Landini, confermi il giudizio critico sull’accordo dopo aver potuto leggere il testo?
Il
giudizio non può che essere negativo e rappresenta un arretramento, un
cedimento della Cgil su almeno due punti fondamentali. Primo,
non c’è l’obbligatorietà del voto dei lavoratori che per noi della
Fiom, ma mi sembrava anche per la confederazione, è imprescindibile; secondo,
si apre alla possibilità di deroga al contratto nazionale. Vorrei far
notare che anche l’aspetto positivo che riguarda la certificazione delle
organizzazioni sindacali non è sufficiente di per sé a garantire un
percorso contrattuale democratico, perché non esclude la possibilità di
stipulare accordi separati. L’unica garanzia a questo fine è il voto
delle lavoratrici e dei lavoratori. La Cgil avrebbe dovuto considerarlo
discriminante, anche raccogliendo la domanda di democrazia che rimbomba
nelle strade, nelle piazze e nelle urne. E infine, ma solo per l’ovvietà
di questa mia critica lo metto al fondo, ti pare che si possa accettare
un divieto di sciopero nascosto dietro il termine «tregua»?
Al
punto 8 si chiede al governo di incrementare le azioni finalizzate a
ridurre tasse e contributi intervenendo sul livello contrattuale
aziendale. Che ne pensi?
Ne penso male. In un paese in cui
l’80% dei lavoratori è in aziende con meno di 50 dipendenti, quale
redistribuzione della ricchezza garantirebbe un intervento riguardante
una piccola minoranza? È un altro modo per sterilizzare i contratti
nazionali.
Come si tradurrà concretamente il vostro giudizio negativo?
Domani
(oggi per chi legge, ndr) si riunisce il Comitato centrale della Fiom
per analizzare l’accordo, nel contesto di una manovra economica iniqua e
pesante per chi lavora. Io ritengo e proporrò al confronto interno che
la Cgil coinvolga tutti i lavoratori chiedendo loro un giudizio sul
testo che a noi non piace. È una prassi prevista dallo statuto
confederale che perlomeno gli iscritti debbano essere attori di una
scelta delicata e impegnativa come questa, che non può essere demandata
al solo gruppo dirigente. La Cgil ha una storia democratica che non può
essere cancellata d’autorità.
Lo
statuto della Fiom prevede addirittura l’obbligatorietà del voto di
tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti, sulle piattaforme e sugli
accordi. Sareste disposti di fare una deroga?
Non se ne parla
proprio. Io sono il segretario generale della Fiom e non intendo, in
alcun modo, venir meno a una regola fondante della mia organizzazione.
Ti faccio notare che lo statuto della Fiom è stato approvato dalla Cgil:
dov’è il problema?
C’è il rischio che la ferita aperta da questo accordo unitario possa mettere in moto una dinamica centrifuga?
Fuori
dai denti: qualcuno si chiederà se ha ancora senso per la Fiom restare
nella Cgil? Queste sono sciocchezze. La Fiom è nata nel 1901 come
sindacato generale e ha contribuito a dare origine alla Cgil. Noi qui
restiamo e continuiamo a batterci perché i punti di vista dei lavoratori
abbiano peso in tutte le scelte e nella definizione della linea
sindacale. La Fiom non si arrende. Solo per farti un esempio, a
settembre avvieremo il percorso democratico per il rinnovo del contratto
nazionale, a partire dall’assemblea di settembre di tutti i delegati.
Il primo punto sarà il vincolo che la piattaforma e l’accordo abbiano
valore esclusivamente dopo il referendum di tutti i lavoratori, se
l’esito del voto sarà positivo. Noi restiamo dentro la Cgil perché siamo
la Cgil, e lo siamo proprio con queste nostre modalità.
I
firmatari dell’accordo sostengono che non è stata introdotta la
retroattività, in modo tale che la Fiat non sarebbe salvata da eventuali
sentenze di condanna sugll’accordo di Pomigliano. Non è una buona
notizia?
Non mi è chiaro se le cose stanno proprio così, ma
prendo in parola i firmatari e di conseguenza la Fiom chiederà alla Fiat
di riaprire la trattativa.
"Ora la parola ai lavoratori " - Loris Campetti intervista Maurizio Landini
30 / 6 / 2011