Sanremo (Im) - Contestato il Procuratore capo Caselli

"Liberi tutti subito!"

Utente: milena
15 / 7 / 2009

Mercoledi 15 luglio - Durante la presentazione del suo libro "Le due guerre", Gian Carlo Caselli è stato contestato questa sera da un centinaio di studenti dell'Onda ligure e da amici e parenti di Mattia, uno dei 21 ragazzi arrestati il 6 luglio scorso.

Né buoni né cattivi

Quest’oggi siamo stupiti. Siamo stupiti dall’osservare una persona che vive come scissa in una duplice personalità: da una parte abbiamo un procuratore che dopo anni di lotte contro la mafia viene a presentare il suo libro per un’associazione intitolata a Peppino Impastato, figura di primaria rilevanza per la nostra coscienza politica e memoria storica; dall’altra parte c’è colui che ha firmato gli arresti per 21 ragazzi che – possiamo tutti immaginarcelo – se fossero nati in Sicilia 60 anni fa sarebbero stati gomito a gomito con quel personaggio.

Se vogliamo mettere in luce le contraddizioni che caratterizzano l’agire di Giancarlo Caselli, possiamo innanzitutto riflettere sul fatto che voler mettere ad ogni costo in difficoltà il movimento non è affatto una grande operazione antimafia. Possiamo intuirlo quando pensiamo che la contestazione attiva di alcuni fenomeni politici è generatrice nella collettività di quella coscienza critica che dovrebbe portare fine all’egemonia mafiosa nelle decisioni economiche, politiche e sociali in Italia.

E non è proprio questa onnipotenza della mafia ciò contro cui Caselli ha dedicato la sua intera vita?

In base alle sue stesse dichiarazioni (“i violenti non erano più di 300. E' contro di loro che abbiamo indagato. Non è intenzione della Procura colpire singoli gruppi politici o controculturali, ma anzi difendere la libertà di manifestare democraticamente qualsiasi opinione” repubblica.it, 6 luglio 2009)il procuratore Caselli avrebbe fatto addirittura un’azione produttiva per il movimento, perché avrebbe isolato la parte “cattiva” delle contestazioni dai manifestanti “buoni”. Dobbiamo però concentrare la nostra attenzione sul fatto che chi ai cortei partecipa ai cordoni, sta in prima fila, regge gli scudi, e ogni tanto ci rimette qualche frattura, è anche chi permette a quei “buoni” (per usare una definizione che – sottolineiamo – non appartiene a noi) di manifestare serenamente senza il timore di trovarsi in mezzo a una carica.

È questo il motivo per cui la dicotomia fra “buoni” e “cattivi” non funziona: è stata rifiutata proprio da coloro i quali avrebbero dovuto – nell’ottica del nostro procuratore – trarne giovamento. Insomma: è il movimento stesso che non accetta nessuna divisione o smembramento, specie se imposti dall’alto con la violenza degli ordini d’arresto.

E per condurre il filo del nostro discorso così in fondo da tornare all’inizio, vediamo come questi arresti siano ancora più violenti quando sono usati strumentalmente. Sono strumenti per un’azione di repressione politica quando pur essendo pronti dal 20 giugno vengono firmati a tre giorni dal G8 dell’Aquila.

È con la coscienza di tutto ciò che noi non intendiamo, con questa azione, a nostra volta farci dividere ed entrare in polemica con il Centro Peppino e Felicia Impastato, ma vogliamo gettare luce sulle contraddizioni che a nostro avviso riempiono quest’episodio, dietro la consapevolezza che ventuno nostri compagni e coetanei non possono essere ora insieme a noi.