Venezia79 - "Princess", una storia di tratta che non può essere favola

Orizzonti, la sezione dedicata al cinema di ricerca e alla scoperta dei talenti, si apre con un film italiano, Princess di Roberto De Paolis.

3 / 9 / 2022

Titoli di testa e cast vengono presentati come una favola, caratteri con ghirigori e colori argentei cozzano con un’angosciosa melodia da film dell’orrore che contribuisce ad accrescere ancora di più il disagio nello spettatore.

L’opera seconda del regista romano Roberto De Paolis ha come protagonista Princess (Glory Kevin), ragazza nigeriana appena maggiorenne, sex worker, che insieme alle sue compagne abita ai margini di una grande città. Si muove in una pineta che si estende fino al mare, un bosco non incantato in cui cerca di guadagnarsi il riscatto dalla sua protettrice, con la quale ha ancora un grosso debito.

È una storia di marginalizzazione nella marginalità, dove le nere vivono le strade della periferia e le bianche il centro città; è una storia di sopravvivenza, di come schivare pericoli e fregature senza soluzione di continuità. È una corsa contro il tempo, a fiutare l’odore dei soldi, che è il vero co-protagonista del film. Perchè tutto è un contratto - spesso a ribasso - per poter continuare a vivere.

Ho costruito Princess fondendo il mio punto di vista con quello di alcune ragazze nigeriane vittime di tratta, che hanno poi interpretato i diversi ruoli”, dice lo stesso De Paolis. L’uso di attrici non professioniste è un elemento di forte elemento di realismo, infatti la narrazione non ha toni pietistici, o uno sguardo giudicante, questo perché le immagini parlano con voce chiara, vivida, e raccontano la complessità di cosa vuol dire non guardare lo sfruttamento, ma esserci dentro, dove avvoltoi e carnefici fanno da padrone, e dove la propria personalità cerca di non annegare.

Princess non è il nome di una principessa, non è la protagonista di una favola, ma è lo spaccato di una dura realtà insito nella nostra società, che nessun principe azzurro potrebbe risolvere. Non un Corrado - interpretato da Lino Musella, il salvatore che non potendo salvare sé stesso dalla pochezza, dal gioco d’azzardo, dalla pietà verso il prossimo forse inculcato in infanzia, che sembra avere il cuore grande ma che in realtà esprime solo gli orizzonti ristretti oltre i quali non andrà mai.

Questo è un film che vuole parlare di migrazioni, di disuguaglianze. Parla della ferocia dello sfruttamento.

Non c’è poesia, non c’è favola. Il sex work non è tutelato, a nessun livello, ancora meno che la crisi ha calmierato i prezzi. Non dalle leggi, chi sceglie di farlo - e giustamente chiede essere tutelato - non chi questo lavoro non lo fa volontariamente: per fame, per denaro e per ricatto.

Il punto però è che lo sfruttamento, di qualunque sorta, va combattuto.
Il dibattito sul sex work ha due problemi, il primo quello di non far parlare le sex workers, che però fin dagli anni '70 questo diritto di parola lo hanno reclamato a gran voce. Organizzandosi in gruppi, allestendo convegni sul tema e facendosi protagonistə di proteste e occupazioni per reclamare i diritti e la validità della loro forma di sostentamento. Il secondo è la rimozione del tema del reddito universale, che proprio per le persone più marginalizzate può essere l’unico vero motore di autodeterminazione ed emancipazione.

Glory Kevin, come racconta ora, emozionata, a Venezia, è arrivata in Italia nel 2015, passando per il percorso ben noto della «tratta delle nigeriane»: la detenzione in Libia, lo sbarco in Italia, i ricatti, i documenti che non ci sono. «Princess effettivamente sono io, è anche la mia storia», afferma ma soprattutto ci insegna che ci si salva da sole.