Si parte! Inizia la campagna referendaria in difesa dell'acqua come bene comune

24 / 4 / 2010

E' iniziata la raccolta firme sui TRE REFERENDUM in difesa dell'acqua. Il percorso referendario si sta trasformando in una occasione di azione politica, di dibattito, di approfondimento. Tante sono le suggestioni ed i temi che si intrecciano.

Per questo vogliamo aprire una rubrica stabile che possa ospitare contributi, analisi, esperienze intorno al tema dell'acqua, a livello locale e globale, come specchio della costruzione di una pratica del comune innovativa.

Il primo articolo è una carrellata di opinioni raccolte da Vilma Mazza dell' Associazione Ya Basta nel momento dell'avvio della campagna referendaria.

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L'ACQUA E' DI TUTTI
L'ACQUA E' DI NESSUNO
L'ACQUA E' UN BENE COMUNE

In questo fine settimana in tutta Italia scatta l'inizio della campagna referendaria.

Primo obiettivo la raccolta firme per depositare i 3 quesiti referendari.

Intorno ai 3 referendum si sta sviluppando un percorso di partecipazione che attraverso la costituzione dei Comitati Promotori sta costruendo spazi pubblici d'azione collettiva.

La mobilitazione per la difesa dell'acqua può rappresentare un occasione importante per elaborare, inventare, costruire pratiche, approfondimenti, innovazioni che non si fermano alla difesa dello status quo ma che invece affrontano nella complessità della modernità la ricerca teorica e pratica intorno al tema della pratica del comune.

Temi che ci portano immediatamente in una dimensione globale ma che ridisegnano anche la necessità di pratiche locali indipendenti.

Per aprire la discussione proponiamo una serie di interviste che aprono spunti ed argomenti che solo una costante discussione collettiva pubblica possono elaborare ed ampliare.

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 MARCO BERSANI

FORUM NAZIONALE ITALIANO DEI MOVIMENTI per l'ACQUA

Siamo all'inizio della raccolta firme per i referendum. Inanzitutto puoi chiarire la “polemica” con Di Pietro?

Si è costituita una vastissima coalizione dal basso per i referendum e tutti insieme abbiamo deciso che i partiti dovevano sostenere la campagna senza far parte del Comitato Promotore: i partiti al servizio di quello che si muove dal basso …

Questo discorso non è stato accettato da Italia dei Valori, che all'inizio ha minacciato di muoversi autonomamente, cosa che poi ha fatto, promuovemndo un proprio quesito. Quello che è emerso è  che mentre per noi lo strumento referendario è uno strumento democratico da rivitalizzare a partire da un coinvolgimento ampio e diffuco, per IDV il referendum è uno strumento per agitare temi politici da giocare nel mercato politico. Alla fine IDV ha deciso di promuovere tre referendum suoi , legittimo impedimento, nucleare e un quesito sull'acqua. Il quesito sull'acqua oltre che confondere le persone un quesito dal bassissimo contenuto politico perchè si chiede solo di togliere l'acqua dal decreto Ronchi. Se ciò avvenisse si tornerebbe all'ottobre 2009 quando giuà metà del paese era privattizzato .

I tre referendum propsti inizialmente dal Forum Italiano dell'Acqua e poi dall'ampia coalizione che si è creata incidono su tutte le norme sulle privatizzzaioni non solo sulle ultime di Berlusconi e vogliono riaprire un quadro per ragionare sulla ripublicizzazione dell'acqiua o meglio la sua gestione partecipativa.

I 3 referendum aprono, “tornando indietro” la possibilità di affrontare una battaglia concreta nei territori contro la mercantilizzzaione dell'acqua avvenuta sia a livello pubblico, che privato. I 3 referendum ci riportano ad una situazione che ci permeterebbe di tornare protagonisti di un terreno di decisione sull'acqua da cui siamo stati espropriati attraverso le varie normative.

Noi diciamo che la gestione pubblica è condizione necessaria ma totalmente insufficente. Necessaria perchè vanno eliminate le mire dei privati ma è totalmente insufficente perchè gestione pubblica non vuol dire per forza riappropriazione sociale del bene acqua.

Se in questi 20 anni sono passate le privatizzazioni senza colpo ferire e perchè il pubblico è stato lontano dai cittadini, che non hanno percepito un espropriazione perchè di fatto erano già stati espropriati.

Con i referendum vogliamo riaprire un ragionamento non vogliamo tornare al passato del pubblico che tutti hanno conosciuto stiamo guardando al futuro. Per certi versi torniamo all'articolo 43 della Costituzione che cita che lo stato “ sui beni essenziali può espropriare i privati etc .. e consegnarne la gestione alle comunità di lavoratori e cittadini .. “

I referendum stanno portando con sé la costruzione, attraverso i comitati promotori, di spazi pubblici di partecipazione politica ..

Girando si ha la netta sensazione di un grande laboratorio sociale dal basso, in cui gran parte di chi vi partecipa è alla prima esperienza di attivismo sociale. L'acqua è un paradigma che permette un protagonismo reale per costruire un cambiamento.

La campagna che parte in questi giorni porta con se un percorso per riappropriarsi non solo dell'acqua ma della democrazia.

Uno specchio di ragionamento che ci porta dalla nostra situazione nazionale ad una dimensione globale, come quella che abbiamo visto a Cochabamba, in cui ci si confronta sul tema della gestione come “pratica del comune”, oltre il pubblico, oltre il privato.

La gestione dell'acqua è un tema globale ed anche un osservatorio su come uscire dalla crisi. La riappropriazione sociale dell'acqua e dei beni comuni è il primo passaggio per poi ragionare su un altro modello economico e sociale e costruirlo paradigmaticamente.

Cochabamba è stata una lotta per cacciare una multinazionale ma anche una fortissima mobilitazione per costruire un alternativa reale, come è successo anche altrove.

Ragionare sull'acqua significa ragionare su tante altre cose: i profughi causati dalla mancanza idrica, le migrazioni, il cambiamento climatico ... la necessità di costruire l'altro mondo possibile di cui da tanto parliamo.

Adesso ci sarà da fare per raccogliere le firme, ma poi ci sarà da fare per svolgere e vincere i referendum. E' un percoso lungo quello che si apre.

In questo momento si parla tanto di riforme costituzionali. Tu prima parlavi dell'articolo 43 della Costituzione ma perchè non immaginare che all'interno di questa battaglia sull'acqua non possa essere sviluppata la richiesta di inserire nella Costituzione “l'articolo blu”, un articolo che sancisca al livello più alto che l'acqua è un bene comune, come peraltro sta succedendo in alcuni paesi dell'America Latina. Questa potrebbe essere una suggestione anche in Italia?

Io credo di sì l'esperienza di paesi che hanno costruito dal basso modifiche costutuzionali potrebbe anche da noi rappresentare la nascita di un ragionamento forte sull'acqua, sui beni comuni ma anche immaginando un rinnovamento dello stato di diritto, degli elementi giuridici. Noi siamo abituati che esista solo la proprietà pubblica o privata forse si potrebbe ragionare di una serie di beni che non hanno proprietà,  per ragionare anche in campo giuridico sul tema della proprietà sociale. Beni che apppartengono a tutti non a qualcuno.

Cambiare la Costituzione guardando ad un nuovo modello sociale e non come adesso che chi la vuole cambiare la vuole anche eliminare.

Il sitowww.acquabenecomune.org è il riferimento per tutti anche i singoli cittadini che vogliuono partecipare attivamente.

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WALTER BONAN 

COMITATO BELLUNESE ACQUA BENE COMUNE

La campagna referendaria è una grande e collettiva costruzione di azione comune di molti. Com vedi tu la situazione?

C'e stato da subito la capacità di costruire spazi orizzontali di partecipazione entrando nel merito delle questioni. L'acqua è diventata occasione per pensare un modo diverso di stare insieme, una nuova progettazione sociale. Dietro “sorella acqua” si è aperto un percorso per sviluppare democrazia reale, reciprocità intorno alla condivisione dei beni comuni, come rifiuto della finanziarizzazione degli elementi naturali, della vita. E' un occasione per parlare di territori, luoghi, ambiente, energia insomma una riflessione ampia.

Quale è il ruolo del territorio in questa battaglia che è globale, come è emerso alla Feria Internacional del'Agua a Cochabamba?

Tutte le occasioni di confronto con Oscar Olivera così come in questi giorni con chi si oppone alla costruzione delle dighe in Patagonia, progetto tra l'altro in cui è coinvolta l'Enel italiana, ci aiuta a riflettere sulla dimensione della globalizzazione sia dei mercati attraverso le multinazionali sia a condividere le esperienze locali, delle comunità che si confrontonano con situazioni diverse ma similari.

Adesso tutti abbiamo un risultato da raggiungere: le firme per fare i referendum. Contemporaneamente si è aperto un ampio dibattito: da Belluno siete venuti a Roma, alla manifestazione nazionale, con uno striscione che diceva “oltre il pubblico, oltre il privato ..”. Che dibattito si può sviluppare su questa idea?

Sicuramente il superamento anche di un approccio burocratico e formale ai servizi essenziali, ai diritti di cittadinanza è un tema che va posto. Non dobbiamo avere e non abbiamo nessuna nostalgia di una gestione pubblica involuta, in molti casi espropriata da luoghi pubblici di decisione e di partecipazione dei cittadini. Dobbiamo reinventare una forte e determinata convinzione che su queste questioni ambientali, che attraversano anche i tempi e i momenti attuali e che riguardano anche le generazioni future, devono essere asunte delle decisioni attraverso dei reali momenti di democrazia decisionale, che non può essere delegata, ma deve essere consapevole delle implicazioni che ogni scelta comporta. In questo senso vanno creati nuovi strumenti di partecipazione che non possono essere quelli che si fingono di creare, come attraverso formule abbastanza vuote come la democrazia partecipativa. Penso ad esempio ai contrartti di fiume, ai contratti di comunità sui fiumi per recuperare una dimensione ecofluviale ampia e collettiva.

Bisogna riflettere sullo svuotamento delle competenze pubbliche, sul fatto che gli enti locali sono stati espropriati di ogni capacità decisionale. Ogni giorno ci riempono la testa del federalismo, come le formule vuote della Lega che mascherano dei processi di centralismo decisionale, che sono inversamente proporzionali alla demagogia su questi temi.

,.. grandi discussioni e perchè no anche un percorso che ci porti anche al fatto che proprio oggi che si parla tanto di riforme costituzionali si arrivi ad una costituzione che contenga “l'articolo blu” che dica che l'acqua è un diritto e un bene comune

Tutto questo che si sta mettendo in moto è anche un esempio di non delega alle forze politiche, ai partiti. I comitati, i movimenti hanno avuto la determinazione di rivendicare un protagonismo diretto e quindi c'è una necessità organizzativa complessa ricca che comporta la ricerca di creare nuovi modi di stare assieme olre a quelli già visti e già sperimentati

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ANTONIO MUSELLA

LABORATORIO INSURGENCIA NAPOLI


A Napoli ed in Campania come si sta vivendo l'inizio della campagna referendaria?

Si sta riprendendo lo spirito del percorso di alcuni anni fa che allora bloccò la privatizzazione dell'acqua.

I referendum sull'acqua ci ricordano le grandi battaglie referendarie del nostro paese.

E' l'occasione per riprendere un percorso di mobilitazione che possa avere un respiro nazionale.

A Napoli si sono messe in rete per la battaglia referendaria comitati, esperienze, pezzi dei movimenti in difesa dei beni comuni, esperienze antinucleari e su questa base si aprirà la campagna referendaria il 24 aprile come occasione per lanciare un percorso regionale comune.

Si parla di acqua per ragionare sulla pratica del comune, “oltre il pubblico e il privato”, per aprire una discussione che è anche globale come sta succedendo a Cochabamba, dove peraltro la lotta sull'acqua si intreccia con la lotta per la giustizia climatica. Tu come vedi quest intrecci di riflessione?

Sono ragionamenti che vivono nei percorsi di lotta per i beni comuni.

Voglio ricordare ad esempio il Seminario di Uninomade che abbiamo svolto a Napoli sulle Nuove Istituzioni Giuridiche del Comune o contributi al dibattito come quello di Michael Hardt n GlobalProject dal titolo “Oltre il pubblico e il privato, costruire il comune”.

Voglio ricordare anche i contributi d'analisi su questi temi di alcuni docenti vicini ai movimenti come come quelli di Ugo Mattei dell'Università di Torino, Alberto Lucarelli dell'Unversità di Napoli, che hanno lavorato attorno a un processo di riforma della nostra costituzione che prevedesse non solo i termini della proprieta pubblica o privata ma anche la definizione dei beni comuni. Un lavoro che è andato avanti fino al 2006, 2007 e che poi pareva essersi fermato ma che oggi può tornare ad essere un dibattito assolutamente vivo.

La battaglia in difesa dell'acqua pubblica può fornire a tutti un'opportunità di approfondire il tema “oltre il pubblico e il privato, verso il comune” sia in ambiti di movimento, come circolazione di suggestioni, sia come attivazione di circuiti di giuristi che possonon riprendere il filo di questo lavoro.

A livello globale penso che l'esperienza di Cochabamba ci insegna proprio cosa significa pubblico, privato, comune. Nella capacità di non fermarsi dopo la vittoria ma trasformare le lotte in un laboratorio costante di sperimentazione sociale.

E' questo lo spirito che ci deve accompagnare ad esempio pensiamo qui in Italia al grande equivoco sulle SPA, che possono avere partecipazione pubblica o privata, ma che restano sempre una SPA cioè una società di diritto privato oppure pensiamo alla gestione in house .

Io penso sempre a quello che stava succedendo con la gestione della protezione Civile …

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BARTOLO MANCUSO

ACTION ROMA 

Cosa muove intorno alla difesa dell'acqua?

L'acqua ci porta a confrontarci su molti temi: la questione per eccellenza dei beni comuni, come si sta tentanto di speculare e privatizzare per trasformare l'abbondanza in scarsità e per farci profitto, la questione della democrazia e dunque di come vengono prese le decisioni, il rapporto tra movimenti e politica e da questo punto di vista la vicenda d'Italia dei Valori è emblematica di come ancora si tenta di avere un atteggiamento strumentale nei confronti dei movimenti che portano avanti una reale qualità di autonomia.

In una realtà metropolitana cosa significa la battaglia dell'acqua?

A Roma è evidente come dietro la gestione dell'acqua ci sia la costruzione di forti centri di potere. La vicenda Acea è emblematica: si è iniziato con il centrosinisttra a creare una SPA a maggioranza ancora pubblica, che ora si vuole privatizzare. A Roma inoltre si vive una sorte di provincializzazione ben diversa da altre capitali europee. Nella nostra metropoli la mobilitazione sull'acqua è paradigmatica della lotta contro la rendita, contro il tentativo di farci pagare la loro crisi. Una mobilitazione contro la speculazione come stiamo facendo con tutto il percorso sul diritto alla casa.

I referendum stanno diventando un terreno di partecipazione e creazione di spazi pubblici per produrre un impresa in comune da voi come si sta procedendo?

A Roma c'è il Crap, Coordinamento Romano che sta agendo in molti quartieri Noi ci partecipamo portando un contributo per saldare i referendum alla battaglia cittadina sull'Acea e dall'altra per sottolineare come questa battaglia è profondamente sociale. Una battaglia in cui costruire nuove forme di conflitto e radicalità.

Un tema, l'acqua, che ci proietta in una dimensione globale

Certo ci porta a riflettere su come possiamo costruire una diversa idea di globalizzazione, una diversca idea di “economia” che si salda con la “democrazia”, quindi il controllo delle comunità, contro i miti dei Pil, della produzione all'infinito, come rottura anche con la cultura tradizionale della sinistra.

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MONICA TIENGO

ASSOCIAZIONE YA BASTA TREVISO

Nei vostri territori come state vivendo la raccolta referendaria?

Intorno alla proposta del comitato Promotore si è attivata una partecipazione inedita per una zona così contradditoria come la nostra. Immediatamente è stato evidente che c'è una voglia di partecipazione e anche di approfondimento su tutti i temi connessi all'acqua

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