Toccano la 194, rispondiamo tutt*

Un documento del Collettivo Squeert di Padova sulla proposta del governo di mettere le associazioni anti-aborto nei consultori utilizzando i fondi del PNRR.

16 / 4 / 2024

Il testo di un emendamento - firmato da Lorenzo Malagola di FdI e approvato in commissione Bilancio della Camera - stabilisce, all’articolo 44 del DDL per l’attuazione del PNRR, la possibilità per le Regioni di utilizzare i fondi del Pnrr dedicati alla salute per l’organizzazione dei servizi dei consultori che possono «avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità».

Chi sono realmente quei soggetti del terzo settore lo sappiamo purtroppo tuttɜ.

Associazioni pro-life e anti-abortiste, che purtroppo già troppo spesso entrano nei consultori o negli ospedali, celandosi dietro al cd. “sostegno alle madri in difficoltà” previsto già dalla Legge 194/1978, e rendendo l’IVG una scelta complessa, più di quanto già non lo sia.

Non è una novità, appunto, e lo dimostrano le piazze transfemministe che su questo tema da anni si mobilitano. Ma la presenza di pro-life all’interno di spazi che dovrebbero essere laici e che hanno degli obiettivi ben precisi dal punto di vista socio-sanitario, non può essere legittimata e regolamentata dall’esecutivo. Tale emendamento costituisce un grave attacco sferrato da quella destra che sta creando un contesto di repressione e annullamento dell’autodeterminazione delle donne e delle soggettività non conformi.

Un attacco sferrato (con tanto di voto di fiducia) a pochi giorni dalla Risoluzione del Parlamento Europeo che ha inserito l’aborto libero e sicuro nella Carta Fondamentale dei Diritti Europei. Il testo in questione ha espresso finanche preoccupazione per l’aumento dei finanziamenti ai gruppi anti-scelta, richiamando l’Italia per l’alta percentuale di obiettori che rende - di fatto - il diritto all’aborto non rispettato.

Il Governo italiano, piuttosto che soffermarsi su quanto rilevato (gravissimo) sul piano Europeo, si dimostra ancora una volta illegittimamente retrogrado nell’autorizzare le Regioni a dedicare ai pro-life finanziamenti del PNRR che dovrebbero essere destinati al diritto alla salute.

 “Non abbiamo nessuna intenzione di entrare nei consultori, perché il nostro ambito di azione è la sensibilizzazione pubblica e l’influenza politica con campagne nazionali. Ciò non toglie l’urgenza di riportare i consultori al ruolo per cui furono pensati dalla Legge 194, cioè luoghi dove le donne possano essere aiutate a trovare alternative concrete all’aborto rimuovendo quelle situazioni di disagio socio-economico o di solitudine e abbandono che rendono l’autodeterminazione un vuoto slogan politico. L’emendamento al Pnrr va nella giusta direzione e quella creata da Pd e 5 Stelle è una polemica contro il diritto delle donne in difficoltà di ricevere aiuto e assistenza se vogliono portare avanti la gravidanza e realizzare il desiderio di essere madri”

Questo è il commento di Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia.

Ma sappiamo bene che il supporto di cui le soggettività oppresse (socializzate come donne o altre soggettività non conformi) hanno bisogno non è quello dei pro life nei consultori, ma sono il superamento del gender pay gap, ancora altissimo soprattutto in Italia, eguali possibilità lavorative, un sistema di welfare che riconosca non solo le famiglie tradizionali ma che possa supportare economicamente qualunque situazione ed assetto familiare, superando quella violenza economica che purtroppo moltissime persone subiscono quotidianamente.

In un momento in cui i consultori sono definanziati e l’accesso ai servizi che offrono diventa sempre più difficile, il finanziamento a soggetti terzi che operano esattamente in direzione opposta rispetto ai principi dei consultori pubblici, è una vera e propria presa in giro nei confronti non solo di tutte le donne ma anche delle operatrici sanitarie e di tutte le figure che all’interno dei consultori lavorano, arrancando sempre più per mantenere attivi dei servizi che al Governo invece sembrerebbe non interessare.

Le realtà pro-life sono evidentemente incompatibili con una visione laica, per non osare a dire “transfemminista”, dei consultori, dato che, come noto, la maternità che intendono supportare è quella bianca, eterosessuale e borghese, mentre l’indifferenza diventa totale nei confronti delle soggettività migranti, queer, povere che non rientrano nel progetto “natalità”, del tutto selettiva, delle destre.

La creazione di una rete nazionale, da parte di realtà e assemblee femministe e transfemministe, risulta fondamentale per il rafforzamento e la moltiplicazione della nostra lotta. Una lotta per la salvaguardia del diritto alla salute e del benessere, attraverso la riappropriazione dei nostri corpi e la condivisione dei nostri bisogni.

L'esperienza delle consultorie autogestite, come presidi comunitari della medicina di genere, rappresentano un punto di riferimento per la costruzione di forme di lotta politica dal basso e pratiche di cura individuali e collettive. Rispondono alla necessità di disporre di spazi sicuri e di ascolto, che garantiscono accoglienza, prevenzione e cura senza discriminazioni di genere, classe, orientamento sessuale, conformazione, disabilità, religione, provenienza etnica e culturale.

È dal 2022 che questo governo continua ad attaccare la 194, dalle proposte di legge sul “battito del feto” al “duplice omicidio” quando, invece, i movimenti transfemministi continuano a chiedere e pretendere molto di più. La risposta di donne, soggettività precarie, migranti e queer deve essere compatta e unitaria. Giù le mani dai consultori e dagli spazi di autodeterminazione delle donne*.

Verranno difesi con i denti, con i corpi e con il fuoco.