Marcinelle 2023: diritti, lavoro, democrazia ieri e oggi

Un contributo del Coordinamento nazionale Filef (Federazione italiana lavoratori emigrati e famiglie).

8 / 8 / 2023

Sono passati 67 anni dal tragico eccidio della miniera di carbone di Marcinelle, in Belgio, dove perirono 262 lavoratori di cui 136 italiani. Qualche anno prima gli accordi “uomo – carbone”, firmati tra l’Italia e il Belgio, avevano sancito l’avvio della tratta di emigranti in cambio di carbone a buon prezzo, per rilanciare – era la motivazione – la boccheggiante economia italiana. Ricordare quelle vittime, insieme a tutte le altre che continuano a perdere la vita sul lavoro, non è per noi una cerimonia rituale, neppure soltanto un doveroso omaggio a chi è morto tanti anni fa. È una occasione per riflettere e per agire sul presente.

Nel secondo dopoguerra, il governo italiano favorì l’emigrazione di migliaia di lavoratori per provare a ridurre le tensioni sociali, che cominciavano a esplodere in un Paese alle prese con le macerie della guerra imposta dal fascismo, con la ricostruzione che stentava a partire, con fame e povertà endemiche. Senza curarsi degli effetti che questa massiccia emigrazione avrebbe creato nel lungo periodo, si sacrificarono migliaia di vite sull’altare di una ripresa economica che sarebbe arrivata 10-15 anni dopo.

Nei tempi più vicini a noi, il disinteresse dei governi che si sono susseguiti negli ultimi 15 anni a proposito dei flussi migratori in uscita dall’Italia ricorda un po’ quella “strategia”. Non ci sono dichiarazioni ufficiali, come avvenne negli anni quaranta con De Gasperi, ma in sostanza non si è minimamente provato a creare le condizioni per ridurre i flussi in uscita, né per favorire il rientro di coloro che se ne sono andati. Il risultato è una emorragia che, dal 2008 in poi, ha svuotato il nostro Paese di circa 2 milioni di persone, in prevalenza giovani. Con ciò proseguendo la desertificazione sociale e culturale di intere aree territoriali e ipotecando le prospettive di crescita futura.

Quanto poi alla sicurezza nei luoghi di lavoro, spesso sacrificata per massimizzare la produzione e il profitto, i numeri sono ancora oggi drammatici: da gennaio a giugno di questo 2023, in Italia, 450 morti e 296.665 denunce di infortunio, 30.712 delle quali riguardano incredibilmente ragazzini fino a 14 anni. Come se andare a lavorare fosse uguale ad andare in guerra. A pagare sono sempre i più deboli, italiani o migranti, che non solo vengono sfruttati, spesso vengono anche indotti combattersi gli uni contro gli altri. Mentre politiche sciagurate alimentano il precariato, si oppongono al salario minimo per chi lavora, eliminano il reddito di cittadinanza per chi non può lavorare.

Noi continueremo a batterci per migliorare i diritti di tutti. Consapevoli che solo una ritrovata unità dei fronti di lotte e vertenze comuni tra i tanti pezzi di società schiacciati da un modello di sviluppo che ci sta portando alla catastrofe potranno realmente cambiare le cose. E impedire che le stragi di lavoratori continuino come se niente fosse.