Pesantissimo il clima di militarizzazione che si vuole imporre contro la ventennale resistenza dei No Tav al tracciato del treno ad alta velocità.
Altri 200 militari inviati a proteggere il cantiere, un costante tentativo da parte della magistratura di reprimere con accuse assurde il movimento.
E' inaccettabile che una lotta che difende il territorio, i beni comuni, il diritto a decidere il proprio futuro venga trasformata in un problema di ordine pubblico.
TIRO INCROCIATO SUI NO TAV
di Mauro Ravarino
Dal Manifesto 21 settembre 2013
Come se non bastasse, arrivano altri 200 militari in Val di Susa. E come
se non bastasse ancora, all'escalation ansiogena si aggiunge pure il
documento di due militanti delle cosiddette «Nuove Br» che dal carcere
di Siano invitano il movimento No Tav a compiere «un altro salto in
avanti». Invito prontamente respinto dagli attivisti valsusini.
La
decisione di raddoppiare il contingente dei militari (salirà a 415
unità) è stata presa dal Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza
presieduto dal ministro dell'Interno Alfano, con l'obiettivo di tenere
alto il livello di attenzione e vigilanza sul cantiere della Maddalena.
Succede a pochi giorni dall'entrata in funzione della grande «talpa»
(una fresa dal costo di 10 milioni e dal diametro di oltre 6 metri), che
proseguirà lo scavo, per ora arrivato a soli 250 metri, del tunnel
esplorativo di Chiomonte. «Proteggeremo l'avvio dei lavori» ha ribadito
Alfano, che - senza abbassare i toni - ha aggiunto: «Lo Stato fa lo
Stato. La Tav si farà. Delinquenti e bombaroli si rassegnino».
E la
Valle si trova così, ogni giorno di più, militarizzata. Finora erano 215
i militari del quinto reggimento Alpini impiegati all'interno della
triplice recinzione del cantiere con compiti di vigilanza. Brinda alla
decisione l'esponente piemontese del Pdl Osvaldo Napoli, sponsor da
sempre dell'opera. Per l'M5S si tratta invece di «una scelta insensata»,
di un uso anomalo delle forze armate che «se rassicura i signori delle
tangenti da un lato, rischia di esasperare gli animi dei cittadini
dall'altro». E per Paolo Ferrero, segretario Prc, «il governo la deve
smettere di trattare la Tav come un problema di ordine pubblico».
«Noi
non ci lasciamo intimidire - dice Nicoletta Dosio, No Tav storica - e
continuiamo a lottare quotidianamente. Sono andata a vedere la talpa che
chiamano Gaia, ma nonostante il nome scelto non hanno rispetto della
Terra. Quel cantiere è luogo di distruzione. Non si accorgono nemmeno
dei rumori della montagna, fragilissima. Mario Carvagna, presidente di
Pro Natura, è stato indagato per procurato allarme. Assurdo». Carvagna
aveva denunciato che l'incolumità dei lavoratori e delle forze
dell'ordine fosse messa a rischio dalla presenza di una frana attiva che
dal versante a monte dell'area incombe sulla zona dello scavo.
I No
Tav saranno a Roma il 19 ottobre contro l'austerity e la precarietà. Ma
in campo c'è anche l'idea di una successiva grande manifestazione in
Valle. Una marcia che reagisca al clima di tensione e criminalizzazione.
Ma, proprio mentre il governo sceglieva il «pugno di ferro» contro la
protesta, è apparso su Internet un documento di Alfredo Davanzo e
Vincenzo Sisi, delle cosiddette «Nuove Br», in cui si incita il
movimento No Tav a «compiere un altro salto in avanti, politico,
organizzativo, assumendone anche le conseguenze, o arretrare». Davanzo e
Sisi furono arrestati nel 2007 con altre 13 persone nel corso
dell'operazione Tramonto coordinata da Ilda Boccassini. Accusati di
preparare un attentato nei confronti di Pietro Ichino si sono dichiarati
prigionieri politici. Davanzo, presunto capo del gruppo, e Sisi, ex
sindacalista Cgil (espulso dopo l'arresto) a capo della cellula
torinese, sono stati condannati rispettivamente a 9 e 10 anni.
Il
movimento No Tav ha preso subito le distanze: «Respingiamo al mittente
ogni parola - ha sottolineato Alberto Perino -, non abbiamo nulla da
condividere con questa gente». I due neobrigatisti trovano «simpatiche
consonanze» tra la loro dimensione di prigionieri rivoluzionari e quei
No Tav imputati nei processi torinesi che hanno «fatto la revoca degli
avvocati». Così il ministro Lupi e il senatore Pd Stefano Esposito
possono rincarare la dose quotidiana contro i No Tav. Sono invece usciti
dal carcere e messi ai domiciliari i due universitari Davide Forgione e
Paolo Rossi, arrestati a fine agosto perché nella loro auto fu trovato
materiale ritenuto idoneo a un assalto al cantiere. I MILITARI
che presidiano la Val di Susa per impedire l'accesso delle proteste nel cantiere aumenteranno di altre 200 unità.