1 marzo a empoli

Empoli - 400 in corteo - un giorno di lotta e di inchiesta dal basso

foto e interviste ai migranti

1 / 3 / 2010

400 persone tra migranti, italiani antirazzisti e mondo dell'associazionismo hanno sfilato per le vie del centro della città al grido "NO CIE IN TOSCANA" - "SIAMO TUTTI CLANDESTINI"

dal primo pomeriggio sono arrivati uomini e donne al presidio organizzato dal Comitato per il primo marzo empolese in centro, in Piazza dalle vittoria. Tra musica meticcia e antirazzista, interventi al microfono, interviste e tanta voglia di parlare e conoscersi, alle 18 sono stati lanciati in aria centinaia di palloncini gialli.

E' partito il corteo per le vie del centro, aperto da cittadini migranti con lo striscione e tanti cartelli, con la rabbia e la voglia di farsi sentire.

Ma non è stata soltanto una giornata di lotta. Anche una giornata di inchiesta dal basso...

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Interviste per conoscere i migranti

Il primo marzo ad empoli, noi compagni e compagne della Comunità in Resistenza, abbiamo sperimentato un nuovo modo di approccio al mondo migrante. Attraverso le interviste abbiamo provato ad avvicinarsi a questa realtà estremamente varia e complessa, con la voglia di provare a comprendere e di dare voce ad alcuni dei tanti che non hanno possibilità di farsi sentire nella nostra società.

Non è stato facile. Non sapevamo cosa domandare. Non tanto perchè non abbiamo domande da porre ai migranti, semmai ne abbiamo troppe. L’insieme di donne, uomini e giovani che raggruppiamo sotto la categoria di migranti sono in realtà una molteplicità di storie personali, di provenienze, di culture, di desideri, di condizioni sociali. C’è chi non ha il permesso di soggiorno, chi lo sta per perdere perchè è stato licenziato a causa della crisi, chi è “regolare”, chi ha la cittadinanza, chi è nato in italia da genitori stranieri. Il quadro è talmente vario che non è possibilite attraverso alcune interviste delineare i caratteri del “migrante medio”, perchè non esiste un “migrante medio”. Ogni storia è una storia a sè, non ci sono storie che rappresentano tutte le altre.

Ma in tutte le interviste abbiano notato questa volontà comune a tutti, di voler raccontarsi e voler farsi conoscere. All’inizio molti sono timidi, inoltre la differenza linguistica rende a volte difficile il tentativo di parlarsi e di ascoltarsi. Ma molti, nonostante le nostre domande generiche sul primo marzo e sul razzismo hanno voluto raccontare le proprie storie personali, le difficoltà di tutti i giorni, la necessità di un lavoro, di una casa, in pratica di diritti; per poter vivere una vita dignitosa. Il lavoro è un desiderio che sentono in molti, perchè lavoro significa soldi per vivere, per pagare l’affitto e le bollette. Ma significa anche avere un permesso di soggiorno e quindi diritti, e quindi vivere senza la paura e senza i ricatti.

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Cosa dicono i migranti.

Non è facile racconatre a parole tutte le sensazioni, i desideri e le emozioni che ci hanno comunicato i migranti durante le interviste. Per questo, non c’è altro da fare che ascoltare direttamente la loro voce.

Però vogliamo provare ad esporre alcuni aspetti comuni emersi in tante delle interviste.

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-Non siamo venuti qui per divertirci o per fare del male, siamo venuti per mangiare.

Questo ci dice un signore romeno da poche settimane licenziato per la crisi. Molti degli intervistati sono qua per costruirsi un futuro, per la propria famiglia e per i figli. Altri stanno aiutando i propri cari rimasti nel paese di origine.

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-Razzismo è soprattutto ignoranza

Quasi tutti sentono il razzismo più o meno diffuso nel paese. Anche se non è una cosa palpabile, è un insieme di comportamenti ed episodi che tante persone hanno subito sulla propria pelle e che portano dentro di sè. C’è difficoltà a raccontare le esperienze subite in prima persona, non è facile raccontare le umiliazioni cui si è stati protagonisti. E’ più facile raccontare quelle viste sugli altri, o raccontate dagli amici.. poi se si riesce a sciolersi c’è la voglia di raccontarle, magari a fine interviste, quando non si registra più. Come il marocchino che in sorpasso gli hanno rotto lo specchietto, ha fermato l’auto, e l’italiano che era alla guida gli ha chiesto come prima cosa “ma te ce l’hai il permesso di soggiorno”. Poi lo ha intimorito dicendo che era un carabiniere e lui ha capito che era meglio lasciar stare, è tornato a casa.. ed ha pianto. Ce l’ha voluto raccontare a fine intervista, ma non ha voluto che si registrasse.

Per molti il razzismo non è proprio razzismo.. è ignoranza. Chi ha paura dell’ “altro” è perchè non lo conosce, e non lo capisce. “Bisogna avvicinarsi all’immigrato per sapere chi è, come vive... per rompere i pregiudizi” afferma un ex rappresentante della consulta degli stranieri del comune di Certaldo. Ma poi si rivolge anche agli stranieri, perchè questi tentativi di avvicinamento devono venire da entrambe le parti, anche dagli stranieri.

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-Il governo invece di investire i soldi per i CIE, li deve investire per la società.. per gli italiani e gli stranieri

La maggior parte degli intervistati non sa cosa è un CIE. Probabilmente siamo stati anche noi incapaci di spiegarci bene nelle nostre domande, oltre alla difficoltà di molti che non comprendono bene la nostra lingua. Però per noi anche questo è un dato. Molti non sanno cosa è un CIE, chi ne ha sentito parlare sa qualcosa dalla televisione o perchè ha avuto amici rinchiusi là dentro.

Di fronte alla proposta di costruire un CIE in Toscana molti restano delusi “non è giusto, per la Toscana che ha una tradizione di accoglienza” afferma Sall Ousmame del Senegal. Altri ci dicono “non siamo animali”, e ci rispiegano che la maggior parte degli immigrati sono qui perchè vogliono lavorare, perchè c’è la fame nel loro paese.

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-Siamo accettati nelle fabbriche. Ma fuori nessuno ci vuol vedere..

Questa affermazione di Mustafà ci riporta alla mente la legge BossiFini per cui gli immigrati sono considerati solo se hanno un lavoro. Ma ci dimostra anche come i luoghi di lavoro (e le scuole, per i giovani) sono oggi i luoghi dove italiani e stranieri sono a fianco, dove si conoscono, dove si riconoscono uguali.

Altri chiedono la eliminazione della BossiFini, soprattutto adesso con la crisi, con i licenziamenti che impediscono di rinnovare il permesso di soggiorno. Dei tanti lavoratori stranieri che hanno perso il lavoro ci dice il rappresentante della consulta degli stranieri di Certaldo “non l’hanno voluto ma diventeranno clandestini”.

 

-Gli italiani non sono tutti uguali, come gli stranieri non sono tutti uguali

Questo ci dice un ragazzo marocchino che ci vuol spiegare che non tutti gli italiani sono razzisti. Ma questo lo dicono quasi tutti, quando ci vogliono spiegare che sono infastiditi dai racconti dei media o dai pregiudizi di molti che considerano gli stranieri tutti criminali. Sentono la necessità di distinguere i molti che sono qua per lavorare dai pochi che fanno passare male tutti. Anche se il signore romeno forse arriva alla base del problema: “se uno ha un lavoro, non può fare problemi”

 

-Vogliamo lavoro, la casa, i diritti

Questo lo dicono tutti. E soprattutto vogliono cominciare a raccontarsi, vogliono farsi conoscere.

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