi di “mediazione” istituzionali sono approdati ad una deriva giudiziaria e repressiva, con molteplici arresti arbitrari volti alla smobilitazione immediata. Secondo Boccolino, in questo tempo di crisi, di precarietà dovremmo essere capaci di leggere queste nuove forme di insubordinazione al comando, di cui per certo il capitale ne è spaventato. La soluzione sta nel capovolgere e sovvertire la narrazione della crisi, che ha messo in contrapposizione i subalterni. La Francia seppur con tutte le contraddizioni, dà ossigeno: le lotte possono davvero costituire elementi di rottura nei rapporti egemonici.