Il TAR del
FVG ha rigettato il ricorso di Giorgio Fidenato contro le
disposizioni del'autunno 2013 in materia di raccolta e movimentazione
del mais Mon810, disposte dal corpo forestale dopo l'accertamento di
un alto livello di contaminazione della zone limitrofe ai campi
coltivati a OGM.
Il TAR del Lazio ha contemporaneamente rigettato
il ricorso dello stesso Fidenato e del suo socio Dalla Libera contro
il decreto interministeriale del 12 luglio 2013 che ricorrevva
all'utilizzo di una clausola di salvaguardia per impedire la
coltivazione del Mon810 per 18 mesi.
Entrambe le disposizioni,
peraltro, erano ovviamente in sintonia con il quadro normativo
europeo, sia esso quello delle raccomandazioni del
13 luglio 2010 (2010/C 200/1) sia quello della direttiva di
riferimento 2001/18/CE.
In particolare, nelle raccomandazioni del
13 luglio 2010 viene fatta esplicita menzione della sovranità degli
stati membri sia in materia di misure specifiche per la gestione
della presenza di OGM nella filiera produttiva:
“..la
Commissione ritiene che le misure per evitare la
presenza involontaria di OGM nelle colture convenzio
nali e biologiche debbano essere stabilite a livello di Stati
membri”
(comma 6, considerazioni iniziali)
sia
in materia di bando delle colture OGM da vaste aree del
territorio:
“In alcuni casi, in ragione delle condizioni
economiche e
naturali, può essere necessario escludere la coltivazione di
OGM da vaste zone, previa dimostrazione da parte degli
Stati membri che, in tali zone, non è possibile prevenire
la presenza involontaria di OGM nelle colture convenzio
nali e biologiche con altri
mezzi.”(comma 5 delle considerazioni iniziali)
La
clausola di salvaguardia è prevista dall'articolo 32 della direttiva
1001/18/CE così come misure emergenziali sono previste dal
regolameto 1829/2003 all'art. 34.
Una sintonia ovvia, quindi,
sia con le misure di raccolta e movimentazione, sia con la clausola
di salvaguardia interministeriale sia, in aggiunta, con la moratoria
generale emessa un mese fa dalla regione FVG per la semina e la
coltura di mais OGM in regione, in attesa del compimento dell'iter
europeo di approvazione delle misure di esclusione degli OGM dalla
regione (moratoria peraltro simile al divieto di coltivazione imposto
dal governo francese sull'intero territorio nazionale).
La
sintonia è ovvia ma le sentenze dei TAR non erano scontate; la
presenza dei dispositivi menzionati entro il quadro normativo Europeo
non deve in fatti trarre in inganno.
Sebbene in principio una
sovranità territoriale sia formalmente riconosciuta agli stati
membri, quanto meno in virtù del trattato sul funzionamento della
UE, sia de facto che de iure la sua applicabilità è
fortemente limitata.
I principi rimangono enunciazioni
prontamente corrette da altre formule che nella loro indeterminazione
(come ad esempio la necessaria “propozionalità” delle misure) si
prestano da una parte all'impugnazione da parte delle multinazionali
o degli agricoltori di OGM, dall'altra a una intrinseca
indisponibilità delle amministrazioni alla formulazione di
dispositivi normativi radicali.
L'obbligatorietà delle misure
di coesistenza quale dispositivo regolatorio impedisce di fatto la
possibilità di una effettiva sovranità politica nella gestione del
territorio e della produzione agricola. Il principio cardine intorno
al quale questa impossibilità è costruita è sostanzialmente la
libertà di impresa, che è poi anche l'unico argomento effettivo di
Futuragra, stante che ogni elemento di precauzione e salvaguardia per
la salute e l'ecosistema è stabilito in sede di strutture
comunitarie, in particolare di EFSA, l'ente europeo preposto alla
sicurezza alimentare e a formulare pareri sulla safeness dei
prodotti OGM.
Abbiamo già evidenziato quanto
siano viziate le dinamiche di funzionamento dell'EFSA, i cui pareri,
così come quelli degli stati membri, in ogni caso, non sono
vincolanti per la Commissione Europea che è il decisore di ultima
istanza sull'ammissibilità di una coltura transgenica in
Europa.
Ogni altra considerazione possibile nell'ambito degli
stati nazionali è di natura o prettamente economica, ovvero di
salvaguardia di filiere biologiche o tradizionali di prodotti
protetti o meno, o emergenziale e temporanea.
Il bando delle
colture OGM da “vaste aree del territorio” è possibile previa
“dimostrazione” che si tratta dell'unica misura minima possibile
per la prevenzione della presenza involontaria di OGM in altre
filiere.
È evidente come la “dimostrazione”, nella vaghezza
intrinseca della materia e in assenza di un quadro chiaro di
riferimento, sia facilmente un percorso lungo e tortuoso che ben si
presta ad essere accidentato da infinite controdeduzioni da parte
delle multinazionali del biotech.
D'altro canto, la clausola
di salvaguardia e le moratorie sono, per definizione, dispositivi
temporanei e subordinati all'iter normativo (nel caso della
moratoria) o sottoposti alla verifica della dimostrazione delle
“nuove o ulteriori informazioni riguardanti i rischi ambientali
o sanitari” indicate al momento dell'adozione dei dispositivi
(nel caso della salvaguardia).
Le sentenze dei TAR sono quindi
un passaggio importante perché sanciscono in Italia che
definitivamente lo spazio politico lasciato aperto nella normativa
Europea da questi spiragli può e deve essere praticato con
radicalità.
Nono sono però un passaggio definitivo.
Sul piano
normativo Europeo l'unico obiettivo possibile è il riconoscimento
della sovranità territoriale degli stati, e delle loro articolazioni
territoriali (in Italia le regioni), nel vietare le coltivazioni
degli OGM in quanto decisione politica e di sviluppo agricolo e per
la costruzione di sovranità e autonomia alimentare in ogni
territorio.
Poiché questo processo è evidentemente una
strada sulla quale l'industria del biotech si metterà di traverso
con tutta la potenza della sua capacità di lobbying, è altrettanto
evidente che è impossibile attenderne speranzosi gli
esiti.
L'ecosistema, la sovranità alimentare e i nostri corpi non
sono a disposizione né del principio del libero mercato né delle
schermaglie normative e burocratiche, tanto meno a proposito di
scelte di non-ritorno come l'introduzione massiccia di OGM
nell'agricoltura.
È e rimane necessario, quindi, organizzare una
resistenza territoriale, una “moratoria dal basso”, che impedisca
la coltivazione di OGM, e parallelamente la costruzione di reti per
la sovranità alimentare territoriale, praticando uno dei più
antichi beni comuni: il rapporto tra cibo, terra e comunità.